S. Agata. Intervista a Montella tra bilanci e futuro: 'Un obbligo ricandidarsi'

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Settimo eletto nella lista civica di ‘Alternativa Democratica’ con 170 preferenze nel 2009. E’ Angelo Montella, avvocato santagatese, primo Presidente del Consiglio a 29 anni e poi assessore alla Cultura del comune di S. Agata. A poco più di due mesi dalle prossime amministrative l’assessore Montella tira le somme della sua prima esperienza politica in cui ha da subito ricoperto due ruoli importanti.
Com’è cominciata la sua prima esperienza politica, all’indomani delle elezioni del 2009?
“Il 24 giugno del 2009 alla prima seduta consiliare sono stato eletto Presidente del Consiglio Comunale con il voto della maggioranza e l’astensione delle opposizioni, a differenza del mio successore la cui nomina è stata votata in modo collegiale. All’epoca, uscivamo da una campagna elettorale molto accesa. Per me è stata la prima esperienza amministrativa e subito ho ricoperto un ruolo istituzionale importante. Da neofita ho dovuto studiare molto e velocemente, trovandomi anche in una fase di passaggio per quanto riguarda il segretario comunale. Per me che sono un uomo di parte, è stata una sfida che mi ha lasciato senza fiato. Nei quasi 17 mesi in cui ho presieduto l'assise, ho celebrato 19 consigli comunali, più di uno al mese, cercando sempre di garantire i diritti della mia parte politica, ma anche delle opposizioni e spero di esserci riuscito”.
In che modo ha gestito il mandato da Presidente del Consiglio e che problematiche si è trovato a dover affrontare?
“Ho voluto caratterizzare il mio mandato in modo istituzionale. La presidenza del consiglio comunale deve rappresentare tutte le voci politiche e trattare dei temi alti, ma soprattutto far sentire tutti uniti all’interno della comunità. Non ho mai preso posizione e non ho mai interferito con giudizi o pareri sull’attività dell’esecutivo, proprio per salvaguardare la maggioranza di cui sono parte. Il mio ruolo mi imponeva di essere impegnato sui grandi temi. Un esempio su tutti, durante la mia presidenza abbiamo dovuto affrontare la questione della chiusura dell’ospedale ‘S. Giovanni di Dio’ e l’apertura del ‘S. Alfonso de’ Liguori’. E’ stata una battaglia popolare con protagonisti il sindaco e l’allora giunta e la gente, attraverso associazioni e comitati spontanei. In quell’occasione ho cercato di dare voce a tutti ed impegnarmi in prima persona a rappresentare il consiglio comunale, mettendo in atto iniziative volte a sensibilizzare chi doveva decidere (la Regione Campania) sulle sorti dell’ospedale. Abbiamo fatto consigli comunali aperti e la conferenza dei capigruppo convocata ad horas per dare un’informativa costante sulla vicenda. All’epoca l’impegno di tutti portò all’apertura del nosocomio, mentre ora l’esecutivo sta cercando di spingere affinché l’ospedale decolli realmente. La Regione ha scelto l’ospedale di S. Agata come polo di eccellenza ed è a Napoli che ci si deve muovere per attuare quello che la Regione ha scritto e detto nel piano Regionale della sanità”.
Quale iniziativa pensa abbia rappresentato meglio il suo mandato da Presidente?
“Da Presidente ho voluto porre in essere delle iniziative direttamente legate alla presidenza. Un esempio su tutti sono state le Giornate della Memoria, quindi la Shoah e le Foibe, organizzando direttamente con l’Ufficio di presidenza eventi, incontrando le scuole e ricordando gli eccidi che c’erano stati, al di là delle appartenenze politiche e della complessità storica. La violenza va sempre condannata e mai giustificata neanche ideologicamente. Le giornate della memoria, sotto la mia presidenza, sono diventate istituzionali”.
Cosa ha rappresentato il 12 marzo 2010 nella sua vita?
