Conclave, da Pechino a Parigi: le Potenze in campo per il nuovo Papa
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(Adnkronos) - Nel silenzio ovattato delle stanze vaticane si prepara una delle elezioni più delicate geopoliticamente cariche della storia recente della Chiesa: il prossimo conclave non sarà soltanto la scelta di un Papa, ma la definizione del ruolo che il cattolicesimo avrà nel mondo almeno nel prossimo quarto di secolo. Mentre i cardinali si avvicinano alla Cappella Sistina, dove il 7 maggio inizieranno a votare per il successore di Francesco, i riflettori non sono puntati solo sul fumo bianco, ma anche sulle pressioni - più sottili che mai - provenienti da Pechino, Washington, Berlino, Parigi, Brasilia e Roma. Perché dietro il velo della spiritualità, la partita che si gioca è anche politica, culturale, globale.
Con la morte di Bergoglio si apre un conclave profondamente segnato dal suo pontificato: aperto al dialogo, alla riforma, alla sinodalità. Ma quel modello non è accettato da tutti, e non solo all'interno della Chiesa. Le principali potenze del mondo guardano con attenzione al profilo del successore, perché un Papa può influenzare il clima politico internazionale più di quanto si voglia ammettere.
La Cina, ad esempio, ha un rapporto delicato con il Vaticano, culminato nell'accordo segreto del 2018 sul riconoscimento dei vescovi cattolici. Il Partito comunista guarda con favore a un profilo che mantenga il dialogo aperto e non interferisca con la linea politica interna. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, diplomatico esperto e firmatario dell’intesa con la Repubblica polare cinese, è visto come una figura "gestibile", pragmatica e gradita. Per Pechino, meglio un papa diplomatico che profetico.
Negli Usa la Chiesa cattolica è sempre più polarizzata, e alcuni ambienti conservatori spingono per un pontefice che fermi la 'deriva sinodale'. Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, gode di consensi tra i fedeli più tradizionalisti ed è percepito da alcuni ambienti politici repubblicani come un possibile argine all'agenda progressista vaticana. Lo stesso presidente Donald Trump, parlando con i giornalisti, ha detto: "Devo dire che abbiamo un cardinale in un posto chiamato New York che è molto bravo. Vedremo quello che succede". Il cardinale Dolan, peraltro, ha guidato la preghiera all'insediamento del presidente lo scorso gennaio. Tuttavia, la sua candidatura è vista con freddezza da molti cardinali del Sud del mondo.
In Francia la laicità convive con una Chiesa progressista e sensibile alle sfide dell'immigrazione e della coesione sociale. Il nome che circola con favore negli ambienti culturali e politici francesi è quello del cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, simbolo di dialogo interreligioso e apertura. È apprezzato per la sua voce sulle periferie e per la visione di una Chiesa "ospedale da campo", come l'ha voluta Francesco. Un papabile che incontrerebbe il favore anche del presidente francese Emmanuel Macron, che secondo i retroscenisti sarebbe la carta migliore per fermare un eventuale candidato americano gradito a Trump.
La Chiesa in Germania è spaccata tra riformismo e dottrina. I fedeli e parte del clero sostengono un'apertura sui temi del sacerdozio femminile, del celibato e delle coppie gay. Ma tra i cardinali, spicca per rigore teologico il cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Dottrina della Fede e critico severo del pontificato di Francesco. Per Berlino istituzionale, però, Müller è divisivo: troppo vicino alla linea dura per diventare un efficace ponte culturale. Il cardinale tedesco che più piace all'establishment tedesco è Reinhard Marx, moderatamente progressista.
L'Italia, dopo quasi mezzo secolo senza un papa italiano, sogna un ritorno, dopo l'ultimo che fu Giovanni Paolo I (il patriarca di Venezia Albino Luciani), morto dopo soli 33 giorni di pontificato il 28 settembre 1978. Il nome che unisce più correnti è quello del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, Uomo di dialogo, mediatore in Ucraina e Africa, vicino alla Comunità di Sant’Egidio, è ben visto anche in ambienti politici moderati. Ha il profilo di chi può continuare la riforma di Francesco senza forzature e con radici ben salde in Europa. E tra gli italiani uno dei più favoriti è anche Parolin. Per chi tifa il governo al conclave? Sarebbe bizzarro pensare che dalle parti di Palazzo Chigi, Montecitorio e dintorni la questione lasciasse indifferenti. Detto ciò, però, nulla è trapelato su quali possano essere le eventuali preferenze. E, anzi, tutti si guardano bene dal proferire parola e, interrogati sul tema, rispondono che non è proprio il caso di mettersi in competizione con lo Spirito Santo.
In teoria, lo Spirito Santo guida le mani dei cardinali. In pratica, anche la geopolitica si siede idealmente sul trono di San Pietro. Il conclave del 2025 sarà una scelta che andrà ben oltre i marmi del Vaticano. Il prossimo papa dovrà affrontare un mondo frammentato, una Chiesa ferita, e relazioni internazionali sempre più complesse. Che venga dal Sud del mondo, dall'Europa o dall'Asia, sarà comunque chiamato a unire - non solo i fedeli - ma anche il peso politico e morale della Chiesa con le speranze di un'umanità in cerca di guida. (di Paolo Martini)