D'Alema lancia "Consenso" e spera in una costituente altro che scissione - FOTO

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Massimo D'Alema Massimo D'Alema

D'Alema arriva a Benevento per lanciare "Consenso" replica a chi lo accusa di "regia occulta", bacchetta il PD e spera in una costituente.

Quando ormai la spaccatura nel Partito Democratico sembra insanabile, ecco che Massimo D’Alema arriva a Benevento per avviare il lavoro politico di Consenso Sannio. Ad accoglierlo il primo cittadino Clemente Mastella - in platea anche diversi volti del PD sannita oltre che l'onorevole Mario Pepe - che in maniera schietta ha ricordato come: “nella mia vita politica ho compiuto diversi zig zag lo ammetto, e mi è capitato anche di fare qualche scissione ad esempio con De Mita portando proprio D’Alema a fare il Presidente del Consiglio”. Mastella ricorda poi il famoso discorso in cui Moro disse, “La democrazia sarà compiuta quando ci sarà stata una vera alternanza di governo”. Frase che serve al primo cittadino per sottolineare che “la mia scissione con De Mita fece la democrazia compiuta e portò anche chi era di sinistra a governare”.

“Consenso Sannio – spiega Gianluca Aceto – nasce sulla scorta dell’esperienza referendaria e dei Comitati Scelgo No, non è un percorso chiuso, anzi, abbiamo bisogno dell’apporto di tutti i compagni e le compagne e proveremo a mettere a valore i giovani. Manca in questo Paese - conclude - una cultura politica e forse prima di essere resilienti bisognerebbe essere resistenti”. Aceto prima di aprire il tavolo di discussione ricorda poi i 60anni della “Maarcia della Fame” dei braccianti fortorini che definisce una “battaglia di avanguardia perchè apriva un tema importante come quello dello sviluppo delle aree interne”.

A prendere poi la parola è stato Lorenzo Zoppoli ordinario di diritto presso la Federico II. Zoppoli ha concentrato il suo intervento sul tema del lavoro analizzando le scelte effettuate non solo dal Governo Renzi. Per Zoppoli “il contratto a tutele crescenti è un’invenzione nuova degli ultimi anni. Stanno venendo al pettine i nodi delle politiche sul lavoro degli ultimi 5 anni ed i bilanci sono profondamente negativi soprattutto nel lasso di tempo che va dal 2012-2016: alti tassi di disoccupazione giovanile e femminile, a cui si aggiungono elementi di falso dinamismo, dovuti agli incentivi, e crescita della precarietà con voucher, stage e tirocini. Oggi – aggiunge Zoppoli – i lavoratori licenziati non hanno fiducia nella giustizia, anche perchè i licenziamenti sono stati resi più facili con la riforma Monti – Fornero. Inoltre, altro elemento importante è la stasi ventennale delle retribuzioni. Elementi – sottolinea – non imputabili direttamente al Jobs Act ma questi sono i capisaldi della riforma del centrosinistra e mi pare che queste tendenze negative siano state accentuate dall’eliminazione art.18 ed il conseguente abbassamento di ogni forma di tutela. Toccato – per Zoppoli – anche il ruolo del sindacato, spingendo la contrattazione ad essere supina rispetto alle imprese. Il lavoro pubblico (legge Madia ndr) sembra essere in continuità con le leggi del centrodestra che poco hanno valorizzato i lavoratori. Per fortuna questo pezzo di riforma non attuato grazie a Corte Costituzionale. Ovviamente – ha concluso – le riforme hanno incrementato i dati negativi, accentuato anche le diseguaglianze ma le colpe non sono imputabili tutte alla politica”.

A parlare anche Maria Teresa Imparato. “La sinistra – ha detto – trovi la forza di attuare politiche di sinistra. Questa presenza forte è segno di rinnovata volontà di partecipazione, il rinnovamento del centrosinistra è necessario”. La Imparato parla dell’alternanza scuola lavoro, della riforma della buona scuola della formazione digitale. “Ma – dice – bisogna anche guardare alla povertà in cui vivono le scuole. Quante hanno il cablaggio delle aule? La Questione ammodernamento scolastico da porre al centro dell’agenda politica”.

Trarre le conclusioni è toccato a Massimo D’Alema. “Gli interventi – ha spiegato – hanno toccato nodi essenziali: lavoro e scuola. Quello che occorre nella vita politica del paese è una svolta profonda. Di questa svolta vorremmo si rendesse protagonista il centrosinistra nel più possibile in tutto il suo insieme”. La svolta auspicata dal “leader maximo” ha uno scopo: “evitare che il malessere profondo del paese, il disagio sociale, la sfiducia nella politica trovi risposta nel populismo e nel Movimento 5 Stelle o in una destra, divisa, ma che si va organizzando e che sommata diventa forza consistente”.

