Asili nido nelle aree montane: pochi posti e servizio poco diffuso. La situazione nel Sannio

10:45:38 1935 stampa questo articolo
Asilo nidoAsilo nido

L’Italia presenta un territorio disomogeneo, sia sul piano territoriale che culturale e sociale, ed è dunque necessario rendere diffusi i servizi.

Quanti sono i servizi per i minori(asili nido)? Sono così diffusi da risultare accessibili? Come sono le condizioni dei minori nelle periferie e nelle zone meno popolate o montane? E nel Sannio? Aggiungiamo noi. Sono queste le domande alla base della ricerca svolta da Openpolis con il contributo dell’Impresa Sociale - Con i Bambini e basata su dati Istat e sui dati del MEF(Ministero Economia e Finanze).

Partiamo da un assunto. L’Italia presenta un territorio disomogeneo, sia sul piano territoriale che culturale e sociale, ed è dunque necessario rendere diffusi i servizi. Se è vero che la metà della popolazione abita in zone pianeggianti (parliamo 23.2% del territorio) il resto vive in territorio collinare che rappresenta il 41.6%, e quello montano 35.2% del territorio nazionale.

In quest’ultima ripartizione vive circa il 12% della popolazione residente e l’11% di minori. In pratica spiega Openpolis: “Se si conta solo la montagna interna, ovvero i territori montani dell’entroterra, ci vive circa una persona ogni 10. Quota che in rapporto ai soli minori è sensibilmente inferiore (9,3%)”. Ora, credere che bastino pochi servizi per le aree meno abitate non fa altro che rendere marginale la questione perché una presenza minore di servizi non fa altro che peggiorare la qualità della vita ed incita il fattore dell’emigrazione e dunque dello spopolamento dei territori interni. Certo, l’organizzazione dei servizi nelle aree interne può ritenersi un processo più complicato così come potrebbe esserlo la distribuzione ma ciò non può penalizzare chi quelle aree le abita.

Quanti bambini e adolescenti vivono nelle aree montane

La percentuale dei bambini che abita nelle aree montane si attesta intorno al 10%, cifra che però può variare in base alla regione: logico che una regione alpina presenti un numero di minori maggiore rispetto ad un’altra. Infatti, le regioni con la maggiore presenza di minori (dai Istat 2016) sono Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta con il 100%, a seguire vi sono Molise, Basilicata ed Abruzzo con rispettivamente il 46.5%, 40.4% e 26.3%. Non sfugge la Liguria che presenta il 41.9% di presenza in zona di montagna litoranea. A seguire vi sono poi Calabria e Umbria con il 10.9% e 16.6%.

A questi dati vanno però aggiunti dei fattori: condizione economica e condizione sociale e questo può essere ricostruito grazie all’incrocio dei dati sui redditi (2015) con quelli sulla zona altimetrica del comune. Manco a dirlo, in questa speciale classifica spicca il Sud con Puglia, Sardegna, Campania, Sicilia, Abruzzo, Molise e Basilicata che presentano il maggior numero di comuni montani nell’ultimo quartile di reddito. Insomma: i comuni del Mezzogiorno presentano un reddito più basso e questo dato è ancora più accentuato nelle aree interne ed è possibile notare proprio come questa differenza, al Sud, sia netta. Ad esempio, in Campania i comuni nell’ultimo quartile di reddito rappresentano il 63%, i comuni montani nell’ultimo quartile di reddito raggiungono invece l’85% con una differenza marca e pari al 22%. Questa analisi – forse semplicistica – sta ad indicare, inoltre, come potrebbe essere decisiva la presenza di servizi dedicati ai minori, alleviare le difficoltà sia logistiche, che economiche, che sociali. Inoltre, l’assenza di tali servizi tende a far diminuire la presenza di famiglie giovani.

“Ovviamente - spiega Openpolis – si tratta di una semplificazione che non ci consente di fare valutazioni sulla effettiva condizione economica di ciascuna zona (ad esempio non tiene conto di altri parametri come il costo della vita). Però ci permette di confrontare, per ciascuna regione, la quota di comuni montani nella fascia di reddito basso rispetto al totale dei comuni. In modo approssimativo può aiutarci a capire se e quanto sono profonde le differenze tra le aree montane rispetto al resto del territorio regionale”.

I servizi e la spesa

Uno dei primi servizi per l’infanzia sono gli asili nido. Anche il Consiglio Europeo nel 2002 agli Stati membri ha stabilito che bisogna offrire servizi di prima infanzia almeno al 33% dei bambini sotto i 3 anni. È però anche vero che la crisi del 2008 ha di fatto dato il via libera alla scure dei tagli e questo ha inciso non poco sui bilanci e sulle voci Istruzione e Servizi( da 72 a 65 miliardi). Un dato, conclamato, e ripreso anche dal rapporto dell’Osce “Education at a glance 2018”, che indica come le percentuali statali della spesa pubblica – inerenti all’Istruzione – abbiano avuto una notevole contrazione. L’Italia nell’Istruzione e dunque nell’educazione spende il 3.9% di PIL(la media europea è del 4.7%, il Belgio spende il 6.4% e la Slovenia il 5.6%) e già prima della crisi la posizione in classifica per percentuale di spesa in istruzione rispetto al PIL non era delle migliori mentre nel 2016 siamo stati addirittura collocati al quintultimo posto (in base a dati Eurostat) tra i 28 paesi europei.

In provincia di Benevento i minori di età tra 0 e 2 anni residenti nei comuni montani sono 2475, i posti in servizi di prima infanzia nei comuni montani sono 120. In percentuale i posti nei servizi è del 4.85%. In provincia di Caserta i bambini risultano essere 404, i posti 30 ed una media del 7.43%. In provincia di Avellino i bambini sono 4092, i posti 212, con una media del 5.14%. In provincia di Salerno il numero dei bambini è di 1370, i posti 25 con una media dell’1.82%. Insomma, la copertura di servizio non è ottimale ed anche prendendo in analisi il “grado di montanità” le regioni del Nord risultano più servite di quelle del Sud. 

M.P.



Articolo di Attualità / Commenti