Martina Cabonaro, i funerali ad Afragola tra grida "giustizia" e insulti all'ex
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(Adnkronos) - In corso ad Afragola i funerali di Martina Carbonaro la 14enne uccisa dal suo ex fidanzato Alessio Tucci, reo confesso. Migliaia di persone sono assiepate sotto il sole all'esterno della Basilica di Sant'Antonio per prendere parte alle esequie attraverso un maxischermo installato sul piazzale antistante.
Tre lunghi applausi e le urla "giustizia" hanno accolto il feretro. Alcuni momenti di tensione si sono avuti poi nella piazza con insulti per l'assassino e cori per la 14enne trucidata con una pietra. "Sei la figlia di tutti noi", "Martina" e "giustizia", ha urlato la folla.
"Martina aveva 14 anni. Un’età che dovrebbe profumare di futuro, di sogni, di primi battiti d’amore, di scoperte lente, dolci, di passi ancora incerti eppure pieni di vita. E invece oggi siamo qui a piangere, con la sua mamma, con il suo papà, con la sua famiglia, con gli amici, con tutta una comunità stordita, spezzata, incredula", ha detto il cardinale Mimmo Battaglia, nel corso della sua omelia durante i funerali.
La morte di Martina è "una ferita che urla. Che spacca il fiato. Che rende difficile anche il solo respirare. Una ferita che chiede giustizia, ma che soprattutto reclama consolazione", ha aggiunto Battaglia. "A questa famiglia disperata, a questa comunità stordita e in lacrime (Gesù) sussurra: 'Non è finita. La vita non finisce. Martina dorme. E sarà svegliata'. Perché la morte non ha l’ultima parola. Perché la parola ultima – quella definitiva – è quella dell’amore, della vita, della Resurrezione", ha proseguito il cardinale.
"Sorelle e fratelli miei, amici di Martina, noi oggi non possiamo cancellare il dolore. Ma possiamo custodirlo dentro una speranza più grande. Perché se Gesù è risorto, allora Martina è viva. E vive nel cuore di Dio. Nel suo abbraccio eterno". Poi, si è rivolto ai familiari della 14enne: "Cara mamma Fiorenza, caro papà Marcello, lo so benissimo che queste parole, oggi, non sono consolazioni facili. Sono una promessa che ci supera, e che ci sfida. Perché il dolore per Martina è troppo grande. È un grido. Un pugno. È una domanda senza risposta. È l’abisso. Ma proprio lì, nell’abisso, Dio non si ritrae. Non vi lascia. Allo stesso modo - ha detto Battaglia - di come non ha lasciato Martina che oggi è custodita nel suo cuore, lì dove nessuna violenza potrà mai raggiungerla, e dove la felicità che desiderava nei suoi sogni di adolescente, immaginando il suo futuro, le viene donata in abbondanza dal Dio della vita". Poi, il cardinale ha attaccato: "Il dolore di oggi ci impone di dire, senza paura, senza ambiguità, una parola netta: Martina è morta per mano della violenza. È morta per mano di un ragazzo che non ha saputo reggere un rifiuto, un limite, una libertà, togliendo il futuro non solo a Martina ma anche a se stesso! Martina è morta per un’idea malata dell’amore. Un’idea ancora troppo diffusa, troppo tollerata, troppo silenziosa".
"Permettetemi di dire una parola, soprattutto ai ragazzi, di dire la mia preoccupazione soprattutto per quelli che non sanno più gestire la rabbia, che confondono il controllo con l’affetto, che pensano ancora che amare significhi possedere. Che vedono la donna come qualcosa da ottenere, da tenere, da non perdere mai. Che se vengono lasciati si sentono umiliati, feriti, e trasformano il dolore in odio. Un odio che uccide. È femminicidio. Chiamiamolo con il suo nome. Non è follia. Non è gelosia. Non è un raptus. È il frutto amaro di un’educazione che ha fallito. Di un linguaggio che normalizza la violenza. Di un silenzio colpevole", ha scandito il cardinale.
"E allora, oggi, accanto al dolore, io sento il dovere di dire: Basta. Basta parole deboli. Basta giustificazioni. E vorrei dire ai ragazzi qui presenti - ha aggiunto - agli amici di Martina e ai giovani di questa nostra terra: fate in modo che questa morte non sia vana. Trasformate le vostre lacrime in impegno, il vostro dolore in una rabbia pacifica, capace di costruire e rovesciare le sorti di questo nostro sistema violento e malato". L'arcivescovo di Napoli si è rivolto ancora ai giovani: "E lo dico soprattutto a voi, ragazzi: stanate dentro di voi quei pensieri distorti riguardo all’amore, guardate in faccia le vostre ferite e difficoltà, liberatevi dall’idea del possesso, imparate a gestire la frustrazione, chiedete aiuto quando dinanzi a un “no” la rabbia vi divora, ve ne prego, lasciatevi aiutare in questo! Non restate soli! Non affidate solo ai social le vostre emozioni: non bastano un post o una storia per guarire un cuore che grida. Cercate il coraggio di dare fiducia a chi può davvero ascoltarvi. Affidatevi a quegli adulti che ci sono - e ci sono davvero: i docenti delle scuole, gli educatori delle nostre parrocchie, i tanti professionisti competenti che potete incontrare sul vostro cammino. Chiedete aiuto, prima che sia troppo tardi. Le emozioni hanno bisogno di spazi veri, di parole dette guardandosi negli occhi, di mani che sanno accogliere. C’è una rete viva e forte che può sostenervi, molto più vera di qualsiasi connessione digitale".