Alla Fondazione G. Romano la proiezione de La banda degli onesti

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“47 morto che parla. La legalità secondo Totò” il progetto vuole incentivare la lettura e gli approfondimenti tematici legati all’educazione civica.


Mercoledì 18 ottobre, alle ore 18.30, la Fondazione Gerardino Romano, presso la sede sociale di Piazzetta G. Romano 15, Telese Terme (BN), proietta il film La banda degli onesti, 1956. La Biblioteca della Fondazione Gerardino Romano, con il Progetto “47 morto che parla. La legalità secondo Totò”, vuole incentivare la lettura e gli approfondimenti tematici legati all’educazione civica.

Il Progetto è stato considerato meritevole del contributo dalla Regione Campania – UOD Promozione e valorizzazione dei Musei e delle Biblioteche, che ha lanciato un Bando di Animazione Bibliotecaria finalizzato a garantire un’ampia partecipazione popolare e una maggiore consapevolezza sull’importanza dei servizi bibliotecari territoriali. In diverse sequenze dei film di Totò è possibile ravvisare una sorta d’impegno politico-sociale che il grande attore napoletano portò avanti attraverso i suoi frequenti ruoli di “povero cristo”, sempre costretto a vivere di espedienti e di piccoli imbrogli. La capacità che aveva l’attore di calarsi in questo tipo di personaggio dimostra che la sua comicità non fu sempre un’espressione artistica fine a se stessa, ma fu anche una sorta di mezzo di cui egli si servì per denunciare le ingiustizie e le sofferenze di chi vive nell’indigenza e nel bisogno.

La scenetta tratta dal film “La banda degli onesti”, può essere considerata una sorta di “lezione” che Totò impartisce ad un suo amico (il benpensante Peppino) per convincerlo a diventare suo socio in “affari”. Nella scenetta i due personaggi discutono in piedi e vicino al bancone di un bar. Davanti a loro due tazze di caffè senza zucchero e dietro al bancone il barista che, vedendo Totò attingere troppo zucchero dal contenitore, interviene con fermezza per levarglielo davanti. In tale scenetta, il comico napoletano, raggiungendo e superando l’assurdo, riesce ad essere al tempo stesso un disinteressato maestro di politica economica ed un furbo opportunista. E’ un maestro quando spiega a Peppino il perverso meccanismo dello sfruttamento di classe, è un opportunista quando, confidando nella distrazione (o tolleranza?) del barista, si appropria di più zucchero di quanto gliene sia necessario per dolcificare il suo caffè. L’assurdo consiste nel fatto che Totò, pur consapevole di essere un opportunista, riconosce al barista (cioè al detentore dello zucchero e quindi del “capitale”) il diritto di difendere i propri interessi da profittatori come lui. In questo film ed in questa scena la disonestà viene implicitamente indicata come una conseguenza dell’ingiustizia patita da chi vive nell’indigenza e nel bisogno. (La filosofia in Antonio De Curtis, a cura di Franco Saviano).



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