Campania, censite 24mila frane. Il Sannio resta zona a rischio idrogeologico

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N.S. -"In Campania sono state censite ben 24mila frane ma la cifra potrebbe anche essere sottostimata". E’ un dato forte quello fornito da Domenico Calcaterra , docente di Geologia presso l’Università Federico II di Napoli e Consigliere Nazionale dei Geologi, durante la visita dei geologi sui luoghi colpiti dall’alluvione del 1954 a Salerno e Costiera Amalfitana. Una situazione che interessa da vicino anche il Sannio, vittima troppo spesso di frane e smottamenti che, in alcuni casi, si sono rilevate anche molto pericolose. Criticità spesso sottostimate con popolazioni che rischiano grosso: l'ultimo caso eclatante è stato l'allagamento che colpì, nel dicembre 2013, i comuni di Ginestra degli Schiavoni e Castelfranco in Miscano.
A Vietri sul Mare, chiaramente, l'attenzione era tutta incentrata sulle criticità della Costiera Amalfitana, ma i numeri tenevano conto dell'attuale situazione su tutto il territorio campano: "Oggi a distanza di 60 anni - ha affermato durante il convegno Francesco Peduto, presidente dell'Ordine dei Geologi della Campania -in tante aree permangono elementi di rischio tanto è che sulle mappe dell’autorità di bacino competente, sono riportate come zone rosse a rischio R 4 molto elevato . Oggi purtroppo in Italia non solo mancano interventi strutturali di prevenzione ma il cittadino non sa cosa fare in caso di eventi alluvionali o sismici. In Italia e questo è un dato ufficiale , il 50% delle vittime per rischio sismico le abbiamo per azioni o comportamenti sbagliati da parte delle persone . Ad esempio in caso di un alluvione non bisogna mai andare nei sottoscala. La gente non è informata , non sa nulla , non sa cosa fare , spesso si sente smarrita , persa quando in Italia c’è un evento alluvionale o sismico".

LA LIGURIA TRE ANNI DOPO, LE ZONE A RISCHIO DEL SANNIO
La storia si ripete. Nel novembre 2011, la Liguria subì tragici avvenimenti simili a quelli che si sono ripetuti i giorni scorsi. In quell'occasione fu il geologo sannita Salvatore Soreca a spiegarci quali sono le zone del Sannio più a rischio: “Le aree più vulnerabili - sostenne Soreca a 'Il Quaderno.it - sono fondamentalmente tre: i fondovalle dei grandi corsi d'acqua (Volturno, Calore, Sabato, Tammaro e Fortore), le zone pedemontane a ridosso degli aspri versanti montuosi dei Monti d'Avella, del Taburno-Camposauro e del Matese, tutto il comprensorio dell'Alto Sannio e della Valfortore. In definitiva, i tre quarti del territorio provinciale sono a rischio, ma fino a che punto la popolazione è effettivamente al corrente di ciò? Fino a dove si spinge la cultura locale per il governo del territorio? I Monti d'Avella, che possiedono coperture piroclastiche, potrebbero dar vita a disastrose colate di detrito paragonabili a quelle di Sarno; il Taburno-Camposauro è già noto dai tempi storici per crolli di roccia anche disastrosi e le zone dell'Alto Sannio e della Valfortore sono affette da una miriade di frane lente in argilla e sabbie che, se non fanno vittime, distruggono interi caseggiati e strade provinciali. Senza contare le zone a ridosso del Fiume Calore e suoi affluenti che, nonostante le portate minori rispetto al passato e lo sbarramento di Campolattaro, rimane un fiume con regime variabile e portate invernali anche notevoli. E a tutto questo andrebbe aggiunto, ovviamente, il rischio sismico che non è svincolato da quello idrogeologico, anzi frane e terremoti vanno a braccetto"
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IL RAPPORTO 'ECOSISTEMA A RISCHIO'. NEL SANNIO COMUNI IMPREPARATI
A tenere alta la guardia sulla problematica c'ha pensato anche Legambiente che, nell'ultimo report del dossier 'Ecosistema a rischio' 2014, ha evidenziato che quindici comuni della provincia sannita sono carenti in tema di prevenzione. La "mappa sannita" è desolante. Solo due comuni su quindici hanno la sufficienza: Cerreto Sannita e Ceppaloni (oltre a San Martino Valle Caudina). Appena sotto la soglia minima c'è Montesarchio. I due comuni sanniti e quello caudino hanno raggiunto nel dossier una votazione pari a 6 (6,25 per S.Martino), rientrando dunque tra i comuni italiani che svolgono un sufficiente lavoro di mitigazione del rischio. Non compaiono, come prevedibile, comuni sanniti che rientrano nelle prime due fasce (da 10 a 9 comuni con ottimo lavoro di mitigazione del rischio e, da 8.75 a 7 comuni con un buon lavoro di mitigazione del rischio). La classifica tiene conto dei seguenti parametri: Presenza industrie in area a rischio idrogeologico, presenza case in aree a rischio idrogeologico, presenza quartieri a rischio, presenza strutture sensibili-turistiche-commerciali a rischio, manutenzione ordinaria sponde e opera di difesa idraulica, opere di messa in sicurezza, delocalizzazione case o fabbricati a rischio, recepimento del Pai, monitoraggio, Piano di emergenza comunale aggiornato negli ultimi due anni, recepimento sistema allerta regionale, presidi territoriali, struttura h24, attività di informazione e sensibilizzazione alla popolazione, esercitazioni. Insomma, in base all'urbanizzazione del territorio il comune deve rispondere con una corretta gestione del territorio e con piani di prevenzione, pianificazione e allertamento. Cerreto e Ceppaloni vengono "premiate" dal Legambiente proprio per la manutenzione e la prevenzione del territorio. Appena sotto la sufficienza, con 5.75, c'è il Comune di Montesarchio. Insufficienti le misure adottate da Dugenta e Forchia, ferme a 4.75, così come S.Nicola Manfredi (4.25). Nell'ultima fascia, quella più pericolosa ci sono Circello e Puglianello (3.75), Telese Terme (3.25), Apollosa, Paduli e S.Angelo a Cupolo (2,75) e Paolisi con voto 2. Tra i peggiori comuni d'Italia, in materia di prevenzione a rischio idrogeologico compaiono Frasso Telesino (1.75) e Baselice (1). Sia il comune telesino che quello del Fortore sono penalizzati dalla presenza di industrie, case, quartieri e strutture commerciali in zone a rischio dissesto. Non basta dunque la manutenzione ordinaria e la messa in sicurezza delle opere. Peggio di Baselice solo quattro comuni italiani, vale a dire le "maglie nere" San Giuseppe Vesuviano, S.Pietro di Caridà e Varsi con un desolante zero in pagella.



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