Cives: "Prendersi cura dei beni comuni e' esercizio di sovranita' "

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Il laboratorio è promosso dall’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della Diocesi di Benevento in collaborazione con il Centro di Cultura “Raffaele Calabria” e con l’università Cattolica del Sacro Cuore.

L’amministrazione condivisa dei beni comuni. Liberare nuove energie e costruire comunità. E’ stato il tema del terzo incontro di “Cives – Laboratorio di formazione al bene comune”.“Sulla questione della gestione condivisa – ha detto, nell’introdurre i lavori, Ettore Rossi direttore diocesano dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro – noi come CIVES stiamo lavorando da anni. Ci impegneremo ancora di più nei prossimi mesi ad interfacciarci con i comuni che si dimostreranno più sensibili, per sostenere l’adozione di appositi regolamenti. Ciò al fine di avviare concretamente forme di collaborazione tra cittadini e amministrazioni locali su alcuni beni, rispetto ai quali immaginare possibili interventi”.

Relatore dell’incontro è stato il Gregorio Arena, presidente di Labsus – Laboratorio per la Sussidiarietà, ideatore e principale promotore in tutta Italia di questa innovativa forma di collaborazione da attuare nelle comunità.

“Sono portatore di buone notizie. – ha esordito Arena - Da circa 3 anni a questa parte centinaia di migliaia di italiani hanno cominciato a prendersi cura di ciò che è sempre stato loro. E lo fanno allegramente. Si tratta di una vera e propria riappropriazione di beni pubblici, che diventano comuni”.

Su questo tema l’Italia è vista come una frontiera avanzata. Parliamo di circa 3 milioni di persone che, secondo le statistiche, fanno volontariato individuale. Ed in tanti casi si dedicano anche alla cura e sistemazione di beni come parchi, portici, piazze, scuole, beni culturali. “Le persone non lo fanno – ha continuato il Presidente di Labsus - perché i comuni non hanno risorse. Lo fanno, appunto, per prendersene cura. Ad essere più chiari, tale tipo di attività non è manutenzione, è sovranità, è partecipazione. Siamo sovrani quando votiamo e siamo sovrani quando ci attiviamo per l’interesse generale”.

Questo esercizio di cittadinanza attiva va messo in relazione, prima di tutto, con l’art. 1 secondo comma della Costituzione dove è scritto: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Poi con l’art. 118 quarto comma, introdotto nel 2001, relativo al principio di sussidiarietà che stabilisce: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. In virtù di questo, i cittadini non sono supplenti di amministrazioni inefficienti ma sono sovrani e solidali.

“E’ una forma di solidarietà tra ugualmente vulnerabili, espressa da chi si prende cura di beni che anche altri utilizzeranno, proprio perché sono comuni. L’uso del bene comune deve essere garantito a tutti, in modo da evitare forme di privatizzazione. I cittadini attivi sono motivati nel mettere in atto tali azioni dal vivere in una città bella, ordinata”. In questa prospettiva cittadini e amministrazioni condividono risorse. L’amministrazione non dà denaro ma mette a disposizione strumenti oppure l’affiancamento di personale comunale. I cittadini ci mettono il loro tempo, competenze, responsabilità. Si esce dalla logica della delega perché tante persone hanno deciso di “non farsi i fatti propri”. Molto significativo è il dato riportato secondo il quale in Italia ci sono circa 5 milioni di beni pubblici abbandonati. “E molto importante sottolineare – ha detto con forza il Prof. Arena - quello che succede tra le persone protagoniste di queste iniziative. Si ricostituiscono legami di comunità, quello che noi chiamiamo capitale sociale. E’ un valore aggiunto civico che non si vede, ma che crea fiducia”.

A Bologna il 22 febbraio 2014 è stato presentato il primo regolamento comunale tipo. Da quel momento si è scatenato un grandissimo interesse. “Ad oggi sono stati adottati regolamenti per l’amministrazione condivisa di beni pubblici da 104 comuni, altri 80 sono in procinto di farlo. In Spagna sono interessatissimi, in particolare la città di Barcellona”. Il cuore del regolamento è il patto di collaborazione, che rappresenta un contratto tra cittadini e amministrazioni dove si stabiliscono obiettivi, durata, modalità di azione, reciproci impegni. Il patto è il risultato di un’operazione “sartoriale”. La conclusione dell’intervento del Prof. Arena è che attraverso queste cose “possiamo davvero rimettere in moto il Paese”.



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