Sessismo e pregiudizi: la violenza ha una causa culturale di cui non ci rendiamo conto

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"Il pregiudizio convive con noi" è quanto afferma il Procuratore della Repubblica di Benevento Aldo Policastro, nell'incontro organizzato questo pomeriggio, presso la sala Vergineo del Museo del Sannio.

Al dibattito dal titolo “Vittime vulnerabili e di violenza di genere tra giudizio e pregiudizio” hanno partecipato: Antonella Marandola, professoressa di diritto processuale penale dell'Unisannio; Lella Palladino, presidente dell'associazione D.i.r.e; Aldo Policastro, Procuratore della Repubblica di Benevento; Simonetta Rotili, Giudice del Tribunale di Benevento; l’avvocato Maria Rosaria Zamparelli in rappresentanza del presidente dell'ordine degli avvocati Alberto Mazzeo; assente per concomitanti impegni. Presente anche il giudice Paola Di Nicola, autore del libro “La mia parola contro la sua” che, da tempo, si sta dedicando alla ricaduta dei pregiudizi e degli stereotipi di genere, in particolare in ambito giudiziario.

Una cultura intrisa di sessismo crea il bisogno di favorire dialoghi per dare voce alle varie esperienze, in modo da affrontare tale criticità. Lo Spazio Ascolto, istituito dalla Procura, nel suo primo anno di attività - non è stato solo un punto di accoglienza per le vittime di violenza - ma un canale per ascoltare le esigenze del territorio e promuovere azioni.

L’organizzatore di tale incontro, il Procuratore della Repubblica Aldo Policastro, ha affermato che: “Questo spazio ascolto, istituito dalla Procura della Repubblica, ci porta via tante risorse che ci consentono, però, di stare a contatto con questa realtà e lanciare segnali rassicuranti verso l’esterno. Se non lanciamo dei segnali di serenità, di disponibilità verso chi ne ha bisogno, qualsiasi soggetto, uomo o donna che sia, non vedrà mai l’istituzione come una sua amica. A volte non ci rendiamo conto che il pregiudizio convive con noi stessi. Noi che facciamo i magistrati di mestiere, con questo aspetto facciamo i conti sempre. Io penso - continua il procuratore - che vi sia la necessità di riflettere su come il nostro pregiudizio passi all’interno dei procedimenti penali e attraverso le nostre decisioni".

"Questo libro scritto da Paola, in modo anche non necessariamente tecnico, consente anche ai magistrati di fare i conti con se stessi, con i propri pregiudizi e con le proprie modalità. Credo che questo sia uno dei passaggi più importanti e stimolanti del tema di cui ci stiamo occupando. Il nostro obiettivo era quello di mettere insieme, su questo tema, istituzioni, Polizia giudiziaria, società e associazioni. Ringrazio il Sindaco, il Prefetto, il Questore, il Presidente del tribunale, il comandante provinciale dei Carabinieri e la Guardia di Finanza di Benevento e Avellino. Questo è un territorio molto sensibile non solo su questo tema”.

Antonella Marandola, successivamente, professoressa di diritto processuale penale all'Unisannio, sofferma la sua attenzione su alcune leggi: “Quello di Paola è un libro molto bello perché ci offre anche tanti dati statistici. Ci insegna che siamo un paese retrogrado, dove non abbiamo ancora il femminicidio. Ci sono tante leggi ma il codice sul femminicidio non c’è. Questo libro ha il pregio di mettere in evidenza come il processo per una violenza per maltrattamenti sposti l’attenzione sulla vittima. Un’altra considerazione che faccio è che ogni intervento normativo è sempre concentrato sulla prima fase. In effetti viene spostato tutto sulla capacità di reazione della vittima: se è capace di reprimere gli atti o avere una via di fuga. Il libro di Paola ci insegna che il codice penale andrebbe revisionato e, forse, è così. Altra cosa importante  è fare attenzione al dibattimento. Il luogo comune del codice è che io posso indagare fino a dove non potrei”.

Lella Palladino - invece - presidente dell’associazione D.i.r.e, afferma: “Si tratta di un libro che usa un linguaggio comune a tutti. Quello che accade nei tribunali – in effetti – è il riflesso di una cultura. Abbiamo sempre più spesso sentenze che non sono dalla parte di donne o bambini. Il problema da risolvere è quello di trovare una soluzione: la parte finale del libro dice che quello di cui ci sarebbe bisogno è leggere ciò che è stabilito nella convenzione di Instanbul. Nel preambolo della convenzione si fa una connessione chiarissima tra la violenza maschile sulle donne e la persistente discriminazione maschile sul soggetto femminile. Siamo un po’ ovunque ma dove si decide ci siamo poco”.

Simonetta Rotili, giudice del Tribunale di Benevento, focalizza la sua attenzione sulla parte offesa e pone alcuni quesiti: “Dobbiamo renderci conto che una persona offesa ha un vissuto traumatico, può essere una persona che non ricorda in modo fluido quei fatti. Una persona offesa, durante un dibattimento può crollare, avere dei momenti di ripensamento, può piangere e ritrattare. Allora questa persona offesa è attendibile o no? Ecco perché libro è importante. I nostri criteri generici sono sufficienti a valutare l’attendibilità della persona offesa? Perchè nel reato di rapina la vittima non deve provare di aver resistito all’aggressore, di aver lottato per conservare il bene che le è stato sottratto”.

L’ avvocato Zamparelli porta la sua esperienza in ambito civile: “In questi anni ho toccato con mano il tema della violenza, essendo civilista, soprattutto dal punto di vista delle separazioni. Purtroppo, in una società basata su una cultura intrisa di sessismo, non si riesce ad analizzare in maniera adeguata quelle che sono le dinamiche violente, con la conseguenza che troppo spesso vengono sminuite. Il seme della violenza, credo si annidi soprattutto in quelle famiglie disagiate dove c’è grande ignoranza. Spesso ci sono donne che non riescono a denunciare la violenza, hanno incapacità ad esprimersi e molto spesso non hanno possibilità economiche e si avvalgono del gratuito patrocinio che, comunque, tante volte non può offrire tutele adeguate”.

Paola Di Nicola, autrice del libro, sostiene che: “Sono poche le procure italiane che hanno uno spazio ascolto come quello di Benevento. Questo è un vanto per tutti. Questa di oggi pomeriggio è una rete. Ringrazio Aldo Policastro per aver avuto la lungimiranza di aver messo a disposizione una ricchezza importante per questo territorio. E’ la prima volta che vengo a Benevento e mi auguro che questa sala possa essere un laboratorio politico, culturale, sociale, senza il quale quello che le aule di giustizia fanno, diventa sostanzialmente irrilevante".

"La violenza - continua l'autrice -  ha una causa che è culturale, di cui noi non ci rendiamo conto. Ciascuno di noi è protagonista e vittima di questa violenza, perché essa nasce dalla nostra inconsapevolezza di replicare in ogni comportamento pregiudizi e stereotipi di genere. Il tema non riguarda Benevento o Roma, ma è mondiale. Vi faccio un esempio: se chiedete ad un vostro nipote di due anni qual è il sesso forte e quello debole, vi dirà che il debole è quello femminile. Ma chi gliel’ha insegnato? Noi nasciamo con questo stereotipo. Tutto ciò che riguarda il genere femminile è irrilevante, non vale. Faccio un appello: che è quello di guardare tutto ciò che è intorno a noi. Tutto questo si chiama consapevolezza”.

Claudio Donato



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