“Il 12 marzo 2010 fui oggetto di una serie di minacce con il recapito di alcuni proiettili. E' stato il giorno che ha segnato un momento importante per me a livello personale, ma anche per la vita delle istituzioni. Due giorni dopo, nel consiglio comunale straordinario, lessi un documento in cui volli sottolineare, oltre al turbamento umano che sentivo, anche una responsabilità grande: dare dignità all’istituzione che rappresentavo. In quel momento avevo due possibilità: farmi da parte o rilanciare la battaglia per la legalità. L’attacco è stato personale, ma anche alle istituzioni e perciò alla città, indipendentemente dalle appartenenze, dalle idee e dall’elettorato. In quell’occasione ho avuto modo di cogliere la vicinanza e l’affetto di tanti cittadini, anche lontani a me. Il 12 marzo 2010 è stato un momento importante perché dalla risposta che abbiamo dato dipendeva l’autorevolezza delle istituzioni e della maggioranza di S. Agata. Si poneva un problema politico oltre che istituzionale, ossia o cedere al ricatto o andare avanti. Ho scelto la seconda strada, quella più difficile.
Com’è cambiata la sua vita dopo quel giorno?
“Dopo il 12 marzo, per alcuni mesi ho vissuto una vita un po’ complessa sul piano personale e lavorativo perché sono scattate delle misure di sicurezza particolari. La cosa più triste è stata vedere la preoccupazione delle persone care. Scattano meccanismi particolare e tendi a restare solo anche come forma di tutela per le persone a te vicine, perché non conosci la veridicità della minaccia. E’ una sensazione che non auguro a nessuno: allontani la solidarietà e la vicinanza per senso di protezione”.
Sul piano investigativo e delle indagini come si è risolta la questione?
“Non concordo con chi dice che la Magistratura sia il cancro d’Italia e vada abolita. Da vittima di tempi troppo lunghi anche per le indagini dico che la magistratura va rafforzata. Nel mio caso, le indagini sono state condotte dal pm Nicoletta Giammarino, ma le procure sono oberate di lavoro, ci sarebbe bisogno di più personale per dare delle risposte ai cittadini. Il mio procedimento continua e, per quanto ne so, non è stato ancora archiviato, ma si è arenato perché non si è riuscito a fare più passi in avanti rispetto alle indagini. Io cerco ancora una risposta da cittadino”.
Che piega ha preso la sua vita politica dopo le minacce del 2010?
“Sul piano politico, abbiamo rilanciato. Dopo le dimissioni di alcuni componenti dell’esecutivo (ndr Giovanni Viscusi e Mario Petti) il sindaco e la maggioranza, nel dicembre del 2010, mi chiesero la disponibilità ad assumere un ruolo nell’esecutivo e dopo una riflessione collegiale ho accettato, non prima di dimettermi da presidente. Nessuna norma dello Statuto, del regolamento del consiglio comunale o nel testo unico delle autonomie locali mi vietava di mantenere il doppio incarico, ma l’esempio è importante e quando sei parte attiva di un governo, anche se locale, bisogna essere coerenti con quello che si predica. Anche se prima di me ci sono stati degli illustri predecessori che hanno svolto contemporaneamente la carica di presidente e di assessore, io ho ritenuto di non seguire questa prassi, perché il presidente deve essere super partes. Dopo di me, la carica di presidente è stata presa da Giancarlo Iannotta, con mia soddisfazione, perché a lui mi lega oltre quest’avventura politica, anche un rapporto di amicizia e non potevo augurarmi di meglio per la mia successione, senza nulla togliere al vice presidente Serino Cesare che ringrazio per la sua collaborazione. Mi ritengo fortunato, perché è vero che non ho mai svolto il ruolo di consigliere, ma alla mia prima esperienza politica sono stato eletto, ho fatto il presidente del consiglio e poi l’assessore. Ci sono colleghi che non hanno avuto la mia stessa fortuna di fare questo ‘cursus honorum’ in 20 anni di attività politica”.
Cosa le è rimasto dell’esperienza da Presidente del Consiglio?
“Questo impegno mi ha arricchito molto. Ho cercato di non dimenticare mai come ci si sentiva prima di ricoprire quei ruoli e cosa mi aspettavo io da chi faceva politica. Ho cercato di non dimenticare mai questo principio e forse la bussola del mio mandato è stata proprio questa. Fermarmi un attimo e dire: ‘Io devo dare una risposta. Da cittadino che risposta avrei voluto da un politico? In che modo e con che stile?’. Questo è stato il mio metodo. Spero di esserci riuscito. Sono sempre stato me stesso, chi mi conosce sa che le mie idee sono quelle di una parte, si sono evolute col tempo, ma continuerò ad essere lo stesso”.
Dopo la Presidenza è arrivato l’assessorato alla Cultura ed alla Partecipazione Popolare.
