Cives. Restituzione alla comunita' dei beni confiscati alle mafie, "Libera" si racconta

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Cives e uso dei beni confiscati alle mafieCives e uso dei beni confiscati alle mafie

Restituzione alla comunità dei beni confiscati alla criminalità organizzata il tema al centro dell'ultimo incontro di Cives.

Il laboratorio di formazione al bene comune, promosso dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento, in collaborazione con il Centro di Cultura “R. Calabria” e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha affrontato nell'incontro di ieri, 17 novembre, il tema della restituzione alla comunità dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

Davide Pati, vicepresidente nazionale di “Libera” e Michele Martino, referente provinciale dell’associazione, sono stati gli ospiti di un appuntamento che ha visto il coinvolgimento di molti studenti della città e della provincia. Ettore Rossi ha esordito richiamando il discorso di Papa Francesco dello scorso 21 settembre ai membri della Commissione parlamentare antimafia:“la politica autentica […] è quella che promuove la dignità di ognuno ed opera per assicurare un futuro di speranza alle giovani generazioni”. Il messaggio è che lottare contro le mafie, che attecchiscono dove albergano povertà, economica e culturale, e la corruzione, che ne consente il radicamento sul territorio, è compito delle istituzioni preposte, ma anche delle agenzie formative. A gennaio partirà un percorso di educazione alla legalità, preannuncia Martino, che vedrà coinvolte le scuole del territorio.

“La città di Benevento gode della fama di essere una città tranquilla e scarsamente appetibile per la criminalità. Il fatto che non si spari non vuol dire che Benevento sia esente dalle mafie”. La verità di Martino è tanto sconcertante quanto suffragata dai dati. “Molti preferiscono fare una tempestiva telefonata in caso di furto della propria auto, ma non alle autorità competenti”, denuncia. La cultura della legalità, insomma, è affossata dalla ricerca del rimedio spicciolo ed efficace. La piaga dell’omertà, spiega, quando non della corruzione, sono l’humus nel quale le mafie si radicano. Ai giovani presenti il referente di Libera lancia un messaggio di alta valenza educativa: “mettete negli zaini i momenti educativi che vi sono offerti: li tirerete fuori in un prossimo futuro, quando sarete chiamati a fare scelte professionali o da semplici cittadini”. Poi anticipa la prossima iniziativa di dicembre: “Facciamo un pacco alla camorra”, in cui verrà valorizzato l’impegno che ha portato alla confisca di molti beni della malavita organizzata in quelle che sono state ribattezzate come “le terre di don Peppino Diana”.

“La confisca dei beni” è stata una intuizione illuminata”, così esordisce Davide Pati nel riferire delle opere sociali confiscate, bonificate e restituite al territorio italiano. Sono 710 e sono localizzate da Trieste ad Agrigento. Il vicepresidente dell’associazione ripercorre le tappe salienti della legislazione in materia: un milione di firme vinsero all’Italia la legge Rognoni-La Torre n.109 del 1996, su cui si sono innestati i successivi provvedimenti legislativi. Il provvedimento nasceva come spiraglio di luce destinato ad illuminare il lungo periodo buio delle stragi del ’92-’93.

Fu “Libera” che, nata solo un anno prima, nel 1995, promosse l’iniziativa. Con decreto legge del 4 febbraio 2010 fu istituita l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, con sede a Roma, Palermo, Napoli e Milano. Il provvedimento consente oggi una mappatura su tutto il territorio nazionale circa le opportunità di restituzione delle proprietà della malavita alla società civile e questo, sottolinea Pati, “è merito della formazione dei magistrati, dell’encomiabile opera investigativa degli addetti ai lavori e della stampa”.

Tuttavia, sottolinea il vicepresidente, “strappare il bene alla criminalità non significa automaticamente rigenerarlo per i circuiti del welfare. Occorre grande capacità progettuale, un disegno lungimirante e sostenibile nel tempo.”. Il vicepresidente avvalora con i fatti la tesi sostenuta: ”Nonostante la possibilità di accesso ai fondi europei appositamente istituiti, solo sette sono stati i progetti presentati per l’anno 2016”. La burocrazia, lamenta, pur essendo necessaria in questi casi, perché tesa a garantire trasparenza nelle procedure di bando e nei nomi specchiati di quanti chiedono di poter gestire la proprietà confiscata, non può garantire semplicità di accesso ai fondi dedicati.

Sono ancora tanti i nodi da sciogliere perché si comprenda che la “legalità conviene”, sostiene Pati, ma si dice orgoglioso dei tanti risultati raggiunti, non ultimo la correzione apportata dal Presidente Mattarella al nuovo codice antimafia, che include, con intervento correttivo, il delitto di corruzione tra privati quale presupposto della confisca estesa nel caso di condanna. Misura, che viene estesa anche ai reati di terrorismo internazionale. L’Italia, secondo Pati, può dirsi orgogliosa di aver innescato politiche di emulazione in Europa sul tema. Mutua parole di Papa Francesco nell’invito ad agire, ciascuno nel ruolo che ci è dato di occupare in società, di “bonificare, trasformare, costruire”, ricordando che questo comporta un impegno a più livelli: politico, economico, ma anche morale, per la costruzione di una nuova coscienza civile.

Dato l'importante tema affrontato, a testimonianza dell'attenzione di autorità e forze dell'ordine, all'incontro sono stati presenti (nell'ordine da sinistra nella foto in basso NDR)  il Comandante provinciale dei Carabinieri Alessandro Puel, il Comandante provinciale della Guardia di Finanza Mario Intelisano, il Questore di Benevento Giuseppe Bellassai e il Vice Prefetto Vicario Giuseppe Canale.

Sonia Caputo



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