Cives. "L'impresa di creare lavoro al Sud": il lavoro come dignita' ed esempi di buone prassi

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Cives Summer School 2017. Creare lavoro al SudCives Summer School 2017. Creare lavoro al Sud

Si è aperto ieri l'appuntamento con la Summer School Cives. La due giorni di Pietrelcina sul tema “L’impresa di creare lavoro al Sud”. Iniziativa promossa dall’Ufficio Problemi Sociali e Lavoro della Diocesi di Benevento, dal Centro Nazionale per il Volontariato e dal Comune di Pietrelcina. 

E’ un’impresa fare impresa! Se parliamo del Sud poi le difficoltà sono decuplicate. Eppure al Palavetro di Pietrelcina ieri tanti ospiti di rilievo nazionale sono intervenuti per sostenere le potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno con studi di fattibilità e racconti di buone pratiche.

Il lavoro come dignità

A fare gli onori di casa il il presidente del Consiglio Comune Di Pietrelcina Ennio Graziano, che si è detto speranzoso. “D’altra parte il solo parlare di lavoro nel nostro Mezzogiorno è già un’impresa”, ha sottolineato. I timori di monsignor Accrocca, arcivescovo di Benevento, risiedono nella carenza di infrastrutture, che rischiano di minare i buoni propositi di sviluppo della città. “Chi viene deve poter contare su una rete viaria consona allo sforzo imprenditoriale”. Ma la vocazione alla positività non tarda a manifestarsi quando si dice sicuro che, perseguendo pochi ma significativi e condivisi obiettivi per volta, anche la nostra piccola realtà potrà fronteggiare la crisi.

Occorre superare la concezione del lavoro visto come mero fattore produttivo e recuperare il concetto di dignità che esso veicola, aggiunge l’onorevole Edoardo Patriarca, presidente del Centro Nazionale per il Volontariato. Cita le parole che furono di Benedetto XVI, che nell’enciclica “Caritas in veritate” denunciava il lavoro indecente, schiavizzato, snaturato. L’impresa cui dobbiamo tendere ha a che fare con la costruzione delle competenze, con la ricostruzione delle relazioni e il recupero della dimensione umana. Questo non deve necessariamente deporre per l’abbandono di luoghi ed affetti da parte dei nostri giovani. Riporta la cifra di oltre 100.000 ragazzi che hanno lasciato l’Italia negli ultimi 10 anni. 

“Il PIL non crescerà senza il recupero dei nostri giovani”, sostiene Patriarca. Gli fa eco Ettore Rossi, direttore dell’Ufficio per i Problemi sociali e il Lavoro: “Riscrivere il patto sociale però è possibile”. Conforta la platea, ma mette in guardia: “Ora o mai più”. I giovani non sono coesi, tocca agli adulti orientarli“. Riconosce la necessità di attivare politiche di sviluppo che facciano incontrare domanda ed offerta. Pensa alla scuola come luogo di orientamento dove valutare, anche attraverso il sistema di alternanza scuola-lavoro, le potenzialità del territorio, per investire nella formazione nei luoghi del proprio vissuto.

Vincere il fatalismo

La testimonianza di Vincenzo Linarello, presidente di Goel Gruppo Cooperativo, sostanzia le teorie sostenute. La sua è l’esperienza di impresa condotta nella Locride, territorio calabrese difficile, spesso ostaggio di dinamiche malavitose e di una cultura del fatalismo. “La mancanza di speranza è il primo handicap per chi vuole fare impresa”, dice. La rassegnazione della gente alimenta il clientelismo politico e l’assoggettazione alle mafie. “‘Ndrangheta e massonerie deviate fanno manutenzione del senso di precarietà, che esse stesse promuovono”.

Sostiene però che cambiare i territori è possibile e che lo si debba fare attraverso l’impresa, che deve essere sociale. Traspare entusiasmo nel racconto delle cooperative sociali attivate senza i contributi dello Stato. Sostiene che la reciprocità e la disseminazione delle buone pratiche sono alla base dello sviluppo. Racconta dei bandi con cui la GOEL offre sostegno in termini di conoscenze e di competenze ai giovani che hanno un’idea. “Non diamo soldi. I soldi attivano dinamiche di deviazione”, sottolinea, ma sosteniamo chi ha idee ed entusiasmo con il nostro know-how.

Nel nostro Sud fare impresa può voler dire sostenere il turismo sociale, enogastronomico, ambientale, senza guardare ai modelli romagnoli, che non sono perseguibili nei nostri territori, secondo il relatore. Racconta delle cooperative di produzione e vendita di arance nella stessa Calabria che, consorziandosi, hanno ottenuto di fare a meno dei rivenditori intermedi e di portare il prezzo degli agrumi da 5 a 40 centesimi al chilo. Un disciplinare rigido e un sistema di controllo periodico garantiscono legalità in tutti gli ambiti, a partire dal reclutamento del personale.

Trovare anche un solo lavoratore a nero comporterebbe una ammenda di 10.000 euro per i trasgressori. Ci racconta con orgoglio del recupero della tradizione della tessitura manuale da parte di giovani lavoratrici che ora sono entrate nel giro dell’alta moda con un’attività riconosciuta dalla camera di Commercio di Milano.

Le buone pratiche

“Di buone pratiche ha bisogno la collettività, secondo il vicepresidente nazionale dell'Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano, che annuncia ampio spazio allo story–telling alla prossima Settimana sociale dei Cattolici italiani, di cui è ideatore e organizzatore, per testimoniare l’esportabilità dei migliori modelli del fare impresa e per diffondere la cultura della positività.

Per esprimere la concretezza delle operazioni di sviluppo economico della Regione Campania interviene l’assessore regionale alle Attività produttive, Amedeo Lepore. L’economista enuclea due fattori per la crescita: conoscenza e competizione. Annuncia l’avvento della banda ultralarga, che consentirà l’accesso alla conoscenza in modi e tempi rapidi.

Elenca iniziative legislative importanti, di semplificazione burocratica e di decontribuzione per le nuove assunzioni, che hanno già prodotto risultati incoraggianti, tanto che nel 2015 la Campania ha avuto il riconoscimento di una crescita pari al doppio di quella registrata da Lombardia e Liguria. “Impianteremo industrie 4.0. Potremo riuscirci, a patto che la politica stia lontana. Assistenzialismo e clientelismo sono nemiche dello sviluppo”. Si esprime senza mezzi termini l’assessore Lepore, che loda le imprese beneventane devastate dall’alluvione, capaci di investire le somme di risarcimento ricevute per un pronto recupero. Poi, ignaro delle recentissime polemiche dei cittadini che non hanno avuto ancora accesso ad alcun fondo per la pulizia degli alvei fluviali, conclude con un encomio a quanti, colpiti dalla devastazione, hanno saputo reagire con tenacia e duro lavoro. 

Sonia Caputo



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