Racket delle viti. "Ampio raggio d'azione che si estendeva per 3700 ettari" - FOTO

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Operazione San Filippo. Taglieggiati viticoltori della valle Telesina (Benevento)Operazione San Filippo. Taglieggiati viticoltori della valle Telesina (Benevento)

Una tangente per stare "tranquilli" era quella che alcuni imprenditori dovevano versare per evitare danneggiamenti ai loro vitigni. A sgominare il racket sono stati i Carabinieri della Compagnia di Cerreto Sannita che hanno arrestato 5 persone. 

Si è svolta questa mattina, alle 11.00, presso la Procura della Repubblica di Benevento la conferenza stampa sull’Operazione San Filippo - condotta dai Carabinieri della Compagnia di Cerreto Sannita e diretta dai magistrati sanniti - che ha portato all’arresto di 5 persone e fatto luce “sulle attività criminose poste in essere da un gruppo stabile di persone, alcune delle quali già legale al disciolto gruppo criminale dei cosiddetti ‘solopachesi’ operante nei territori della Valle Telesina fino alla metà degli anni 2000”.

Presente il procuratore reggente Giovanni Conzo che ha ribadito che “Benevento non è isola felice, va tenuta alta l’attenzione”. Colpiti dal racket, gli imprenditori di uno dei settori d’eccellenza: la produzione di vino. “I produttori – ha sottolineato Conzo – erano vittime di una banda che li terrorizzava”. Il metodo utilizzato era quello della “guardiania”. Ovvero, “i proprietari o gli imprenditori erano costretti a pagare il pizzo per non subire danneggiamenti”, e ricorda i suoi trascorsi: “a Castel Volturno si pagava per non veder poi bruciare tutto”. Il procuratore ha inoltre raccontato che è stato difficile scardinare il muro dei silenzi, dell’omertà che si reggeva su un clima di paura. “Alcuni hanno denunciato – ha detto – altri per paura non lo hanno fatto, rifiutandosi di collaborare anche se messi davanti alla realtà dei fatti, giustificandosi che se avesse parlato, sarebbe poi dovuto scappare in Germania”. Conzo lancia poi un invito, quello di “prendere coraggio e denunciare, non si può intervenire solo tramite intercettazione. Quello commesso è un reato grave che poteva mettere in crisi l’intero reparto e lo sviluppo del territorio”.

Gli fa eco il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Alessandro Puel che ricorda come uno dei cardini del suo operato è quello della “difesa dell’imprenditoria onesta che crea benessere in un settore di spicco come quello vinicolo, settore già colpito anche dall’alluvione l’ottobre del 2015”. Puel si è poi augurato che “la risposta concreta giunta oggi su un problema serio faccia da volano per rompere il muro del silenzio”.

A spiegare i dettagli è stato invece il capitano Francesco Ceccaroni. Il comandante della Compagnia di Cerreto Sannita ha illustrato come si ci trovasse davanti ad un “meccanismo consolidato nel tempo, infatti i primi casi risalirebbero alla fine degli anni 70”. Secondo Ceccaroni, “molte volte non serviva alcuna richiesta fatta in maniera esplicita, bastava solo presenza per far capire che bisognava pagare la tangente, che veniva corrisposta in alcuni periodi dell’anno ad esempio il 26 maggio giorno di San Filippo”.

Le indagini compiute dai militari, anche con l’ausilio di intercettazioni sia telefoniche che ambientali e di video, hanno dunque accertato che “2750 sono state le piante danneggiate, 1400 quelle rubate, procurando danni ed mancato guadagno stimabile in circa 300mila euro, un dato che però riguarda solo i 2 anni di indagini(2014 – 2016, ndr)”.  Ampio anche il raggio d’azione del gruppo "che si estendava da Solopaca a Castelvenere a Guardia Sanframondi a Cerreto Sannita raggiungendo i 3700 ettari totali. La tangente pagata – ha poi concluso Ceccaroni – era una sorta di quota fissa di 130-140 euro a moggio”. 

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