L'Opinione. Salgono i tassi: 2019 anno sbagliato per fare piu' debito

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Mercati finanziari tra titoli e tassi di interesseMercati finanziari tra titoli e tassi di interesse

È arrivata la nota di aggiornamento al Def, con tante nuove voci di spesa. Il governo vuole imprudentemente puntare sull’incremento di deficit e debito proprio quando la Fed si attende di aumentare per tre volte il suo obiettivo di riferimento per i tassi di interesse.

Ahinoi, salgono i tassi in America. È arrivata la Nadef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza). Con 9 miliardi per redditi e pensioni di cittadinanza, 7 per la controriforma Fornero, 1 miliardo per risuscitare i centri per l’impiego e per le assunzioni del ministro dell’Interno Salvini, 2 miliardi per un assaggio di flat tax e 1,5 miliardi per i truffati dalle banche. Un avvio del programma previsto dalla coalizione Lega-M5s, quasi del tutto finanziato in deficit. Intanto, mentre noi ci guardiamo l’ombelico, il mondo va avanti e i margini di manovra – della manovra, per l’esattezza – si restringono. Vediamo come.

Grafico 1
grafico - andamento bond USA a 10 anni
La cattiva notizia che fa da sfondo alla legge di bilancio italiana è quella battuta dalle agenzie nella mattinata di giovedì 4 ottobre. I rendimenti dei titoli pubblici decennali americani sono saliti sopra il 3 per cento, al 3,2 per cento per la precisione, tornando ai livelli toccati per l’ultima volta sette anni fa nel giugno 2011. I tassi americani sono spinti all’insù dall’accelerazione dell’economia Usa nella quale – grazie a un ottimo secondo trimestre – la crescita annua è arrivata a sfiorare il 3 per cento. Il grafico 2 ne mostra l’evidente progressione in positivo.

Grafico 2
grafico - crescita tassi interessi USA
In America ai dati positivi del Pil si somma una disoccupazione inferiore al 4 per cento e una lieve ripresa della partecipazione al mercato del lavoro capace finalmente di controbilanciare i trend demografici negativi. A loro volta, i due dati si associano a un’inflazione vicina al 3 per cento e a una crescita dei salari stabilmente sopra al 4 per cento. Tutti elementi che descrivono un’economia in accelerazione, che si sta surriscaldando per la prima volta da tanti anni e che ha indotto la Federal Reserve e il suo presidente Jerome Powell a ritenere probabile un altro aumento del federal funds rate, il tasso di riferimento per i mercati finanziari americani, entro la fine di quest’anno e altri tre incrementi nel 2019. Insomma, dall’altro lato dell’Oceano Atlantico arriva un messaggio forte e chiaro: i tassi di interesse di mercato sono in rapido aumento.

Rischiano i paesi finanziariamente deboli

L’aumento dei tassi in America porta con sé un probabile drenaggio di capitali dal resto del mondo. Se il paese che offre i titoli pubblici più sicuri del mondo – per l’assunta impossibilità di un default del governo americano – è in grado di garantire un rendimento del 3 per cento a chi compra i suoi titoli pubblici, quale investitore vorrà mai continuare a investire altrove?

Di sicuro, quando in America salgono i tassi parte il contatore delle crisi valutarie e finanziarie nei mercati finanziariamente più deboli. Qualcosa si è già visto in Turchia e Argentina, con valute e borse locali andate a picco e governi e banche centrali presi nel dilemma tra il rialzo dei tassi per difendere il valore del cambio e il timore che questo possa tradursi in una recessione dell’economia. È la ripetizione di un film già visto nei primi anni Ottanta quando la stretta anti-inflazione dell’allora governatore della Fed Paul Volcker fece da detonatore nell’agosto 1982 allo scoppio della crisi del debito latino-americano. In sequenza arrivarono default ripetuti, iperinflazione e crisi economiche intervallate da vittorie e sconfitte dei regimi populisti del sud America di allora: in Argentina (Raul Alfonsin), Brasile (Joao Figueiredo e Jose Sarney) e Perù (Alan Garcia).

L’Europa di oggi non è certo l’America Latina degli anni Ottanta. Ma anche in Europa ci sono paesi più e meno esposti all’instabilità finanziaria. Da inizio anno, di fronte all’aumento del tasso sui titoli pubblici decennali pari a 80 punti base in America, i tassi in Germania, Francia, Spagna e Portogallo non si sono mossi. Quelli greci sono saliti di 50 punti. Solo in Italia, se lo stato vuole emettere titoli a dieci anni paga oggi interessi più alti per 140 punti base rispetto all’inizio del 2018.

 

 

È in questo quadro oggettivamente in salita che si colloca la stesura della legge di bilancio italiana. Ed è in questo quadro che il governo ha deciso di aumentare al 2,4 per cento del Pil il deficit nel 2019 – l’anno in cui la Fed prevede tre aumenti di tassi successivi, oltre a quelli già avvenuti – per farlo scendere (dicono) al 2,1 nel 2020 e all’1,8 nel 2021.

Che dire se non che l’obiettivo di dare una frustata all’economia – la cui crescita tendenziale per il 2019, visto il rallentamento della congiuntura internazionale, si colloca probabilmente al di sotto del +0,9 per cento previsto dal governo e dal Centro studi Confindustria – appare un’imprudente mossa autolesionistica.

Francesco Daveri - SDA Professor of Practice. Insegna Macroeconomics ed è direttore del Full-Time MBA, Class of 2018,Tratto dal sito www.lavoce.info per gentile concessione



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