Bullismo e Cyberbullismo, quando la molestia parte dal web

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Istat: più della metà dei ragazzi è vittima di bullismo. Parte da queste premesse la campagna di sensibilizzazione della Polizia di Stato sulle insidie del web e sul cyberbullismo.

Si è tenuto ieri al liceo “G.B.Rummo” di Benevento il convegno di sensibilizzazione sui temi del bullismo e del cyberbullismo, protagonista di eccezione la Polizia di Stato. Delegazioni di studenti sono giunte anche dagli istituti superiori “Lucarelli”, “Rampone” e “Palmieri” che accompagnati dai rispettivi docenti, hanno assistito con particolare attenzione al convegno sui pericoli veicolati dai social media.

Lorena Capolupo e Francesco Vissalli, rispettivamente primo dirigente e sovrintendente capo della Polizia di Stato, si sono fatti portavoce di un bando di concorso dal titolo: “Contro il bullismo…insieme – Bullo in …rete”, promosso dalla Questura di Benevento, in collaborazione con il MIUR- Ufficio Scolastico Regionale - Ufficio VIII- Ambito Territoriale di Benevento, la Provincia di Benevento, Unicef- Sezione di Benevento. Il progetto è rivolto a tutti gli studenti di ogni ordine e grado e si prefigge lo scopo di stimolare riflessioni e discussioni sul tema del bullismo. Gli studenti sono invitati a produrre opere letterarie, creare nel campo delle arti figurative, applicare tecniche multimediali e cinetelevisive per realizzare prodotti sul tema. I migliori lavori costituiranno base per materiale documentale per future proposte educative. Parola d’ordine: cooperare.

“Una sfida che, come si evince dal titolo, si può vincere solo nella cooperazione tra vari attori sociali, ciascuno nell’esercizio del proprio ruolo di competenza”, tiene a precisare la Capolupo. L’intervento della Polizia di Stato e della Polizia Postale nel progetto intende rimarcare lo stato di pericolosità sociale cui la partecipazione disinformata ai social ha prodotto.“E’ un fenomeno latente quello del bullismo – invece la dirigente Teresa Marchese – il fenomeno richiede l’attenzione della scuola e la cooperazione tra gli addetti ai lavori. Occorre che gli adolescenti siano guidati a scoprire che i social possono essere un’arma a doppio taglio se non se ne ravvisa la pericolosità. Ciò che si scrive gratuitamente sulle pagine dei social può creare danni irreversibili”.

“Saremo lieti di prendere in considerazione i vostri lavori nell’ambito del progetto che siamo qui a promuovere – sottolinea Francesco Visalli – ma prima ancora, siamo qui per illustrarvi come, dietro atti troppo spesso non valutati nella loro completezza, si configurino veri e propri reati”.

La responsabilità penale è configurabile già a partire dall’età di quattordici anni e la conoscenza è il modo migliore per evitare di incapparvi. Dunque, occorre sapere che Internet non è solo un modo per condividere romanticamente passioni, scambiarsi idee, incontrare amici, partecipare a dibattiti o altre amenità. Internet è uno strumento, e come tale, può risultare insidioso. È pervasivo, al punto tale che finiamo per non capire più che si tratta di un mero strumento e finiamo invece col diventare noi stessi soggetti strumentalizzati, ad opera di chi ne sfrutta le potenzialità, non sempre a scopo benefico. 

“Proteggersi è la prima mossa per non finirne inconsapevolmente ‘schiavizzati’ – prosegue Visalli – conoscere significa proteggersi da chi può carpire dati sensibili. Noi non siamo più i clienti della rete, ma i suoi prodotti”. Visalli poi suggerisce forme di protezione con password che non siano parole presenti nei dizionari italiani né stranieri. “Quanti di voi hanno letto le istruzioni per l’uso di facebook, prima di sottoscriverlo? – chiede alla platea – dal momento che per iscriversi bisogna avere almeno 13 anni, molti di voi potrebbero essere già partiti col piede sbagliato”.

