'Di che vita morire': Del Pennino e Merlo hanno presentato il libro sul testamento biologico

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Nostro servizio - Testamento biologico sì. Testamento biologico no. E' stato il tema di cui si è discusso questa sera in un interessante dibattito organizzato dall’associazione Sanniopress Onlus per la presentazione del libro ‘Di che vita morire’ di Antonio Del Pennino e Daniele Merlo.

A moderare l’incontro Billy Nuzzolillo, presidente dell’associazione che ha sottolineato il rinato interesse sul piano locale per l’argomento. Proprio ieri, infatti, il Gruppo consiliare di Italia dei Valori al Comune di Benevento, composto da Luigi De Nigris (presente all’incontro di questa sera), Antonio Feleppa e Vincenzo Iele ha comunicato di aver depositato presso il Comune una proposta per l’istituzione del registro dei testamenti biologici. Al dibattito erano presenti anche il teologo Don Franco Piazza e l’ex parlamentare Antonio Conte. I saluti sono stati portati dal rettore dell'Università del Sannio, Filippo Bencardino che ha sostenuto "l'importanza di affrontare tali tematiche" e sottolineato la "soddisfazione nell'ospitare questo evento".

Equilibrato e sereno. Con questi aggettivi Don Piazza ha descritto il libro. “La dignità della persona – ha sostenuto il teologo – viene tutelata e pone il lettore di fronte a due strade, quasi a cercare, però, un terreno condiviso, senza alcun pregiudizio. Tante le caratteristiche per cui ne consiglio la lettura: è rispettato il dibattito e il confronto; l’argomento non viene mai banalizzato; si ricerca una via media tra principi astratti e regole. La chiave di questo testo è l’opinione. Difficile farsene una su un argomento tanto delicato.

Spesso, infatti, si ha ignoranza del problema e il testamento biologico viene confuso con altro, come l’eutanasia. Ciò conduce a ragionare ‘di pancia’ banalizzando la questione. C’è poi da considerare che il terreno del dolore, della sofferenza e della morte è molto fragile. Parlarne è una cosa, viverlo un’altra”.

“C’è poi – ha aggiunto don Piazza – la visione dell’etica che ognuno vuole portare vicino alla propria posizione. Tale relativismo rappresenta un problema serio. Credo che il libro ‘Di che vita morire’ abbia il pregio di andare a dissodare un terreno inasprito in cui il tema del ‘limite’ è affrontato da diverse prospettive, come possibilità di disporre di sé, ma anche come qualcosa da non valicare”.

Questa la prospettiva ‘cattolica’ alla questione. L’intervento di Conte ha poi aperto la visione all’aspetto ‘laico’. In particolare il senatore si è soffermato sulla necessità di legiferare in merito e ha sottolineato come spesso si aspetti un ‘caso’ per discutere del testamento biologico, come avvenne l’anno scorso con la triste vicenda di Eluana Englaro.

 “Le urla che in quella situazione si sentirono in Senato – ha dichiarato Conte – ancora oggi mi appaiono irreali. Il testo è un lavoro che contribuisce alla cultura e alla coscienza che o si tengono insieme o insieme cadono. Bisogna andare oltre le divisioni tra credenti e no. E’ assurdo che sul piano nazionale non si sia più sentito parlare dell’argomento. Il testamento biologico consente di adottare delle misure che accompagnano in modo sereno alla morte. Tale il senso del libro: recuperarne il valore”.

E’ stata poi la volta dei due autori. Il primo a parlare: Merlo. “Perché non rileggere quanto scritto nel 1956 da Papa Pacelli? Mise paletti validi ancora oggi sulla necessità di eliminare il dolore per il malato. La coscienza di cui tanto si parla non è né cattolica, né laica, ma fa parte di un percorso diverso per ogni uomo. Ciò che abbiamo messo nero su bianco vuole unire e non dividere altrimenti ognuno rimarrebbe sulle proprie posizioni”.

Questi secondo Merlo i paletti necessari di una norma di legge: centralità dell’uomo, no all’eutanasia, no all’accanimento terapeutico e sì all’autodeterminazione dell’individuo.

Del Pennino ha poi ripercorso l’aspetto legislativo nel voler affrontare la questione del testamento biologico: “Tempo fa ci fu una proposta di legge presentata da me e da Natale Ripamonti e un’altra di Antonio Tomassini. Dopo un ampio dibattito i punti si avvicinarono molto tanto che fu votata all’unanimità. Non si faceva riferimento all’alimentazione e all’idratazione che veniva lasciata alla valutazione dei medici. Si riconosceva vincolante per il medico la dichiarazione anticipata di volontà a meno che, chiaramente, non fossero sopravvenute possibilità di guarire. Il testo purtroppo non andò in porto perché la legislatura finì. Da allora le cose si sono complicate fino a giungere al testo di Raffaele Calabrò che definisco un vero e proprio obbrobrio. Tante le cose che non stanno in piedi: viene vietata qualsiasi forma di eutanasia, sia essa attiva o passiva, paragonandola all’omicidio e dunque lasciando discrezionalità al magistrato e distruggendo il concetto di ‘pietas’; il testamento biologico appare non vincolante per il medico. Dunque se così è meglio non fare nessuna legge perché nulla cambierebbe”.

Il dibattito di questa sera è inserito nella rassegna ‘Nonsololibri’, promossa dall’associazione Sanniopress Onlus con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura della Provincia di Benevento.
G.P.



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