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30/7/2022 :: 11:3:21

La politica alle prese con l'eterna questione dei taxi

Taxi
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Per permettere l’approvazione del Ddl Concorrenza è stata stralciata la norma sul riassetto dei taxi. Il punto nodale era l’apertura a nuove licenze e alla concorrenza nel loro rilascio. Ma il motivo per riconoscere compensazioni ai tassisti è un altro.

Dal 2017 a oggi - Nel 2017 la nostra prima legge annuale del mercato e della concorrenza delegava il governo a riformare il mercato degli autoservizi pubblici non di linea. Non se ne è fatto nulla e a distanza di cinque anni la storia si è ripetuta: stavolta è andata addirittura peggio perché la norma prevista dal disegno di legge (sempre “annuale” della concorrenza) presentato dal governo a dicembre 2021 è stata cancellata come contropartita – fra le tante altre – dell’approvazione del Parlamento, ancora da venire.

Poco male tutto sommato, verrebbe da consolarsi, perché sarebbe arduo considerare la materia, unitamente alle concessioni balneari, di primaria importanza per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per le sorti della Patria.

L’articolo 8 del disegno di legge del governo riprendeva pressoché testualmente la precedente legge, salvo aggiungere (i) la “riduzione degli adempimenti amministrativi a carico degli esercenti gli autoservizi pubblici non di linea e razionalizzazione della normativa, ivi compresa quella relativa ai vincoli territoriali, alle tariffe e ai sistemi di turnazione” (c. 1, lett. c) e (ii) la “promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati” (c. 1 lett. d).

Sulla carta non si sarebbero dovute vedere (non occhio nudo) particolari criticità quanto al punto (i). Anzi: i beneficiari delle semplificazioni amministrative avrebbero potuto essere tutti gli operatori; quanto alla razionalizzazione della normativa, se impostata orizzontalmente, avrebbe potuto portare a fissare quel «level playing field» che oggi oggettivamente penalizza i titolari di licenze taxi, unici a essere gravati da obblighi di servizio pubblico, e per questa via si sarebbe ridotta parte degli oneri differenziali a loro carico.

Sarebbero però rimasti comunque obblighi non gravanti sui concorrenti Ncc e Uber, a pena di ingessare il mercato: sostanzialmente l’obbligo di accettare il cliente, copertura h24 del servizio, prezzi regolamentati, limiti territoriali per operare. In sostanza, l’obbligo di garantire il servizio universale. Giusto quindi prevedere forme di compensazione.

Il nodo delle nuove licenze

È evidente che il punto nodale è stato l’apertura a nuove licenze e alla concorrenza nel loro rilascio: dunque più concorrenza per e nel mercato e perdita di valore delle licenze già rilasciate a causa dell’aumento di numero.

Riguardo al secondo punto, nella segnalazione AS354 del 2017,l’Agcm proponeva di indennizzare in conto capitale i tassisti con contribuzioni pubbliche dirette a controbilanciare la svalutazione delle licenze. Chi scrive ha già avuto occasione di esprimere dissenso al riguardo.

Una prima ragione è che il rilascio delle licenze da parte dei comuni è avvenuto a titolo gratuito e che solo in forza di un mercato secondario non regolamentato queste hanno moltiplicato il loro valore nel tempo; ne segue che quanti hanno acquistato licenze già in uso hanno pagato un prezzo che scontava le prospettive di redditività del mercato nel suo insieme, che nella nuova situazione si ridurrebbero.

Si tratta però di un tipico rischio di impresa, che lo stato giustamente non copre in altri settori, nemmeno in quelli in cui l’esercente può vantare un avviamento derivante dalla sua propria individuale attività, cosa che non ricorre nel caso di specie. In realtà, non si tratterebbe di una compensazione ma più propriamente di un sussidio.

Del resto, non vi sarebbe ragione di indennizzare i titolari se il rilascio di nuove licenze fosse proporzionato alla crescita della domanda dei relativi servizi, al netto della sua diversione verso altre forme di autoservizi. La questione riguarda dunque la programmazione, su cui il governo avrebbe forse potuto emanare linee guida per gli enti locali.

Perché la compensazione ai tassisti

La compensazione dovrebbe esserci invece per una prestazione fornita nell’interesse generale e precisamente a copertura degli oneri sostenuti dai tassisti per obblighi di servizio pubblico differenziali rispetto a quelli dei concorrenti. Come calcolare questi oneri non è cosa facile, ma tornerebbe al riguardo utile “l’emersione” degli autoservizi concorrenti e dei relativi effettivi costi.

Con l’informatizzazione di tutte le modalità di servizio sarà possibile conoscere la lunghezza media dei tragitti (più bassa per i taxi), il tempo medio giornaliero di occupazione dei mezzi, la distribuzione oraria, il costo netto della disponibilità dei taxi nelle fasce di bassa domanda, e altro ancora. Tenuto conto di questi dati, che spetterebbe all’Autorità di regolazione dei trasporti raccogliere ed elaborare, la quantificazione delle compensazioni dovrebbe seguire la consueta metodologia basata sul criterio dei costi netti incrementali che l’accollo ai tassisti degli obblighi di servizio pubblico comportano rispetto agli altri.

Infine, non vi è ragione che le compensazioni siano a carico della finanza pubblica; al contrario, dovrebbe essere qui applicata quella forma – da noi ancora poco diffusa – di finanziamento del servizio universale, con la quale chi non ne è gravato compensa l’altro per i costi netti evitati.

Mario Sebastiani - docente di Economia della concorrenza e della regolazione dei mercati nell’Università di Roma Tor Vergata - Per gentile concessione www.lavoce.info



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