Airola. Detenuto tenta il suicidio nel carcere minorile: salvato dalla Polizia Penitenziaria

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Un detenuto rumeno ha tentato di uccidersi nella sua cella del carcere minorile di Airola, ma è stato salvato dal tempestivo intervento delle Agenti di Polizia Penitenziaria in servizio.

L'episodio è accaduto ieri e a darne notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE che plaude al provvidenziale intervento degli Agenti di servizio. “L’insano gesto – posto in essere mediante impiccamento - non è stato consumato per il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari. Soltanto grazie all'intervento provvidenziale degli Agenti di sezione si è evitato che l'estremo gesto avesse conseguenze”, evidenzia Carmine d’Avanzo, Coordinatore nazionale per la Giustizia Minorile del SAPPE.

Ieri, presso l'IPM di Airola, verso la mezzanotte, un detenuto minorenne di nazionalità rumena, ha tentato di togliersi la vita, mediante impiccagione, utilizzando un lenzuolo attaccato alle grate della finestra della propria cella. Il giovane è stato tempestivamente bloccato e fermato giusto in tempo dal compiere l'insano gesto. Sul punto di perdere conoscenza, è stato prontamente accompagnato presso l'ospedale più vicino, dove è stato posto sotto osservazione, ovviamente piantonato. Ha poi fatto rientro in Istituto, dopo qualche ora, ed è stata disposta la sorveglianza a vista. A generare il gesto pare sia stata condanna di circa due anni inflittagli al processo svoltosi qualche giorno fa. 

Il Sappe nel divulgare la notizia rivolgere il proprio plauso ed apprezzamento a tutto il personale della Polizia Penitenziaria in servizio per l'alto senso del dovere e la professionalità dimostrata nella specifica circostanza  ribadendo che presso l'istituto penitenziario, seppure in pieno piano ferie estive, "non può tollerarsi che durante la turnazione notturna vengano impiegate solo 4 unità. Questa, non è sicurezza, né dell'Istituto, ne' del personale". Donato Capece, segretario generale SAPPE, sollecita l’Amministrazione della Giustizia Minorile e di Comunità a intervenire: “Questo di Airola è l’ennesimo grave evento critico che avviene in un carcere della Campania. E’ solamente grazie ai poliziotti penitenziari, gli eroi silenziosi del quotidiano a cui va il ringraziamento del SAPPE per quello che fanno ogni giorno, se il numero delle tragedie in carcere è fortunatamente contenuto. Ma è evidente a tutti che è necessario intervenire con urgenza per fronteggiare le costanti criticità penitenziarie. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma anche per l’intero istituto dove questi vengono implementati. E’ proprio in questo contesto che viene affrontato il problema della prevenzione del suicidio nel nostro Paese. Ma ciò non impedisce, purtroppo, che vi siano ristretti che scelgano liberamente di togliersi la vita durante la detenzione”.

Netta è infine la denuncia del SAPPE sulle criticità nelle carceri del Paese: “Da tempo il SAPPE ha denunciato, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. Lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – ne lavorare, ne studiare, ne essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti. La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria, nelle carceri c’è ancora tanto da fare, ma senza abbassare l’asticella della sicurezza e della vigilanza, senza le quali ogni attività trattamentale è fine a se stessa e, dunque, non organica a realizzare un percorso di vera rieducazione del reo”.



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