Al Piccolo Festival della Politica arriva il dissenso con l’ironico Civati e le verità dell’espulso Favia dal M5 Stelle

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Il dissenso come il sale della politica. Questo il senso del terzo incontro, il primo a S. Agata de'Goti, del Piccolo Festival della Politica. I protagonisti della giornata sono politici che restano, per motivi differenti, un po' emarginati dalla politica di serie A. L'esordio, con i saluti, è per il sindaco caudino, Carmine Valentino, leader per eccellenza in dissonanza con il tema della serata, che sintetizza in poche battute il ruolo dei Comuni, diventati ormai esattori delle tasse. "Vogliamo avere gli strumenti ed i progetti per andare avanti, le potenzialità per fare ci sono. Siamo stanchi di ricevere solo solidarietà". Con Antonio Corbo a moderare, si entra subito nel vivo del dibattito che raggiunge il top con l'ironia di Giuseppe Civati e il 'dissidente' per eccellenza del Movimento 5 Stelle Giovanni Favia.
Idee chiare per Pippo Civati che considera i partiti i luoghi dive, dal confronto, possono nascere le idee ed i progetti per migliorare la società. "La politica non è solo il governo e la gestione del potere, ma la costruzione di una proposta ed i politici non conoscendo tutto, hanno il dovere di ascoltare gli amministratori locali, le associazioni, il mondo dell'industria. Non sono contro Renzi, ma un grande partito deve essere il più pluralista possibile ed ascoltare le sue varie anime e crearne una sintesi. Chiedo un metodo e non una poltrona per tornare alle elezioni". Sottolinea come sia arrivato in Parlamento partendo da una campagna elettorale con una coalizione di centrosinistra che sfidava il centrodestra "e dobbiamo tornare a quella situazione anche con Sel di Scotto".
È Favia la vera scoperta della serata che racconta la sua avventura nel M5S. "Il movimento è un oggetto strano. Io non sono stato espulso, ma sono stato inibito dall'usare il logo. Non mi sento dissidente, perché il vero dissidente è Grillo che cambia le regole del gioco" chiarisce subito Favia. L'ex grillino è convinto della mutazione della politica dalla Prima alla Seconda Repubblica che ha provocato una mutazione genetica alla politica rappresentata dal Pdl di Berlusconi. "Venendo a mancare il leader, però, è crollato tutto". Critica il movimento Favia, sottolineando che "se fossimo stati davvero organizzati potevamo andare al governo. Con il tempo si è perso il senso antico del movimento, di quando facevamo le assemblee in cui nessuno comandava e dovevamo confrontarci seriamente". Non ha peli sulla lingua, poi, quando racconta della sua esperienza in Parlamento con pochi tecnici e tanti in cerca di poltrone.
Parla di dissenso anche Ugo De Flaviis, consigliere regionale, quando racconta degli attacchi subiti dalla Giunta Caldoro ad opera di Tremonti e della sofferenza in cui vive ancora la Regione. "Caldoro ha governato bene, tenendo conto della situazione debitoria ereditata. Solo ora, cominciamo a parlare di progetti, dopo 15 anni si parla di infrastrutture". In relazione al ruolo di NCd nella coalizione, De Flaviis non usa mezzi termini, "se vuole andare oltre la legislatura è bene, ma se vuole mantenere solo una poltrona la situazione cambia. In vista delle prossime regionali, il nostro candidato è Caldoro, è sua la leadership naturale".
"Negli ultimi anni dibattito politico si è inaridito e personalizzato. Io sono un militante del centrosinistra e la stessa S. Agata, nella scorsa legislatura con Angelo Montella, è stato un laboratorio" - ha commentato Arturo Scotto capogruppo di Sel alla Camera. Si dichiara dissidente e diffidente nei confronti di Renzi, "ho qualche dubbio sulla sua predisposizione al pluralismo delle idee e per degli aspetti lo paragono a Grillo". Idee chiare sul ruolo che il centrosinistra dovrebbe avere in Italia, "è un laboratorio e troppi galli in un pollaio che si combattono non portano ad alcun cambiamento". Sulle regionali Scotto ha le idee chiare, "in Campania abbiamo dato troppo campo al centrodestra e a Caldoro e stiamo continuando a farlo anche in vista del rinnovo del Consiglio. Come forza del centrosinistra, dobbiamo allargarci anche alla società civile, perché l’Italia ha ancora bisogno di sinistra".
Altra forza in dissenso è Fratelli d'Italia con Fabio Rampelli che ha raccontato la sua storia politica, a partire da An. "Il centrosinistra si riempie la bocca di primarie, anche se noi le sperimentammo già nel '98 a Roma, ottenendo poi alle elezioni il 33% dei consensi. È stato il nostro tentativo di avviare la Seconda Repubblica alla partecipazione e non come fa il centrosinistra con primarie fatte a loro uso e consumo, alla 'amatriciana'". Torna più volte sul concetto secondo cui la vera riforma da fare in Italia "è quella che prevede il ritorno delle decisioni in mano al popolo, sono loro la democrazia, perciò come FdI auspichiamo un ritorno alle preferenze".

Nella Melenzio

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