Ecco a voi Groppone da Figulle storia di un mito e d’un uomo

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Roma, ADN - Come Don Abbondio nel leggere di Carneade di Cirene, il mio unico lettore si sarà posta l’analoga domanda: “Groppone, chi era costui?”. Che il personaggio non fosse gran che noto l’avevamo intuito quando, nel monicelliano “L’armata Brancaleone”, il protagonista si presentava ponendo alla sua futura scombinata armata il quesito: “Avrete sentuto, suppongo, lo nome di Groppone da Figulle?”.
La risposta del goto Mangoldo coincideva con quella dell’unico lettore: “Mai coverto”. “Groppone da Figulle - precisava Brancaleone - fue lo più grande capitan di Tuscia ed io son colui che con un sol colpo d’ascia lo taglioe in due”.

L’accostamento a un personaggio dell’improbabile epopea “brancaleonica” mi è parsa adatto ai raccontini delle mie esperienze. Il film e il successivo “Brancaleone alle crociate” costituiscono miei miti, di cui “assumo” dosi notevoli nei momenti di “scoramento”. Condivido la passione con un amico dilettandoci a improvvisare dialoghi fatti di citazioni e organizzando proiezioni ad oltranza, accompagnate da libagioni preparate da mia moglie (contagiata senza rimedio).
E poi per Brancaleone ho un affetto particolare, legato all’ammirazione per il suo interprete (il sommo Gassman) con il quale, una dozzina di anni fa, feci una simpatica chiacchierata. Ricordo che mi si avvicinò chiedendomi dove fosse il mio professore. Si presentava imponente, in un elegante cappotto, col volto solcato dalla malattia e dagli anni e coperto da una barba appena curata.

Sono certo che il Priamo del secondo canto dell’Eneide si presentasse con lo stesso aspetto di regale canizie agli occhi dello sterminatore Pirro. “È in quella stanza, Maestro” gli risposi. E lui di rimando: “Maestro lo dice a sua sorella, sa maestro invecchia”. Mi sciolsi in iperbolici (ma sinceri) elogi per giustificare quella definizione e gli contestai il duro giudizio che gli avevo sentito dare di se stesso qualche sera prima in televisione.
“Nella mia vita sono stato scadente nei numeri interi, ma grande nei numeri decimali”. Il problema era che tra i decimali includeva la sua attività di attore! “È un mestiere da pagliaccio, non come il suo che è un lavoro serio”, mi disse; e quando gli feci notare che con il suo lavoro aveva regalato momenti di felicità a tante persone ci avventurammo in una discussione sul ruolo catartico dell’attore. Mi augurò ogni bene per il mio futuro, e sorrise quando lo rimproverai perché voleva fumare. Non se ne fanno più così. Ma come direbbe Brancaleone: “Bando agli scoramenti!”
Groppone da Figulle



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