Un mormorio di fondo si leva dall’aula magna del liceo. Il relatore ha colto nel segno. Dai dati in possesso della Polizia Postale pare che il 97% dei profili siano “fake”, cioè fasulli. Chiunque può celarsi dietro profili falsi. È il modo in cui gli adescatori procedono. Non hanno la faccia da mostri, come si evince da alcuni video mostratiall’audience.. Anzi. Si tratta di persone estremamente intelligenti e magari dotati di bella presenza. I dati confermano che un ragazzo su 10 ritiene di potersi fidare del proprio istinto nel riconoscere le persone.“Ma l’istinto appartiene agli animali. Noi siamo dotati di raziocinio, che in casi di estrema fragilità psicologica può fallire”. L’ultimo fenomeno denunciato è il “sexting”, neologismo derivante dalle parole inglesi “sex” e “texting” (messaggiare) e sta prendendo piede sempre più anche in Italia. I dati provengono dalle ultime ricerche del Telefono azzurro e da Eurispes (2012).

In sostanza si tratta di fare foto o video a contenuto erotico e postarli, magari su invito di presunti nuovi amici. Dai dati ufficiali emerge che il 41,9% degli adolescenti ritiene normale ritrarre o farsi ritrarre in situazione di privacy. Il 16,1% si fida della persona cui ha inviato il materiale. Immagini, testi e filmati sexy vengono ricevuti spesso da amici (38,6 per cento dei casi), dal proprio ragazzo/a (27,1 per cento), da conoscenti (9,9 per cento), ma in alta percentuale anche da estranei (22,7 per cento). La richiesta al diritto all’oblio non è purtroppo cosa praticabile, denuncia il sovrintendente capo, ed invita i giovani presenti a riflettere e a divulgare l’informazione che l’unica forma di difesa ancoraperseguibile è “essere sentinelle di se stessi”.

In alcuni casi estremi può rivelarsi vitale saper riconoscere la violenza, che può assumereonline le forme di flaming, cyber-stalking, molestia, denigrazione, sostituzione di persona, rivelazioni, forme di esclusione. La forma più comune di violenza è il bullismo. E’ un comportamento di prevaricazione reiterato nel tempo ad opera di uno solo o più soggetti, diretto di norma, contro un compagno di scuola.

Agli “spettatori”, cioè a quanti si limitano ad osservare atti di prevaricazione, va il messaggio di prendere iniziativa nel denunciare. Ne va sempre più spesso della vita del bullizzato, soprattutto nei casi di cyberbullismo: la vittima pare non trovare via di scampo e non potendo fermare la veicolazione di ingiurie o filmati che lo vedono vittima, sempre più spesso ricorre alla forma estrema di oblio, il suicidio. Nel cyberbullismoo bullismo via web, che colpisce prevalentemente le donne secondo un’indagine Istat, si assiste all’alterazione della percezioni della gravità delle azioni. Il bullo vede affievolito il proprio sentimento di compassione nei confronti della vittima e non realizza quanta offesa può arrecare, non sa se la vittima piange, se si dispera a causa sua. Nell’assenza dei limiti spazio-temporali il bullo non ha freni alla sua azione prevaricante. Basta essere connessi e il tormento può non avere fine.

Gli “spettatori” devono sapere però che la mancata denuncia, se si è stati testimoni, è passibile di reato.Basta porre un “mi piace” o condividere un post non legale e si diventa complici. Un fenomeno non abbastanza noto è che spesso il bullo può divenire, col tempo, a sua volta vittima. Di fatto entrambi, vittima e carnefice, soffrono di problemi che li espone al fenomeno bullismo: bassa autostima, che dà l’avvio a depressione, ansia, paura, frustrazione, scarso rendimento scolastico e rapporti familiari tesi, fino a sfociare, nei casi più estremi, nella maturazione di idee suicidarie. Anche per il cyberbullismo, avendo maturato i 14 anni di età anagrafica,si è perseguibili penalmente. Sorge però soprattutto l’imperativo morale: si può sopravvivere al rimorso di essere stati la causa di una vita interrotta?

Carmen Chiara Camarca



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