Lavoro. I licenziamenti tra abolizione dell'art. 18 e Jobs Act

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Fioravante Bosco (Uil)Fioravante Bosco (Uil)

Non è ancora tempo di bilanci per comprendere come abbiano inciso le ultime leggi sulle dinamiche del lavoro. Ma il quadro, almeno per i sindacati, è già chiaro.

I commenti trionfalistici sulla riduzione dei licenziamenti, nonostante l’abolizione dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, e quindi il successo del Jobs act, per la Uil sembrano avventati e prematuri.

Il Jobs Act prevede degli sgravi fiscali per i nuovi assunti, anche se limitatamente ai primi 3 anni. Pertanto per la Uil è ovvio e scontato che le aziende non procedano a licenziare durante questo periodo.

“C'è, purtroppo, il rischio concreto che la maggior qualità dell'occupazione svanisca con il finire della decontribuzione. Intanto, sono passate in silenzio le conseguenze nefaste del Jobs Act nei confronti di alcune categorie di lavoratori del terzo settore, ma anche nella sanità privata”, dichiara Fioravante Bosco, segretario generale aggiunto della Uil Avellino-Benevento.

“Pochi sanno” - continua il sindacalista - “che nel solo 2015 sono stati migliaia i lavoratori impiegati nei servizi socio-sanitari e assistenziali che, a seguito dei vari bandi di gara e nel passaggio da una cooperativa o società all’altra, hanno perso le tutele previste dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970, quando sia stato stipulato un nuovo contratto seppur in presenza della continuità lavorativa. A tutt’oggi manca una normativa che chiarisca questo punto. L’unica cosa certa è che migliaia di lavoratori con svariati anni di anzianità di servizio possono essere estromessi dal mercato del lavoro in qualsiasi momento”.

“Ancora una volta – conclude Bosco, – devo sottolineare come il governo Renzi, coi suoi sciagurati provvedimenti legislativi, ha prodotto una drastica riduzione delle tutele del lavoratore all’interno dell’impresa e la mancanza di una risposta adeguata sul piano della protezione del dipendente estromesso dal mondo del lavoro”.



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