Provinciali, intervista a Luigi De Nigris: 'PD innamorato delle leggi ad personam, ma non è invincibile'

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NOSTRO SERVIZIO - Ha fatto il suo 'dovere' di elettore e domenica mattina si è recato al seggio allestito alla Rocca dei Rettori per esprimere il suo voto, ma questo sistema proprio non gli va giù.
Luigi de Nigris, consigliere comunale a Palazzo Mosti, ci spiega il suo punto di vista sulle Province pensate da Delrio, autore di una riforma a suo dire, "deleteria" che "ha privato il cittadino del diritto di eleggere direttamente i rappresentanti di un consiglio che forse, per soli due anni, dovrebbe provvedere all'organizzazione del territorio provinciale. Ho evitato di intervenire prima del voto di domenica scorsa - spiega al quaderno.it il - per evitare possibili strumentalizzazioni  per un’elezione che non ha nessuna legittimazione democratica e popolare. Questo surreale ‘privilegio’ è stato riservato solo ad un piccolo gruppo di persone delle quali anche io mi ritrovo a far parte essendo consigliere comunale. Un beneficio al tempo stesso inutile e mortificante.  Inutile, perché a causa di un complicatissimo sistema di ‘voto ponderato’ il risultato appariva già scritto;  mortificante, per via della distinzione effettuata dalla legge tra amministratori locali classificati di serie a, b, c, d ed e. Come si può immaginare che il voto di un sindaco o di un amministratore di un piccolo comune valga meno di un suo collega di un comune più grande?".
Oltre questi aspetti, tornando al dato locale, cosa hanno realmente detto le elezioni provinciali?
"Innanzitutto, che la democrazia è malata. Il Pd nazionale ha tanto criticato le famose leggi 'ad personam' ma alla fine ha finito per innamorarsene, rispettandole ed imitandole".
Per quale motivo?
"Delrio per gli incarichi che ha ricoperto, tra cui la presidenza dell’Anci, sapeva fin troppo bene che i comuni italiani sono a maggioranza di centrosinistra. Con il suo partito, il PD, poteva quindi tranquillamente contare su un enorme pacchetto di elettori-amministratori. Con la legge sulle provinciali, elaborata in uno dei tanti 'laboratori', è stato creato ad arte un meccanismo che non poteva che dare clamorosi vantaggi sugli altri schieramenti".
Ogni elezione, però, è un esempio di democrazia.
"All’interno di questo regime rappresentativo dovremmo però cominciare a chiederci: qual è l’elemento cardine della democrazia? Bobbio, che allo studio della democrazia ha praticamente dedicato la sua vita, ha prima individuato nove elementi che la caratterizzano, scendendo progressivamente prima a sei e poi a tre soltanto. Per me, le recenti elezioni sono solo un ulteriore conferma che la democrazia, sistema politico mutevole e insieme vulnerabile, esercizio del potere da parte del popolo, continua ad essere paurosamente in declino". 
Volendo essere meno catastrofici?
"Ebbene, la democrazia appare stanca o, se vuole, malinconicamente addormentata. Incapace di scuotersi dal suo torpore, non fa altro che alimentare una lenta e progressiva disaffezione popolare".
Come risvegliarla?
"Innanzitutto coltivando e promuovendo  la figura del cittadino attivo, critico, partecipe alla cosa pubblica, consapevole e capace di dissentire. Una democrazia partecipata e di genere, non solo politica. Deve uscire dai palazzi ed entrare nella cultura della gente".
Si parla di un possibile ricorso al Tar.
"Il vero vincitore delle elezioni provinciali è Giorgio Nista. Non possiamo parlare di elezioni democratiche e  non pensare di riferirci al sano principio affermato con la rivo­lu­zione fran­cese: “ogni testa un voto”. Secondo questo principio, Nista avrebbe vinto perché ha preso più voti dell’avversario: 388 contro 386. Ma c’è di più: il metodo "ogni testa un voto" è utilizzato anche nel sistema delle imprese. Parlo evidentemente delle imprese cooperative che in Italia sono state ispirate da tre anime culturali e sociali ben distinte tra loro: la liberale-repubblicana, la socialista-riformista e quella del cattolicesimo-sociale per accompagnare l’evoluzione di classi sociali meno protette, come gli agricoltori e gli operai. Al loro interno, in virtù del nobile scopo mutualistico per il quale agiscono, il governo dell'impresa non dipende dalla quota di capitale posseduta ma dal valore del socio che in assemblea è sempre uguale a uno. Detto questo, non sta me scegliere se ricorrere o meno. L’idea del ricorso amministrativo non mi esalta. Si era a conoscenza delle regole e si è accettato di competere. Il ricorso, semmai, e ciò gli farebbe onore, dovrebbe farlo chi è uscito sconfitto in termini numerici dal confronto. Ciò significherebbe voler legittimare la sua vittoria sottoponendosi ad un nuovo giudizio con regole democratiche e non surreali".
