Petrolio nel Sannio. La 'condanna' dello Sblocca Italia e la decisione della Regione Campania

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Raffineria di petrolio (foto di archivio)Raffineria di petrolio (foto di archivio)

Lo ‘Sblocca Italia’ approda nel Sannio tra entusiasmi e forti timori. Se da un lato c'è speranza per uno sviluppo infrastrutturale (raddoppio 'Telesina' e Altà Capacità in primis), dall'altra avanza lo spauracchio legato alle trivellazioni petrolifere. Analizzando infatti il decreto voluto dal premier Renzi viene fuori un quadro preoccupante. Nel capo IX infatti si legge: “Art. 36 (Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi). L'articolo, intervenendo sull'estensione dell'esenzione dal patto di stabilità relativamente alle spese sostenute per fini specifici dalle regioni che corrispondono agli importi incrementali delle royalties, è teso di fatto a favorire lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali sbloccando gli investimenti privati in programma da anni nel settore”. Tradotto sarebbe: escludimi le royalties dal Patto di stabilità e accelera il processo decisionale sulle autorizzazioni e io ti sblocco i fondi privati per lo svolgimento delle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi. Oggi le competenze e le decisioni sono in mano alle regioni. I nuovi principi descritti nei comma 5 e 8 vanno a ridefinire dunque il conferimento dei titoli minerari che: “prevede una fase di ricerca al termine della quale, in caso di esito negativo, il titolo cessa, mentre in caso di ritrovamento minerario l'attività prosegue attraverso le fasi di sviluppo, produzione, ripristino finale”. Questo iter però è pregiudicato dalla concessione della VIA . Il pomo della discordia è l’ Art. 38 (Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali).
Si legge: “per favorire lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali, consentire il raggiungimento degli obiettivi della Strategia energetica nazionale, garantire una maggiore sicurezza in termini di approvvigionamenti di gas naturale e di petrolio e sbloccare gli ingenti investimenti privati in programma da anni nel settore (oltre 15 miliardi di euro), la disposizione è volta a riconoscere carattere strategico di pubblica utilità alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e a quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, tenendo conto che lo sviluppo della produzione degli idrocarburi rappresenta una primaria esigenza per la sicurezza degli approvvigionamenti e un'importante leva per rilanciare l'economia del Paese”. La novità qui sta nello stesso art 38 al punto 1bis che in pratica determina che per cercare ed estrarre petrolio e gas in Italia deciderà il Ministro dello Sviluppo economico con proprio decreto. “ E non importa se tutto ciò provocherà la variazione degli strumenti urbanistici. Il comma 3 inoltre riconosce la “competenza statale” sulle attività di ricerca sia sulla terraferma, sia in mare.
Misure queste che lasciano pochi dubbi sulla pericolosità del decreto e che determinano una svolta che è ben lontana dall’essere definita ‘sostenibile’. Se dunque da un lato: “Lo Sblocca Italia – come denunciano alcuni docenti e ricercatori dell’Università e dei Centri di ricerca di Bologna - attribuisce un carattere strategico alle concessioni di ricerca e sfruttamento di idrocarburi”, dall’altro “semplifica gli iter autorizzativi, toglie potere alle regioni e prolunga i tempi delle concessioni con proroghe che potrebbero arrivare fino a 50 anni”.
Il decreto è stato anche ostracizzato dai governi regionali che si sono opposti a quello che sembra un raggiro che anticipa la riforma del Titolo V della Costituzione. Una protesta che ora sembra portata avanti anche dai sindaci che attraverso le delibere vogliono ribadire il proprio no alle trivellazioni.
Lo Sblocca Italia, così impacchettato, è un regalo bello e buono ai signori del petrolio e una sciagura per chi da anni si batte per la tutela e la salvaguardia dei territori. Insomma puntare sui soldi facili del greggio invece che investire nell’efficientamento energetico ‘alternativo’ di un paese già geograficamente e morfologicamente ‘fragile’ sembra l’unica via percorribile, ma una volta che dopo 10 anni le risorse petrolifere – come stima il Ministero dello Sviluppo Economico – pari a circa 130 milioni di tonnellate saranno esaurite come si penserà di agire? Questo è quello che si chiedono anche in Irpinia e vasta parte del Sannio, visto che saranno oltre 757 i KMq da trivellare secondo i progetti ‘Case Capozzi’ - 423,70 KMq – e ‘Pietra Spaccata’ - 333,30 KMq. Ben 595 KMq interesseranno il Sannio ad opera dell’ormai nota Delta Energy Ltd. Secondo molti studi però non ci sarà nemmeno il beneficio delle tante agognate royalties – che come detto sopra sono le più basse d’Europa - 4 - 7% contro quelle, che in Canada, arrivano anche al 60% o 80%. Inoltre secondo Altreconomia: “ l’incidenza delle attività petrolifere – sui territori – aumenterebbe a dismisura con percentuali preoccupanti. La Basilicata passerebbe da un 35% di territorio interessato ad un 64%, la Puglia dal 7% al 12%, la Sicilia dal 17% al 37%, la Calabria dal 7% al 14%, la Campania dal 6% al 14%, il Molise dal 26% all’86%, l’Abruzzo dal 26% all’86%, il Lazio dal 19% al 33%, le Marche dal 22% al 26%, la Toscana dal 16% al 19%, l’Emilia Romagna dal 44% al 70%, il Veneto dal 4% al 17%, la Lombardia dal 20% al 38% e il Piemonte dall’8% al 16%”. E i territori sono già in rivolta.

In questa ottica si attendono i lavori in Regione Campania che, dopo anni di ambiguità e gioco al nascondino, oggi dovrà mettere le carte in tavola e far capire ai cittadini da che parte preferisce stare. Fari puntanti sul consiglio regionale che si riunisce oggi a Palazzo S.Lucia con la Regione Campania che dovrà decidere se "impugnare" lo Sblocca Italia, oppure proseguire diversamente. Sarà battaglia, con il consigliere regionale irpino, Rosetta D'Amelio che ha già preannunciato la presentazione di una proposta di legge "no triv". In discussione anche le norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio per l’attuazione della pianificazione regionale, ai sensi dell’art. 135 del decreto legislativo 220 gennaio 2004 n. 42. Il Governatore Caldoro dovrà, a questo punto, tenere conto non solo dei malumori e della netta contrarietà delle popolazioni e dei territori, ma anche dei rappresentanti politici irpini e sanniti che manifesteranno la ferma volontà di schierarsi contro qualsiasi tipo di ricerca di idrocarburi nell'entroterra campano.

Michele Palmieri



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