'Telesia' saccheggiata e vandalizzata. Fori ovunque, tombaroli scatenati

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Lo scorso 30 settembre nell’area sottoposta a vincolo archeologico nel comune di San Salvatore Telesino gli addetti del Mibact - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – denunciarono alle forze dell’ordine il rinvenimento in Contrada Pezze di circa 20 buche. Dai primi rilievi sarebbero meno di una decina le tombe depredate, all’interno della necropoli sannitica ritrovata durante dei sondaggi all’alba degli anni 2000. Dal massimo di un metro e mezzo a 7 cm: ecco il diametro delle buche e dei fori rinvenuti e tipici dunque del passaggio dei tombaroli nella zona telesina.

La zona interessata è adiacente alle particolari mura concave (mesopirgi) che cingevano la città di Telesia. La necropoli saccheggiata e vandalizzata dai tombaroli non è nuova a questo tipo di esperienze. Dal 2001 è già il terzo episodio – non si contano poi quelli avvenuti negli anni precedenti - riscontrato e l’interesse rinnovato da parte degli abusivi dello scavo archeologico è dunque sintomo di un interesse particolare che circonda non solo la colonia romana (il 90% è ancora interrato) ma anche il mercato nero ed il collezionismo. L’area visitata è riconducibile dalla prima metà del V secolo a.c. all’inizio del III secolo a.c. e dunque in piena epoca sannitica. Nelle varie sezioni di scavo portate avanti sia da privati – sondaggi obbligatori per costruzioni o impianti agricoli - e soprintendenza sono circa 80 le tombe ritrovate e moltissimi, oltre 160 i reperti facenti parte dei vari corredi funerari catalogati.
Ci raccontano gli addetti che oltre alle visite dei tombaroli sono assidui anche i danni riportarti da alcuni proprietari di fondi agricoli presenti nella zona con alle volte inconvenienti legati al fissaggio dei pali elettrici. Una delle chiese paleocristiane più importanti come quella di San Felice infatti è andata praticamente distrutta dalle trivelle per l’impianto vitivinicolo e vi rimangono solo tratti di fondazione. Nota positiva nonostante i tagli governativi, le difficoltà nell’acquisto dei fondi ed i frequenti stop al cantiere è la quasi ultimata fase di scavo dell’anfiteatro romano costruito all’uscita di Porta ad Capuam – zona Imperiale - coevo dicono gli esperti a quello della più famosa Pompei. L’imponente complesso potrebbe dunque a breve essere fruibile alla vista dei turisti e rappresenterebbe un tassello importante per l’economia del centro telesino. Ci sono volute per portarlo alla luce tre campagne di scavo, 28 anni di attesa e svariati milioni di euro.

Se dunque ci sono buone notizie da un lato, non troppo positive sono quelle che invece riguardano il resto della zona archeologica e i ‘ruderi emergenti’. Se grazie alla spesa affrontata dall’ente comunale di San Salvatore Telesino sono state ripulite le ‘Terme di Teseo’ e il ‘Castellum aquae’ versano nel degrado e nell’incuria tratti di mura – alcune puntellate e a rischio crollo – la Cisterna, la cosiddetta ‘Culla di Sansone’ e l’altra struttura termale di rara bellezza dedicata a Venere Marina.
Quello dei lavoratori della soprintendenza sul territorio comunale di San Salvatore Telesino è un impegno difficile e rischioso che alle volte ha compreso anche minacce, nel caso in cui si segnalino e si denuncino delle irregolarità.
Freni quelli messi negli ultimi anni che vanno a contrastare soprattutto l’abusivismo figlio delle politiche degli anni 80. Controlli serrati che denotano un lavoro abnorme per i soli tre addetti che il Mibact ha stanziato a San Salvatore. Lavoro quello di sorveglianza che molte volte è impedito anche dalla fitta vegetazione e flora locale, nascondiglio perfetto per i tombaroli come accaduto sempre qualche anno fa in un’altra località del territorio sansalvatorese, ovvero le tombe sempre di epoca sannitica ritrovate a C.da Varco.
Un territorio e un tesoro quello che nasconde l’antica colonia Herculea Telesina che è patrimonio di un passato glorioso tra i quali annovera non solo Caio Ponzio Telesino leggendario condottiero che guidò i Sanniti nella vittoriosa battaglia delle Forche Caudine (321 a.c.) ma anche Annibale, Quinto Fabio Massimo (seconda guerra Punica 214 a.c.), Lucio Cornelio Silla (che la distrusse dopo la vittoriosa battaglia dell’82 a.c. contro la Lega Italica), I temibili Saraceni, Tancredi di Lecce ed essere poi nominata da Tito Livio e Polibio nei propri scritti. La città fu abbandonata definitivamente dopo il terremoto del 1349, dal quale poi scaturirono le sorgenti d’ acqua solfurea. Continuò comunque ad essere centro importante della valle visto che a poca distanza nacque sulla Via Francigena l’Abazia Benedettina del Santo Salvatore che ospitò santi e teologi come Anselmo d’Aosta e re come Ruggero II di Sicilia, amico importanti del complesso monastico fu anche Federico II di Svevia, mentre altri come Carlo II di Napoli, Carlo II d’Angiò ne segnarono il destino. Fu culla di cultura e da essa scaturirono testi unici come il Cur Deus Homo, Ystoria Rogerii regis Sicilie Calabrie atque Apulie e l’unico codice miniato telesino arrivatoci ora conservato a Rimini.
Un patrimonio che potrebbe rimanere incustodito vista la possibilità non remota della chiusura tra qualche anno dell’ufficio staccato della soprintendenza.
“Se per i tombaroli è dunque importante tale luogo ed è ancor di più richiesto e ricco ciò che è possibile trovare all’interno dell’area archeologica, è ugualmente importante appellarsi – dicono gli addetti – a chi di dovere per la salvaguardia di questo pezzo unico e raro, serbatoio delle nostre radici”.

Michele Palmieri



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