"La vita che si ama". Al Massimo la lectio magistralis di Roberto Vecchioni - FOTO

20:23:38 4115 stampa questo articolo
Roberto VecchioniRoberto Vecchioni

“Se potessi vivere di nuovo la mia vita lo farei, pur centuplicando i dolori che mi ha riservato”.

“La felicità non si definisce, c’è, c è sempre, e non solo negli attimi che sconvolgono il cuore, ma nella consapevolezza sognante e progressiva dell’esserci e non subirla, la vita”. E’ la prima riflessione con cui Roberto Vecchioni apre il suo nuovo libro, “La vita che si ama” e la lectio magistralis presso il Teatro Massimo di Benevento questo pomeriggio, a conclusione del ciclo “Stregati da Sophia”, festival della filosofia organizzato e coordinato dalla prof.ssa Carmela D’Aronzo.

“Se potessi vivere di nuovo la mia vita lo farei, pur centuplicando i dolori che mi ha riservato”. Spiazza la platea Vecchioni con le dichiarazioni sulle vicissitudini della sua vita personale che, accanto alle gioie private e professionali, non gli ha lesinato problemi seri. Il cantautore lascia intendere che la felicità, quella cui tutti noi si anela, è solo il boato, il picco di intensità con cui a volte la vita vuole sorprenderci. Ma, avverte, non si può pensare di ridurre il percorso vitale alla ricerca della felicità, se non intesa come ricerca di alcuni punti fermi della nostra vita. Tra questi vanno sicuramente annoverate le relazioni umane, che ci arricchiscono. Già i Greci avevano individuato etimologicamente per le parole “altro” e “amico” (ἕτερος e ἕταιρος) una stessa radice etimologica. D’altra parte, Il desiderio di arrivare ad ottenere ciò che non abbiamo è insito nella nostra stessa natura e nell’etimologia del termine, che si fa derivare da “desum”, mancare, e dunque anelare a raggiungere. Sarebbe un errore però lasciarsi imbrigliare dalla pura ricerca di quel botto di felicità, perché effimero e fugace. Meglio pensarla come una presenza costante da ritrovare nella vita tutta, in tutto quello che ci riserva, imparando a saperla intravedere ma anche a non lasciarci abbagliare. “Voi siete fortunati perché a scuola potete avvalervi del supporto dei vostri docenti, facilitatori della vostra crescita interiore, che non può, per definizione essere scevra di salite, di percorsi impervi, perché il concetto di lotta è insito nella vita stessa. “Sarete inevitabilmente esposti ai venti e alle tempeste”. Eppure, conclude Vecchioni, “bisogna saperlo governare questo tempo, non naufragarci dentro”. A scuola potete attingere dai miti greci per ritrovare le radici ontologiche dell’essenza umana”. Il cantautore rifugge la definizione contemporanea del mito, mera ricerca dei falsi idola e invita i ragazzi a riandare ad alcuni miti greci, come quello di Dioniso, riportato alla vita da Zeus, che ne rimette insieme i pezzi partendo dal cuore. Il cuore, centro della vita e degli affetti. “Dove c’è cuore c’è tutto”, sottolinea Vecchioni. Vivete il tempo verticale, quello dedito alla ricerca di voi e di quanti possano completarvi”. Non è facile, avverte, ma i grandi della letteratura, Leopardi su tutti, ci hanno insegnato che si può fare; che dopo la tempesta torna sempre il sereno.
In occasione dell’ultimo meeting del festival della filosofia sono stati premiati quattro studenti per il concorso “Io filosofo” con tre borse di studio offerte dall’Università del Sannio. Si tratta di Angela Macolino- classe 1 F- liceo classico “P. Giannone” (BN); Daniele Vernillo- classe V E- liceo scientifico “G. Rummo”- (BN); Caterina Cuozzo- classe IV A- liceo classico “A. Lombardi”- Airola (BN). Una borsa di studio, offerta dalla famiglia Cocca in memoria del prof. Diodoro Cocca, è stata attribuita a Maria Giovanna Russo – classe V B.S.A- liceo “G.Guacci” (BN).

Sonia Caputo



Articolo di Letteratura / Commenti