A Telese scalzi, per chiedere corridoi umanitari e accoglienza

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Due bimbi alla marcia delle donne e degli uomini scalziDue bimbi alla marcia delle donne e degli uomini scalzi

Si è tenuta nel pomeriggio, a Telese Terme, la “Marcia delle donne e degli uomini scalzi” un’iniziativa lanciata alcuni giorni fa da personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. Appello che ha raccolto le adesioni di migliaia e migliaia di persone in tutto il territorio nazionale. 60 le città in cui si sono svolte le marce, punto nevralgico è stato Venezia dov’è in corso il Festival del Cinema.

“Certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature; accoglienza degna e rispettosa per tutti; chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti; creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino”, chiedevano questo gli uomini e le donne ‘scalzi’ scesi in piazza questo pomeriggio a Telese Terme, su invito della Cgil di Benevento. Tante le adesioni, dall’Associazione Culturale l’Agorà a Barak, dall’Anpi all’Aido, le Acli e l’Arci passando per la Social Lab 76 e giungere ai sindaci dei comuni Telese Terme, Benevento, Arpaise, Dugenta, Melizzano, Molinara, Montesarchio, Reino, Sant’Agata de’ Goti, Vitulano.

Le nubi dense che minacciavano pioggia, si sono subito colorate facendo da cassa di risonanza alle tante voci, i tanti idiomi e sorrisi e abbracci che hanno animato prima piazza Salvo D’Acquisto – luogo del ritrovo – e poi Viale e Piazza Minieri.

Lungo il percorso, al corteo, si sono aggiunte persone che hanno poi dopo pochi passi tolto le scarpe così come recitava il titolo della marcia e curiosi, uno scambio culturale, un modo semplice di dire guarda anche io seguo scalzo il percorso insieme a te.

Inevitabile non riuscire a guardare negli occhi quei ragazzi, molti non superano i 25 anni, e scambiare con loro qualche parola. Alagy ad esempio viene dal Gambia, quando gli chiedo di cosa ha più bisogno, mi dice i documenti, “perché altrimenti non posso proseguire il mio viaggio”. Ad un certo punto, quando gli domando come si sente qui oggi in strada, risponde sorridente che sente “di essere giunto in una grande famiglia” ed inizia a parlarmi di un viaggio lungo, del barcone con 92 persone a bordo che stava per affondare quando poi è stato tratto in salvo.

Alagy in Gambia aveva una famiglia composta da 10 persone, ha perso i genitori ed è partito alla volta dell’Europa per provare a dare un futuro migliore alle sorelle ed ai fratelli rimasti in Africa. Moses invece ha corso, ha corso tanto per fuggire lontano dalle brutalità di Boko Haram e da un regime a cui la mamma politica locale si è sempre opposta e per questo è stata uccisa insieme a tutta la sua famiglia. Moses si è salvato, si notano ancora i segni delle pallottole sul corpo ed ha deciso di partire, la Nigeria non era più un posto sicuro. È arrivato in Libia dove ha lavorato per tre mesi come bracciante in condizioni di schiavitù e subito altre violenze, si notano i denti fracassati, poi bendato e minacciato prima di fargli scomparire il volto è stato messo su di un barcone insieme ad altre 1000 persone lasciato salpare per le coste della Sicilia.

Storie che lasciano il segno in chi ascolta, e ferite profonde, alle volte insanabili in chi le vive. Come si può, innalzare un muro di fronte a tutto ciò? È una domanda che sorge spontanea e che viene subito smentita dall’intervento finale di Raffaele Simone, che citando Einestein prova a dire ai presenti che “facciamo tutti parte di una sola umanità” ed usa come dimostrazione il ritrovamento dell’Homo Naledi che definisce “nonno”. “Siamo – continua – in marcia da sempre, ed è grazie a questo cammino che si è creata l’Europa, in cui tutti siamo cittadini”. Simone smentisce anche chi parla di ‘emergenza’, dicendo che qui l’unica che abbiamo davanti “è una battaglia culturale”. 

Rosita Galdiero, segretario della Cgil, è un fiume in piena “dovete pensare che gli immigrati nel Sannio producono il 7% del Pil”, un’enormità in una provincia in cui i dati su lavoro ed occupazione non sono poi così confortanti. “Bisogna capire – prosegue la numero uno del sindacato – che il diverso è ricchezza ed abbiamo scelto Telese proprio per rispondere a qualche sindaco. Siamo qui a piedi scalzi per mandare un messaggio all’Europa ed al Governo e far capire che chi imbocca il percorso del Mare Nostrum lo fa con un sogno e non sono un problema di sicurezza, perché se nel Sannio non ci fossero, molti nostri Istituti Scolastici sarebbero stati chiusi”.

Probabilmente, bisognerebbe dunque offrire speranze e non muri ma c’è un muro molte volte invalicabile: la lingua. Quel muro c’è chi prova ad abbatterlo, chi prova a dare gli strumenti giusti in modo da riuscire a farla costruire a loro stessi la speranza, come l’Associazione Culturale l’Agorà, presente in piazza insieme ad alcuni ragazzi della scuola di italiano ‘Blablabla’ e la sua presidente, Manuela Zuzolo. “Siamo qui in piazza – dice – perché qui possiamo raccogliere quello che da tempo facciamo insieme ai ragazzi, proviamo a dargli voce ad integrarli a dargli diritti”.

Già, il punto focale è proprio la mancanza di diritti, e si ci mette in marcia per andargli incontro. C’è chi però ha fatto una scelta, quella di continuare ad offrire opportunità, porte aperte e non posti letto, non entrare nel business dell’accoglienza. È l’esempio della Social Lab 76, anch’essa in piazza anche protestare “per il modo in cui è gestito il sistema stesso dell’accoglienza. Noi – dice Maria Grazia Di Meo – in effetti non abbiamo servizi attivi ma ‘porte aperte’ e siamo disponibili a fornire indicazioni di carattere legale e informazioni su servizi attivi sul territorio a chiunque avendo in passato gestito con il consorzio Amistade”.

In piazza anche le Acli con il presidente Filiberto Partente che ha chiesto che “tutti facciano la propria parte, se oggi siamo in piazza è per chiedere più dignità per dire no alla barbarie”. Gli fa eco Ramona, anch’essa delle Acli, “lo spirito cattolico – dice – sta smuovendo le coscienze, anche perché lì dove lo Stato si tira indietro arriva la Chiesa. Se siamo qui oggi è per dire che non bisogna respingere le persone, infondo siamo tutti migranti”.

In piazza anche alcuni componenti della politica Telesina, dagli Assessori Teresa Teta e Filomena Di Mezza al Consigliere provinciale e di opposizione Aceto. Proprio l’ex esponente di Sel ha voluto ribadire come i “dettami ed i muri dell’Ue, in realtà siano stati scavalcati dai popoli stessi che si sono dimostrati avanti anni luce, costringendo i governi a dare risposte. Siamo qui in piazza – rincara Aceto – anche per dire no ai rigurgiti di un passato che ritorna attraverso la xenofobia ed il razzismo”.

Non solo però politici, associazioni, sigle e sindacati in piazza ma anche giovani come Massimo appena tornato dall’Irlanda dove fa l’infermiere, anche lui costretto ad emigrare dal Sannio, “con il cuore più leggero e con una situazione sicuramente diversa alle spalle”, precisa, ma credevo fosse giusto esserci ed a chi parla di ‘invasione’ dice, “provate anche voi a vedere come si sta dall’altra parte del muro”. Che dire se non “Refugees Welcome”.

Michele Palmieri

 

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Marcia delle donne e degli uomini scalzi a Telese



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