D’Alema non ha peli sulla lingua e non le manda a dire. “Delle molte sconfitte del PD, tra cui Roma e Torino con il M5S o in Friuli con la Lega nessuno mai si è preso la responsabilità. Non si combatte il populismo senza il popolo e la sfida del centrosinistra è riguadagnare consenso popolare non essere partito delle élite. A Roma siamo stati travolti nelle aree popolari e vittoriosi ai Parioli, tendenza confermata a Torino e poi con il referendum che assunto poi anche valenza di voto politico sul governo. Su tutto ció non è stata fatta un’analisi. Eppure, l’82% dei giovani votato no, a Bologna ad esempio si è prevalso nelle fasce di reddito medio alte, mentre il no ha vinto in quelle medio basse. Questo significa che quando le riforme colpiscono il lavoro o umiliano il mondo scuola è evidente che il centrosinistra si aliena i suoi elettori. Quando si fa dei sindacati un organo di intermezzo e si riduce la forza contrattuale si perde a Monfalcone”.

L’ex Presidente del Consiglio si sposta poi ad analizzare le scelte ‘per il rilancio dell’economia’. “Quella di fondi alle imprese, della flessibilità nel lavoro per favorire i mercati: è una misura neoliberista seppur promulgata da centrosinistra. Le speranze – ha aggiunto – sono state largamente disattese”. E rincara: “la riforma costituzionale è stata fatta a colpi di maggioranza e tradiva elettori e PD, la legge elettorale con tre voti di fiducia. Eppure qualcuno disse che era incostituzionale ma venne additato come gufo”.

Sui voucher: “per le attività saltuarie va bene ma se ne abusa. L’ azienda si deresponsabilizza e il lavoro viene precarizzato”. Sulla norma degli appalti: “studiata ad hoc per piccolo gruppo di grandi imprese a danno dei lavoratori”.

Insomma D’Alema non nasconde che “i problemi da affrontare sono enormi”, poi getta uno sguardo oltralpe e oltre oceano ma anche in Medio Oriente, “avanzano xenofobia è razzismo, aumentano i conflitti”, prima di tornare a parlare del PD. “Avevamo un’idea altra della politica, popolare”. Sulle Primarie: “sappiamo che sono un meccanismo esposto ad ogni rischio di inquinamento, sono forme non di democrazia partecipativa – questo solo se c’è grande partito organizzato – ma di democrazia fittizia”. E guardando all’Europa: “vorrei un centrosinistra più presente” e parla di trattativa sul piano di stabilità.

Tornando al tema “rottura” o “scissione” D’Alema è chiaro. “Quando è stato chiesto un congresso vero (a farlo Rossi, Emiliano, Speranza,ndr), era per aprire un discorso ampio, come previsto da statuto, che avrebbe anche consentito al Governo di fare nuova legge elettorale, dove siamo passati da iper-maggioritario a iper-proporzionale. Tempo che avrebbe consentito al Governo di rivedere anche il Jobs Act e la riforma della scuola. Il PD – aggiunge – ha perso per strada persone e iscritti e per fare un congresso utile c’è bisogno di fare un lavoro per richiamare queste persone”.

D’Alema si sofferma anche ad analizzare altri aspetti e a chi pensa che Renzi potrebbe vincere dice, “Come quantità di voti il 41% è meno del 33% preso da Veltroni”. Poi parla delle elezioni di giugno dove andranno al voto 1500 comuni e chiosa, “fare congresso prima significa evitare di fare bilanci. Sarà un congresso cotto e mangiato: ad aprile sarà tutto finito”. A chi lo accusa replica: “non sono regista occulto, anche perché quando ho ritenuto che ci fosse qualcosa da fare o da dare voce al popolo della sinistra l’ho fatto. Non ho niente da contrattare niente da difendere Speranza, Emiliano, Rossi si sono messi insieme da soli, non li ho messi insieme io”.

In ultimo, si sofferma a spiegare il perchè della nascita di “Consenso” e degli obiettivi: “ investimenti, per il rilancio del sud, per la ridistribuzione della ricchezza”.

In ultimo ironizza. “Chi perde referendum statisticamente perde anche le elezioni, chi ha votato si ho i miei dubbi che indirizzerà il proprio voto”. E sul futuro. “Se il PD non è capace di una svolta bisognerà costruire altrove una nuova costituente. Non abbiamo voluto creare per questo un’associazione nazionale ma nulla ci impedisce che se a Benevento o in altre città esiste un gruppo di persone che si quotano, questo movimento partecipi alla battaglia per la riforma del centrosinistra. D’altronde, le primarie sono aperte”.

Mastella inoltre rivendica di aver, “chiamato all’impegno migliaia di militanti della sinistra che non vogliono arrendersi a votare Grillo”, infuoca la platea quando dice di “voler offrire alternativa convincente” e di voler “rappresentare un mondo che per il PD di Renzi non voterebbe mai”. Poi conclude. “Bisognerebbe essere meno minacciosi verso questo progetto e riconoscerne la valenza. Mai usato parola scissione, io la vedo come un aggregazione di forze nuove”.

Michele Palmieri

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