“Due impegni differenti. Nel ruolo istituzionale sei tenuto a rappresentare più che a fare e devi rappresentare con dignità, autorevolezza e responsabilità. Puoi e devi dare dei segnali, perché interpreti a tuo modo il ruolo che ricopri. Durante la presidenza ho cercato di dare un’impronta sociale al mio mandato. Il ruolo nell’esecutivo, invece, ti chiede di dare delle risposte, trovando i tuoi metodi e modi ed anche in questo può emergere la tua coerenza e la tua appartenenza politica. Sono contento di aver svolto due ruoli, in questo ordine, perché fare il presidente ha temperato molto il mio carattere. Sono sempre stato un uomo di parte e questa cosa mi spaventava all’inizio, perché sono abituato a dire sempre quello che penso. Questo non vuol dire che non l’abbia fatto, ma ho dovuto mitigare i toni, ho dovuto educare la mia indole e mi sono dovuto autoregolamentare. Un esempio che scatenò qualche polemica si è verificato con il problema del crocifisso. Dissi la mia da presidente laico, dopo di che ho avviato tutte le procedure (Capigruppo e commissione) per capire il consiglio come voleva muoversi in relazione alla vicenda. Alla fine il consiglio comunale decise che il crocifisso in aula non era una priorità. Se in quel momento fossi stato assessore avrei detto la mia in altri termini ed avrei motivato in un altro modo”.
La novità assoluta del suo assessorato è stata l’introduzione del ‘bando cultura’. Com’è nata l’idea?
“Quando le risorse sono poche in un comune molto vasto come S. Agata in cui mancano ancora delle priorità (rete fognaria, illuminazione adeguata) dovrebbe esserci più senso di solidarietà. La cultura che dovrebbe essere il petrolio dell’Italia ed anche a S. Agata dove potrebbe fare ‘sfaceli’ in senso positivo, ma se le risorse mancano le poche che ci sono, per senso di solidarietà, devono essere incanalate dove c’è più bisogno. Quando sono diventato assessore alla cultura le risorse erano al minimo, anche adesso, anche se con un leggero aumento. O rinunciavo a tutto oppure escogitavo uno strumento che mi permettesse di fare cultura senza avere disponibilità economica. Ho pensato che c’erano tanti cittadini che lavoravano nel campo della cultura, anche da tempo, ma tutti fuori da S. Agata, anche per i retaggi culturali a volte medievali che può avere il paese. Abbiamo deciso, allora, che volevamo far esprimere i santagatesei a S. Agata, dando al paese senza nulla in cambio. Questo l’incipit del bando che è stato costruito attraverso la partecipazione popolare ed attraverso una politica che si spoglia del proprio ruolo discrezionale e si pone nei confronti dei cittadini in modo partecipativo. Il bando ci permetteva di intercettare la voglia di dare alla città. Anche per invertire un’altra tendenza, secondo la quale spesso dietro alcune associazioni cosiddette culturali si nascondeva l’esercizio del libero arbitrio da parte delle amministrazioni e si nascondeva la possibilità di lucrare. Con il bando abbiamo fatto una scommessa e la maggioranza di cui faccio parte ci ha creduto: Lo abbiamo provato il primo anno ed abbiamo avuto successo, l’abbiamo riproposto e questo è il quarto anno. Ormai è diventato il nostro biglietto da visita dal punto di vista culturale. Si sono succeduti linguaggi artistici inusuali per S. Agata. Un esempio su tutti l’Accademia di Belle Arti di Napoli che si è adeguata ai nostri strumenti ed ha partecipato attraverso il bando per fare il ‘Festival del Bacio’. Siamo riusciti a far convivere nello stesso cartellone eventi differenti e con costi contenuti abbiamo avuto un ritorno d’immagine enorme e di presenze. Anche in scadenza di mandato ho voluto riproporre il bando perché sarò assessore fino all’ultimo giorno con le mie idee. E il bando, i fatti lo dimostrano, è stata un’idea vincente. Dopo le elezioni di maggio, se ci sarò io alla cultura andremo avanti, ma se dovessero esserci altri, il prossimo assessore si troverà un bando già svolto e potrà decidere se sfruttarlo o meno. Spero che questo strumento possa essere diventato parte integrante dell’amministrazione della città”.
Parlare di cultura a S. Agata vuol dire anche parlare del suo centro storico. Negli ultimi mesi è stato oggetto di attenzione particolare per il regolamento della Ztl. Qual è la sua opinione sul dispositivo?
