Cives. Terzo incontro con Franco Riva su ‘Il diritto alla città come fondamento della democrazia’

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Una riflessione sul diritto di cittadinanza e sul ruolo a cui è chiamato ogni singolo cittadino è stato il tema del quarto incontro di “CIVES - Laboratorio di Formazione al Bene Comune”, svoltosi ieri 5 dicembre. Nella sala del Centro di Cultura “Raffaele Calabrìa” della Diocesi di Benevento, Franco Riva, docente di Etica Sociale presso l’Università Cattolica di Milano, ha tenuto il proprio intervento, contribuendo a dare un utile fondamento di taglio maggiormente filosofico alle premesse del corso. “Oggi le città sono diventate dei ricettacoli di problemi dovuti soprattutto alla globalizzazione – ha esordito Ettore Rossi, direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento, nell'introdurre l'incontro – . I cittadini e i governanti devono assumersi il compito di pensare sviluppi per queste contraddizioni: delle soluzioni interne per problemi esterni. Il diritto alla città non può essere considerato individuale, bensì collettivo e capace di trasformare il processo cittadino”. Ricorrendo all’episodio biblico di Caino e Abele, Riva ha introdotto il proprio intervento, “L’essere “fratelli” e “responsabili”, l’uno dell’altro, si misura sempre in un luogo, un dove. Il tema del diritto alla città si piega a quello della cittadinanza, che non può essere mai costituita esclusivamente da doveri, senza diritti. Oggi non possiamo definirci “cittadini del mondo” se non abitiamo dei luoghi precisi e non possiamo abitare questi luoghi senza avere una radice nel mondo”. Riferendosi poi alla Dichiarazione dei Diritti Universali del 1948, il docente ha sottolineato l’ambiguità che allora sanciva il diritto alla cittadinanza come speculare a quello nazionale, e la contraddizione che si offre tra l’aspirazione universalistica del diritto alla città e le difficoltà ad entrare poi nelle dinamiche cittadine. “La radice della cittadinanza – ha continuato Riva – è la pratica dell’accoglienza: se non si parte da qui, è impensabile denunciare poi mancanza di lavoro, opportunità ecc. Il diritto alla città esiste solo in funzione dei luoghi di vita: essi sono la cartina al tornasole dell’aspirazione al diritto universale. Nella vita quotidiana, però, esso da un lato non diventa mai possibilità per tutti, e dall’altro, nei luoghi dove è presente, viene addirittura eroso, rendendo il cittadino uno straniero”. E proprio su questo legame indissolubile tra diritto e socialità umana, e il ruolo fondamentale che giocano le buona pratiche di accoglienza, Riva ha insistito più volte: “In realtà, la storia dei diritti ci insegna che questa non è altro che l’insieme dei tentativi che il diritto alla cittadinanza ha sempre cercato di esprimere: sottolinea la fatica della cittadinanza che proprio per farsi universale deve calarsi necessariamente nei luoghi di vita. In questo senso, l’accoglienza ha un segreto, cioè, la rovesciabilità continua: chi accoglie diventa a sua volta accolto. Ogni singolo gesto di accoglienza è la denuncia che alcuni diritti non sono garantiti a tutti; per questo non può esserci democrazia se non nei luoghi, con una doppia apertura: verso l’universale e il contesto. Come vedete, interrogarci proprio su questo “dove” diventa imprescindibile. Non dimentichiamo che lo stesso Natale comincia con qualcuno che non ha trovato posto nella città: il “dove”, è dunque il vero tema della responsabilità verso l’altro”.



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