Caso Tbc, parla Mario Del Donno: 'Se un dignitoso silenzio rischia di essere frainteso'

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Dopo mesi di silenzio, che il diretto interessato definisce "dignitoso", sulla vicenda Tbc all'Ospedale 'Rummo' di Benevento, interviene il primario di Pneumologia, più volte tirato in ballo, nelle sue numerose conferenze stampa, dal responsabile del servizio di psichiatria della Asl, Giuseppe De Lorenzo.
"Il Dr. De Lorenzo - scrive oggi Del Donno - senza alcuna valida ragione ha generato un caso mediatico sulla bambina affetta da tubercolosi avviando una campagna stampa gravemente lesiva della mia dignità umana e professionale. Pertanto, in qualità di Primario del reparto di Pneumologia - dopo avere taciuto a lungo per non alimentare un genere di dibattito che discredita innanzitutto la categoria professionale alla quale appartengo - oggi intervengo per informare l’opinione pubblica di avere presentato un esposto all’Ordine dei Medici e una denuncia-querela alla Procura della Repubblica chiedendo anche di accertare la sussistenza di eventuali responsabilità penali nel decesso e nei contagi da tubercolosi verificatisi. E poiché i tempi della magistratura sono ben più lunghi di quelli mediatici, ritengo, di fronte alla richiesta di fare chiarezza emersa da parte dei cittadini-utenti del servizio pubblico del quale faccio parte, necessario fornire alcuni chiarimenti, affinché il mio silenzio, dovuto solo al rispetto dell’azienda per la quale lavoro, non venga frainteso".
A questo punto, Del Donno passa alla sua ricostruzione dei fatti che fa seguito a quelle già esposte in precedenza dallo stesso De Lorenzo.
"Il giorno 10 aprile - ricorda il primario di Pneumologia - venivo contattato telefonicamente dal Dr. F. Marchese, Direttore del reparto Medicina d’Urgenza e P.S., nonché Direttore del D.E.A., che mi chiedeva delucidazioni circa il da farsi per effettuare una diagnosi per una bambina di 10 anni con sospetta tubercolosi polmonare: caso clinico prospettato dal Dr. Giuseppe De Lorenzo, presente in quel momento alla telefonata. Dopo aver ricordato al collega la vigenza di un protocollo aziendale relativo a pazienti con sospetta tubercolosi, ho specificato come il ricovero in Pediatria fosse preliminarmente indispensabile per procedere al percorso diagnostico indicato e previsto nel protocollo. Inoltre, se si fosse presentata la necessità di effettuare anche una broncoscopia, o altre metodiche correlate alle diagnostica, non prevista dal protocollo per i bambini - avrei messo a disposizione dei Pediatri tutta la mia conoscenza professionale in merito, avendo già effettuato diverse volte tale tipo di accertamento: previa, ovviamente, specifica autorizzazione dell’Amministrazione. Ho dato, dunque, al Dr. Marchese la mia totale disponibilità come ho sempre fatto per tutti i pazienti e, in particolare, per i bambini. E dopo un saluto cordiale siamo rimasti d’intesa su eventuali aggiornamenti successivi, peraltro, mai avvenuti.
Mi è difficile comprendere, quindi - spiega a questo punto Del Donno - come il Dr. De Lorenzo abbia potuto formulare un giudizio sul mio comportamento non avendo mai parlato direttamente con me del caso in questione. Né comprendo perché la bambina sia stata ricoverata presso un altro Ospedale a Roma e non presso il nostro nonostante la pronta disponibilità fornita. Alla luce di quanto appreso dalla stampa, mi chiedo ancora: chi ha assunto la decisione di non ricoverarla al Rummo ma al Bambin Gesù di Roma? I genitori? I medici curanti della stessa bambina o altri? Un dato è certo: delle conseguenze derivanti dall’allungamento dei tempi di ricovero è responsabile chi ha assunto tale decisione che da me non è stata mai consigliata né condivisa.
Quanto ai motivi che hanno spinto l’Amministrazione ad aprire un procedimento disciplinare nei miei confronti: anche questi sono difficile da comprendere perché, come ampiamente già riportato dalla stampa, la Commissione nominata non ha rilevato alcun comportamento scorretto da parte mia nella vicenda. Ha ritenuto la mia condotta rilevante sul piano disciplinare unicamente per l’espressione “se la paziente interessa a De Lorenzo…” e per mie presunte affermazioni ritenute “offensive” nei confronti della Direzione aziendale quali “a maggior ragione non ci saranno assolutamente problemi, visti i suoi ottimi rapporti con gli attuali Amministratori”. Affermazioni che, a mio avviso, peccano solo per eccesso di zelo e sulle quali pertanto non mi soffermo. Anche perché ritengo che non interessino più di tanto l’opinione pubblica, molto più interessata invece, come si evince dalle ripetute domande di chiarezza fatte alla dirigenza Asl alle quali non è stata ancora data risposta, ai risvolti sanitari dell’intera vicenda.
Proprio a partire da quella - insiste Del Donno - che può ritenersi l’origine di quanto accaduto: ossia il decesso dello zio della bambina. Infatti, quest’ultimo, sin dal 2005, è stato ripetutamente ricoverato e dimesso per ben 10 volte nel reparto di psichiatria, per lo più a seguito di diagnosi per altre patologie, ma dalle radiografie praticate negli anni 2010-2011, si può evincere con ragionevole certezza, che il paziente risultava già a quell’epoca affetto da una possibile infezione tubercolare. E’ evidente, peraltro, che i segni di tale malattia erano in netto aumento durante il ricovero del 2011 rispetto al luglio 2010, fino alla diagnosi tempestivamente posta nel reparto da me diretto, nel gennaio 2012, con l’espletamento di tutti i necessari adempimenti normativi e di legge previsti.
Ebbene, fra le mie denunce alla Procura della Repubblica c’è anche quella di verificare se già prima dell’ultimo ricovero, non ci fossero elementi clinici e diagnostici tali da far sorgere, in un medico attento e capace, il “sospetto” di una diagnosi di tubercolosi. Un “sospetto tempestivo” infatti, avrebbe potuto evitare il tragico epilogo della malattia e i successivi contagi delle due bambine parenti del deceduto. Per quanto riguarda questi ultimi, dai giornali sembrerebbe che sia la moglie del Dr. De Lorenzo che, contestualmente o successivamente, anche il Dr. De Lorenzo medesimo, abbiano ricoperto il ruolo di medico curante della piccola paziente fin dai primi sintomi della malattia".
A questo punto, in conclusione, Del Donno si chiede come sia stato possibile che, sia da parte della famiglia che dei medici che hanno tenuto in cura la bambina, non sia stato preso in considerazione che la stessa fosse affetta da tubercolosi considerati i rapporti di parentela con lo zio? Su questi interrogativi, tutti i responsabili dovrebbero contribuire ora, a fare chiarezza. Per quanto mi riguarda, concludo solo esprimendo i miei più sinceri rallegramenti per la pronta guarigione della piccola, tornata, in questi giorni, tra i banchi di scuola".



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