Che ruolo hanno avuto i consiglieri comunali di Benevento?
"Determinante. In forza del loro voto ponderato, hanno stabilito il presidente ed i consiglieri provinciali, di maggioranza e di opposizione. Il neo presidente, come giustamente ha fatto notare qualcuno, risulterebbe fortemente rappresentativo di una parte della città, quella che si riconosce nel PD, e non dell’intero territorio provinciale. Altro aspetto degno di attenzione è però un altro: la vittoria è stata determinata dai consiglieri comunali del PD di Benevento, al cui interno vi sono però almeno due gruppi ben distinti. Uno fa direttamente capo al sindaco Fausto Pepe, i cosiddetti 'lealisti', e sarebbe formato da sei consiglieri; l’altro, invece, il cosiddetto gruppo dei 'lettiani', il cui leader di riferimento è il consigliere comunale Sergio Tanga, sarebbe formato da cinque consiglieri. Ciascuno dei due gruppi, a giusto titolo, potrà rivendicare di essere stato decisivo ai fini della vittoria delle provinciali".
Tutto questo potrebbe pesare sugli equilibri interni?
"E sulle future scelte relative alle regionali del 2015 e alle comunali del 2016. L’arbitro indiscusso delle partite che gioca il PD, dovrà quindi decidere a quale dei due gruppi assegnare il gol vincente. Chi subirà la scelta avrà due possibilità: protestare vivacemente, in tal caso correrà il rischio di essere però espulso definitivamente dal gioco, oppure subire rispettosamente ed in silenzio la scelta. Ciò potrà però demotivarlo a tal punto da non farlo essere sereno e competitivo per affrontare sfide elettorali molto più importanti di questa effimera elezione provinciale, determinando la sconfitta della sua squadra".
Dai dati emerge un travaso di voti tra maggioranza ed opposizione.
"E’ vero. I franchi tiratori di cui spesso sentiamo parlare nelle cronache nazionali e parlamentari, coloro che approfittando del voto a scrutinio segreto non seguono le indicazioni del proprio partito o del gruppo a cui appartengono, abbiamo visto che esistono anche in salsa provinciale. Ed in entrambi gli schieramenti.  Questo atteggiamento rientra ormai nella normalità politica e spesso fa rischiare di far mancare la vittoria all’uno o all’altro schieramento. Talvolta è utilizzato al solo fine di regolare conti interni; assicurare non meglio identificati vantaggi; oppure ipotecare possibili appoggi in vista di future competizioni elettorali.  Durante la Rivoluzione cubana perfino Che Guevara utilizzò lo pseudonimo El Francotirador (Il Franco tiratore) per un suo articolo apparso su un ciclostilato distribuito clandestinamente nelle zone della Sierra Maestra. Un tale accostamento è però talmente improponibile, per la diversità degli intenti e dei valori che lo sostenevano, che questa locuzione dovrebbe essere ritirata dal lessico politico e giornalistico".
Con i franchi tiratori nessun pronostico è più sicuro?
"I franchi tiratori sono la dimostrazione che la politica continua ad oscillare e vacillare pericolosamente tra allineamento e insubordi­nazione oppure tra ammutinamento all'interno dei partiti e subordinazio­ne al leader".
Il Pd è ancora l’avversario da battere?
"Queste elezioni hanno dimostrato che in politica, come in qualunque altro confronto, non ci sono schieramenti invincibili. Soprattutto se a contrapporsi sono persone serie, leali, responsabili e competenti. Persone che pur non rinnegando il loro diverso passato, scommettono su una comune visione programmatica e di territorio. L’umiltà che prevale sull’arroganza, l’accantonamento delle diverse e legittime sensibilità di cui ognuno è portatore che prevale all’egoismo, sono valori sui quali dover investire per costruire uno schieramento politico alternativo all’attuale governo cittadino e provinciale".



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