“Parlare di Ztl mi da l’opportunità di evidenziare una buona pratica dell’amministrazione che sono gli incontri pubblici sui grandi temi. I cittadini devono sapere di cosa si occupa la pubblica amministrazione e cosa si fa, così come quando acquistano un prodotto ne studiano le caratteristiche. Le buone pratiche spero siano diventate parte integrante del modus operandi di S. Agata. Prima di noi sui grandi temi non si erano mai fatti incontri pubblici (ospedale, Ztl, Puc etc): si tratta di uno strumento che l’amministrazione Valentino ha voluto. Sulla Ztl sono stati due gli incontri e le decisioni sono state prese collegialmente, rispettando le prerogative di ciascun assessorato. Per la Ztl abbiamo ascoltato le prerogative dell’assessorato al centro storico e il Comandante della polizia municipale e nel rispetto delle leggi e di alcune prescrizioni (ndr. alcuni cittadini scrissero al Prefetto chiedendo di prendere provvedimenti sull’accesso al centro storico di S. Agata) abbiamo cercato di trovare la forma migliore per incominciare a porre in essere una regolamentazione del centro storico che per quanto mi riguarda è necessaria. La Ztl parte perché deve partire l’idea che il centro storico deve essere regolamentato. Siamo aperti a migliorare il provvedimento nel tempo, a restringerlo o allargarlo in base ai riscontri che avremo. E’ difficile trovare una risposta che accontenti tutti, noi abbiamo cominciato a dare una regola per il centro antico. Col tempo, si dovrà passare ad un regolamentazione che dovrà valorizzare al massimo le unicità del centro”.
Oltre al suo ruolo nella maggioranza di S. Agata, è sempre stato impegnato in politica. Come si è evoluta la sua posizione politica nel tempo?
“Ho sempre avuto interlocuzioni e rapporti con chi oggi è in Sel da quando ero al liceo. Quando è nato il Pd non vi ho aderito perché la mia appartenenza politica è di estrazione diversa e non credo nel progetto del Pd che con qualche leggerezza qualcuno dice che discende da quello che era il dettame di Berlinguer. Per me non è così: Berlinguer parlava di un compromesso storico con l’area progressista dell’allora Dc per la tenuta democratica del paese, pensava di rilanciare il ruolo del partito comunista come forza di governo, ma lo faceva alleandosi con la parte progressista della Dc, ma non ho mai letto un solo rigo che dicesse che l’anima progressista della Dc e del Pci dovessero unirsi in un solo partito. Credo che il Pd sia un aborto politico perché si è cercato di mettere assieme anime differenti. Sono sempre stato di sinistra e mi sono candidato da indipendente nella lista di ‘Alternativa Democratica’ che era una lista ad ossatura Pd con alcuni indipendenti, tra cui io. Per me Sel è stato l’approdo giusto. La mia idea è di una sinistra di governo che vuole stare nelle cose per cambiarle, per dare una visione sociale alla politica. Anche se sono critico per il modo di costituzione del Pd, c’è una matrice comune con i valori di Sel. Con loro bisogna allearsi: l’esempio è stato il progetto ‘Italia Bene Comune’, mentre oggi siamo all’opposizione, dopo gli ultimi tre governi (Monti, Letta, Renzi). A livello nazionale, dopo il pareggio delle ultime elezioni, abbiamo spinto per un’alleanza con un input di cambiamento che l’Italia aveva decretato con il voto al M5 Stelle, ma il Pd ha fatto altre scelte, si è tenuto Alfano e noi siamo all’opposizione”.
Per le prossime amministrative di maggio, nei 28 comuni che vanno al voto si sta lavorando al progetto ‘Sannio Bene Comune’. Di cosa si tratta?
“Si tratta di una bella idea nata dai segretari provinciali del Pd e di Sel per rilanciare l’alleanza di centrosinistra dopo questi tre disastrosi governi. Sembrava che il centrosinistra come lo abbiamo sempre inteso fosse scomparso, invece si vuole rilanciare questa alleanza nei 28 comuni che vanno al voto nel Sannio a maggio. A S. Agata veniamo da 5 anni di amministrazione con il Pd ed in alleanza con il Pd e siamo soddisfatti sia noi che il Partito Democratico di quello che abbiamo fatto. A scadenza di mandato per noi è quasi un obbligo ripresentarci con questa compagine che a differenza del 2009 che era formata da Pd e indipendenti, adesso sarà formata da Pd, Sel e gli indipendenti”.
Qual è il ruolo di Sel a S. Agata? E cosa ci sia aspetta dal suo partito per le prossime elezioni?
