'Soccorso alla maternità attraverso il lavoro delle donne: balie e levatrici', convegno all'Archivio di Stato
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Un appello per la salvezza degli Archivi e della memoria storica del nostro Paese è stato lanciato da Giovanna da Molin, docente dell’Università di Bari, nel corso della Sessione del Seminario sulle “Balie”, sul tema: “Il soccorso alla maternità attraverso il lavoro delle donne: balie e levatrici”, in svolgimento presso l’Archivio di Stato di Benevento. “Molti Archivi sono chiusi da anni – ha affermato -, altri stanno chiudendo: noi storici non possiamo più svolgere le nostre ricerche. E’ necessario un impegno forte della politica perchè vengano riaperti e si consenta ai giovani di poter lavorare e studiare”. Il seminario si è soffermato sulla funzione svolta dalle balie nella storia.
Adriana Dadà, dell’Università di Firenze, ha evidenziato la difficoltà di ricercare la memoria del lavoro delle balie migranti della Toscana, una storia più privata: la balia passava di casa in casa, spesso senza intermediario o con intermediari che volevano restare nascosti. “Dopo affannose ricerche, è ancora oggi possibile - ha detto la docente - individuare le donne che erano state balie o i loro figli o parenti per una altrettanto difficile intervista perché spesso la balia si emoziona. In passato, infatti, il lavoro della balia era ritenuto poco commendevole”.
Rossella Del Prete dell’Università del Sannio, ha svolto, invece, il proprio intervento sulle balie del beneventano: "A Benevento le balie vengono innanzitutto richieste dall'orfanotrofio (essenzialmente femminile) dell'Annunziata almeno dal sec. XVIII: molte erano esterne all'orfanotrofio e l'elemento di mediazione, tra l'affido del bambino e la balia, era la levatrice, che ovviamente era l'unica a sapere quando effettivamente fosse nato un bambino. Per Benevento la situazione si evolve perché con il decennio francese il baliatico fu istituzionalizzato dal governatore Louis de Beer ed istituita la ‘Ruota degli esposti’, nel 1806, collocata a ridosso dell'orfanotrofio, in Via Annunziata. Alla fine dell'800, invece, ha spiegato la docente, la Ruota fu rimossa, sebbene i piccoli continuarono a giungere all'orfanotrofio. Il baliatico, intanto, fu regolamentato prima dal Comune e poi dalla Provincia. Un primo brefotrofio che accetta anche bambini maschi fu presso l'ospedale di San Diodato quindi in Via San Pasquale. Dopo l'Unità d'Italia fu regolamentato il servizio ai ‘proietti’, ai bambini abbandonati e il salario delle balie, pagate dal Comune fino a quando, nel 1927, non fu istituito il brefotrofio provinciale di Benevento. Interessante notare che Benevento si distinse perché Comune e Provincia intendevano favorire l'allattamento materno piuttosto che quello della balia estranea: si cercava, cioè, di dare un sussidio di lattazione alla madre naturale”.
Clotilde Cicatiello, dell’Università di Salerno, ha relazionato sul tema dei conflitti e della collaborazione nel corso dei secoli tra medici e levatrici, la storia di un difficile incontro professionale. Letizia Bongiovanni, dell’Archivio storico della Provincia di Bologna, ha invece discusso, portando testimonianze storiche sull’Ospedale degli Esposti di Bologna, sul tema delle balie nella realtà dell’Emilia Romagna nel corso dei secoli, sottolineando che questo tipo di lavoro nasceva dal bisogno di integrare il reddito di famiglie molto povere. Flores Reggiani, dell’Università di Milano, ha rievocato l’esperienza in terra lombarda, in particolare il lavoro di assistenza svolto dal brefotrofio di Milano. Daniela Perco, del Museo antropologico di Belluno, ha tra l’altro portato all’attenzione del pubblico, i risvolti economici della professione: una balia era pagata tre volte il salario di un operaio perché, mancando il latte materno e quello in polvere, la balia era insostituibile e preziosissima. “Le donne dell’aristocrazia – ha concluso - non allattavano per non intralciare vita sociale e mondana e non rovinarsi il corpo”.