A Pietrelcina seminario su ‘Inclusione. Per un apprendimento senza confini’

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I sempre più complicati fenomeni socio-culturali dei nostri giorni che vedono la presenza di persone di cultura, colore e religione diversa, deve necessariamente generare un’attenzione particolare al fenomeno stesso, soprattutto quando i “diversi” sono alunni stranieri che esercitano il diritto all’istruzione e all’educazione nel rispetto del diritto civile all’integrazione. Tale problematica è stata l’oggetto del IX Ciclo di Seminari sulla Pace che ha approfondito l’aspetto della “Inclusione. Per un apprendimento senza confini” di cui è stato relatore lo Psicologo-Psicoterapeuta Domenico Bellantoni. L’incontro, di venerdì 14 presso il Centro Sociale Polivalente “G. Forgione” di Pietrelcina, è nato dall’iniziativa del Comune di Pietrelcina, dell’Università del Sannio, del Centro Studi Sociali Bachelet Onlus e della Regione Campania con lo scopo di aggiornare e formare docenti e Dirigenti Scolastici degli Istituti di Benevento e Provincia.
L’incontro si è aperto con i saluti del sindaco Domenico Masone che ha ricordato che anche nel Comune di Pietrelcina sono giunti alcuni rifugiati politici e che dunque il tema dell’inclusione è avvertito anche dalla sua comunità e che ciò ha evidenziato il fatto che l’inclusione è un fenomeno fisiologico quando esso viene governato in modo opportuno, senza falsa demagogia, ma con volontà ‘scientifica’ di governare un avvenimento che diversamente creerebbe problemi e diventerebbe ingovernabile. “D’altro canto – ha continuato Masone - bisognerebbe seguire, al di là di una valida visione fideistica ispirata dal luogo di cui è rappresentante, l’esempio di Einstein che, al suo ingresso in USA,alla richiesta di indicare a quale razza appartenesse, dichiarò di essere membro della “Razza umana”.
Bellantoni ha tenuto subito dopo a precisare che problematiche come quella della presenza di stranieri e della loro integrazione, sono fenomeni comuni in tutto il mondo, con la differenza che all’estero il fenomeno viene affrontato in modo tecnico-pratico, mentre in Italia ha la prevalenza un comportamento di tipo culturale-umano-antropologico. “Premesso che la capacità di risolvere un problema è connesso alla consapevolezza delle personali capacità e possibilità di ognuno di trovare una soluzione, la nostra reazione di fronte ad un problema dipende sempre, come dimostrato dagli studi sulle varie forme di relazione umana, dall’atteggiamento che ciascuno di noi assume dinanzi al problema, ad eccezione di eventi particolarmente eclatanti, come un atto di violenza sulle donne, che determinano una eguale condanna generalizzata, che paradossalmente però assume la forma di un atteggiamento deresponsabilizzante”. Quale è allora il giusto atteggiamento nei confronti di persone, meglio ancora di ragazzi, che entrano a far parte della nostra comunità? “Noi spesso usiamo il termine ‘inclusione’ perché più vicino alla nostra lingua, ricordiamo la sua etimologia latina in cui il vocabolo assume il significato di “porre all’interno di un ambiente chiuso”, dove ‘integrare’ significa invece, in maniera più ampia, rendere intero, rendere completo e conforme a giustizia”, in un significato che coinvolge la sfera dei diritti. Se l‘inclusione’ rimanda dunque al vivere insieme nel rispetto della dignità individuale, del bene comune, del pluralismo e della diversità, della non violenza e della solidarietà, nonché la capacità di partecipare alla vita sociale, culturale, economica e politica, l’integrazione presuppone invece un atto di responsabilità che includa l’altro in maniera totale, quasi che il nuovo entri a far parte, senza alcuna differenza percepibile, del vecchio. La scuola rappresenta dunque, proprio per la sua funzione culturale, il luogo ideale di ogni forma d’inclusione prima, ma soprattutto d’integrazione piena poi, il luogo dove ogni difficoltà personale e di apprendimento, al di là di particolari nevrosi o problemi fisici e psicologici, venga risolto attraverso tecniche educative che, nel rispetto delle così dette ‘intelligenze multiple’, sappia integrare pienamente l’individuo, nel caso in esame l’allievo, nel tessuto umano-sociale e culturale”. In merito Bellantoni ha fatto l’esempio di inclusione con l’immagine di un bicchiere di acqua, che siamo noi, in cui poniamo un sasso, acqua e sasso stanno insieme, ma ciascuno resta separato dall’altro; se nello stesso bicchiere invece poniamo una zolletta di zucchero, le due masse si fonderanno senza che si possa rilevare alcuna differenza tra i due elementi, come avviene quando si realizza la piena integrazione. Importante però nella realizzazione dell’integrazione rimane il lavorare insieme, quella tecnica del ‘cooperative learning’ che è pratica comune nella società economica e culturale dei paesi anglosassoni, ma che ancora stenta a realizzarsi nella nostra realtà, troppo legata ad individualismi economici, politici, culturali e perfino pedagogici. Ci si chiede allora “perché l’integrazione?” Essa deve servire a favorire le competenze personali, quelle cioè che consentono la nascita dell’autonomia e della consapevolezza di sé e le competenze sociali, quelle che invece generano il legame con gli altri e la gestione delle relazioni; il ricorso ad entrambe le procedure può rappresentare l’ideale sistema di apprendimento, il modello con il qualela scuola riesce a svolgere la funzione prevalente della integrazione di ragazzi stranieri, partendo dal rispetto delle loro diversità, fino a giungere alla piena appartenenza alla nuova realtà. Diversi sono stati gli interventi dei presenti in merito alle diverse esperienze vissute in ambito scolastico, ma la denuncia più forte si è alzata in merito ad una legislazione scolastica inadeguata in quanto poco sollecita sia sul piano strutturale, mancano i mezzi per realizzare la piena integrazione e troppo spesso ci si affida all’iniziativa del singolo docente, che su quello formativo, troppe riforme infatti si sono susseguite senza essere state capaci di affrontare seriamente il problema dell’integrazione.
Il coinvolgente tema della mattinata troverà una sua continuazione nel previsto prossimo incontro del 2 Dicembre che concluderà il Ciclo di Seminari in parola.

Eusapia Tarricone



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