“Nelle istituzioni solo io l’unico rappresentante di Sel, ma sul territorio abbiamo creato un circolo, facciamo attività politica costante, abbiamo organi dirigenti, un segretario cittadino che è Giuseppe Maddaloni ed un direttivo vivo. A livello personale, fino allo scorso anno ho fatto parte della segreteria provinciale e faccio parte dell’assemblea provinciale di Sel. Nel tempo, non ci siamo mai fermati per S. Agata. Lavoriamo sul territorio cercando di dare delle risposte. Un esempio può essere il ‘caso Cantinelle’. Il 24 ottobre del 2013 Sel attraverso l’allora segretario regionale e deputato Arturto Scotto abbiamo fatto interpellanza al Ministro delle infrastrutture Lupi sulla Napoli – Bari per la questione di Cantinelle e non abbiamo ancora ricevuto risposta. Per quanto riguarda la politica santagatese, per il futuro non credo ci saranno problemi: l’alleanza tiene, si è qualificata sui fatti, ma bisognerà sedersi ad un tavolo e decidere i temi attorno a cui lavorare per continuare ad amministrare il paese. Di certo i segretari hanno già stilato l’intesa di massima e a S. Agata dobbiamo solo accordarci con il Pd e gli indipendenti e ricalibrare l’alleanza per il futuro. A Sel interessa fare un’alleanza sui contenuti. Noi siamo pronti a portare il nostro contributo di idee, proposte e progetti per il futuro. Stiamo preparando un documento per S. Agata e siamo pronti a continuare a lavorare per altri 5 anni, se i cittadini ci sceglieranno.
A poco più di due mesi dalle elezioni, a S. Agata sembra ancora tutto in alto mare, ad accezione della lista di governo e dei 5 Stelle. Non c’è poco tempo per organizzarsi?
“Si e no. Si se si pensa che mancano solo due mesi alle elezioni. No se si immagina che di norma i giochi vengono fatti all’ultimo momento. Spesso non si viene fuori in questa fase, perché i nomi che si fanno ora, poi si bruciano. Forse la prudenza in questo momento è per evitare proprio questo. Mi auguro solo che si possa trovare una sintesi da ambo le parti sui contenuti, sull’idea che si vuole avere di S. Agata. Per quanto mi riguarda e per la mia parte, la quadra si troverà nel tempo di un caffè. Veniamo da un’esperienza amministrativa forte in cui abbiamo condiviso tanto. Sarebbe deprimente partire dai nomi”.
Sembra quasi che all’opposizione si stia cercando l’antiValentino.
“Sono contro la personalizzazione della politica. Punto sulle proposte ed i contenuti. L’antiValentino la leggo come l’anti ‘Alternativa Democratica’ perché il sindaco uscente è stato colui che ha rappresentato tutta la maggioranza e questa dovrà presentarsi sulla base di un nuovo patto con gli elettori. Si deve proporre qualcosa agli elettori che devono saperlo leggere e poi scegliere. Non ci vuole Grillo per queste cose, per la partecipazione popolare, per una politica che si spoglia del proprio libero arbitrio ed esce dal palazzo ed ascolta i cittadini. Noi lo abbiamo fatto e nessuno di noi è grillino. Vogliamo continuare ad amministrare per fare ancora bene. Abbiamo legittime aspettative che ciò avvenga. Se così non dovesse essere, mi aspetto che dall’altra parte abbiamo trovato una quadra sulle cose da fare. I tempi sono cambiati, i cittadini sono più consapevoli e devono scegliere sulla base di quelle che sono le proposte per la città. Non mi interessa il nome dell’altro candidato, ma il suo programma se sarà alternativo e diverso dal nostro. Stiamo lavorando ad un programma ancora più ricco di quello presentano nel2009. Se ci saranno più liste vorrà dire che ci sono più voci da dover essere rappresentate. Il sistema elettorale, però, ti porta anche a fare delle alleanze”.
Quella che sta prendendo il via sarà la prima campagna elettorale nell’era dei social network. Che ruolo potranno giocare?
”I social Network, come Facebook o Twitter, sono ottimi strumenti di comunicazione. Ma comunicare è diverso da interloquire. Se usati per comunicare possono avere un ruolo importante, ma devono essere usati con attenzione. Sono però convinto che la campagna elettorale si giochi ancora secondo i metodi ed i modi tradizionali”.

Nella Melenzio



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