L'opinione. Alla ricerca della legge elettorale perduta

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Una nuova legge elettorale è necessaria. Prima di tutto per evitare l’ingovernabilità. Le forze politiche sono profondamente divise, ma la soluzione di compromesso potrebbe essere un ritorno al passato. Quali sarebbero i vantaggi di un Mattarellum rivisto.

Condannati all’ingovernabilità? Finito il congresso del Pd, eletto il nuovo segretario, è urgente che si trovi una soluzione al problema della legge elettorale. Il risultato del referendum costituzionale e la successiva sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum hanno lasciato il paese privo di regole elettorali uniformi alla Camera e al Senato, mentre il Presidente della Repubblica ha già segnalato la sua indisponibilità a consentire elezioni anticipate senza che vi sia una nuova norma. D’altra parte, non si può neanche passare i mesi che mancano alla fine di legislatura in una continua campagna elettorale, senza peraltro conoscere come si andrà a votare, cioè quali saranno le forze e i programmi in campo.

Il punto da cui partire per definire una nuova legge elettorale è il rischio più elevato che il paese corre: l’ingovernabilità. Sulla base dei sondaggi e degli ultimi risultati elettorali, sembra assai improbabile che una qualunque lista possa vincere il premio di maggioranza alla Camera e anche se ci riuscisse ci sarebbe poi il problema di trovare i voti al Senato. È anzi possibile, come in parte è già successo in passato, che Camera e Senato esprimano due maggioranze alternative.

Il rischio esiste sempre perché le due camere hanno gli stessi poteri, ma un diverso elettorato attivo e passivo, oltre all’esistenza dei vincoli costituzionali sul Senato che ne prevedono l’elezione su base regionale. Ma naturalmente il rischio verrebbe amplificato dalla presenza di due leggi elettorali distinte per le due camere. Dunque, bisogna almeno unificare la legge elettorale

Un necessario ritorno al passato - Oggi, però, le forze politiche sono divise tra chi vuole un sistema proporzionale per decidere dopo il voto con quali forze allearsi e chi invece vuole un sistema che costringa i partiti ad allearsi prima del voto. E naturalmente i piccoli e grandi partiti hanno opinioni diverse sulle soglie di voto necessarie per ottenere seggi in parlamento.

Un bel rebus, su cui sembrano essersi impantanati sia il Parlamento che il sistema politico. La soluzione che ci sembra più semplice e realistica potrebbe allora essere un “parziale” ritorno al passato, riportando l’orologio al 1993. Si tratterebbe cioè di riprendere in mano il cosiddetto Mattarellum, che prevedeva l’elezione del 75 per cento dei membri delle Camere su base maggioritaria uninominale e il restante 25 per cento su base proporzionale. Correttivi da inserire dovrebbero riguardare l’impossibilità di candidature multiple per la parte proporzionale, benché la sentenza costituzionale sull’Italicum non le abbia escluse di principio, ed eventualmente una riduzione della quota maggioritaria, per superare il veto delle forze proporzionaliste.

Le motivazioni che spingono in questa direzione sono numerose. Innanzitutto, il Mattarellum sembra aver funzionato bene (anche se non benissimo) durante il periodo 1994-2005: solo una volta sono state indette elezioni anticipate, anche se il numero di governi che si sono succeduti è stato notevole (due nella prima legislatura, quattro nella seconda e due di nuovo nella terza). La legge è già stata sperimentata per oltre un decennio e non sembra correre il rischio di nuove sentenze negative della Corte costituzionale. Partiti e cittadini la conoscono già e sono attrezzati a utilizzarla nel modo migliore. E, in fin dei conti, la legge avrebbe forse potuto funzionare meglio se fosse rimasta in vigore più a lungo.

Forse però il vantaggio principale del Mattarellum è il collegio uninominale, che renderebbe più stretto il rapporto tra eletti e elettori – un vantaggio non da poco visto il generale discredito in cui è finita la classe politica nazionale. L’eventuale inclusione di voti di preferenza in liste proporzionali non raggiungerebbe lo stesso obiettivo.

Rivedendolo in modo appropriato, poi, il Mattarellum potrebbe forse rappresentare un compromesso accettabile per i vari partiti o almeno per i principali perché incentiva, ma non impone, accordi pre-elettorali tra forze politiche diverse (ricordate gli accordi di desistenza?) e comunque ci sarebbe sempre la possibilità di recupero proporzionale per chi non vuole allearsi, con soglie che potrebbero essere fissate a un livello sufficientemente basso da consentire anche alle forze piccole di ottenere seggi. Il collegio è naturalmente inviso alle forze politiche che pensano di avere candidati deboli sul territorio, ma potrebbero sempre fare affidamento sul proporzionale e comunque la ricerca di buoni candidati dovrebbe essere l’obiettivo di una qualunque legge elettorale decente.

Intendiamoci, neanche il Mattarellum garantirebbe con certezza la governabilità. Con due Camere con gli stessi poteri ma elettorati diversi e con tre forze politiche di dimensioni analoghe, oltretutto profondamente divise al proprio interno su temi fondamentali (quali il rapporto con l’Europa) e nel caso del Movimento 5 Stelle indisponibile a priori ad allearsi con chiunque, non esiste alchimia elettorale possibile che assicuri la formazione di un governo con una solida maggioranza. Ma sarebbe un passo avanti.

Paolo Balduzzi* e Massimo Bordignon** Tratto dal sito www.lavoce.info per gentile concessione

* Ricercatore in Università Cattolica, dove insegna Scienza delle finanze
** Professore ordinario di Scienza delle Finanze all'Universita Cattolica di Milano



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