Tutti pazzi per le proteine: ma fanno sempre bene?
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(Adnkronos) - Proteine che passione. Basta uno sguardo agli scaffali del supermarket per accorgersene: sono presenti (o almeno dichiarate) un po' ovunque, persino sulla confezione di alimenti tradizionalmente 'carb', grassi o zuccherini.
Un'analisi condotta dalla sezione Nutrizione umana dell'università Statale di Milano, coordinata da Daniela Martini, conferma l'impressione. Esaminando oltre 400 prodotti in commercio, l'indagine fotografa la varietà di cibi con diciture tipo 'fonte di proteine' e 'ad alto contenuto di proteine': sono "soprattutto barrette e yogurt", ma "anche tantissime altre categorie merceologiche quali latte, bevande vegetali, fino a sostituti del pane e ai pancake, passando per gelati, creme spalmabili, salumi e formaggi". Una specie di invasione che attira l'attenzione. Gli italiani sembrano impazziti per le proteine. Ma perché? E questa moda farà davvero bene?
All'argomento la Società italiana di nutrizione umana (Sinu), in occasione del suo 45esimo Congresso nazionale in corso a Salerno da oggi 28 maggio a venerdì 30, dedica la tavola rotonda 'Proteine: non è solo questione di quantità'. Conta soprattutto la qualità, avvertono gli esperti che invitano a "fare attenzione alle etichette, alle fake news e ai limiti metodologici" di alcuni studi in materia. Il messaggio finale è che "in Italia non esiste un'emergenza legata a una carenza proteica" nella popolazione, e che "la ridotta mortalità in coloro che hanno un alto consumo di proteine vegetali sembra dovuta più all'effetto di sostituzione delle fonti animali (carni rosse o conservate) o anche alle proprietà dei vegetali stessi". Quindi "non dovrebbe derivarne un'indicazione ad aumentare le proteine totali della dieta. Piccole modifiche" nell'alimentazione, "come l'incremento del consumo di legumi, noci e cereali integrali - suggeriscono gli specialisti - possono avere effetti positivi significativi".
La Sinu comincia col chiarire che, secondo il Regolamento (CE) n.1924/2006, i termini 'fonte di proteine' e 'ad alto contenuto di proteine' possono essere utilizzati solo se almeno il 12% o il 20% rispettivamente del valore energetico del prodotto viene fornito dalle proteine. Gli italiani sembrano sempre più avvezzi a queste diciture - osservano gli esperti - visto che statistiche recenti indicano che l'interesse dei consumatori per questi alimenti è in aumento: nel 2024 il 4% degli oltre 3.300 prodotti analizzati nell'Osservatorio Immagino (studio semestrale dell'organizzazione no profit GS1 Italy, dedicato ai consumi degli italiani) presenta diciture relative alle proteine, generando un fatturato di 1,9 miliardi di euro, in progressione del 4,5% rispetto al 2023. Numeri importanti, anche se trend di crescita del giro d'affari di questi prodotti sembra comunque rallentare, dato che solo nel 2023 si registrava un incremento di quasi il 20% su scala nazionale rispetto al 2022.
"Non è facile comprendere il crescente interesse per alimenti ricchi di proteine, non solo da parte di atleti e persone che seguono regimi alimentari speciali, ma anche da parte di individui che desiderano migliorare la propria forma fisica e perdere peso - afferma Martini, membro del comitato scientifico della Sinu - Questa tendenza è spesso alimentata dalla convinzione errata che ridurre l'apporto di carboidrati e lipidi sia una strategia efficace per dimagrire. E' fondamentale monitorare le vendite e il consumo di questi prodotti, oltre a educare i consumatori sull'importanza di leggere attentamente le etichette. Ciò è essenziale per fare scelte consapevoli e salutari, evitando di eccedere nell'apporto proteico, già sufficiente nella dieta media italiana, se confrontato ai livelli di assunzione di riferimento per le proteine indicati nella nuova edizione dei Larn della Sinu". In altre parole, il Paese non ha bisogno di un''overdose proteica' collettiva.
Per gli specialisti "è importante inoltre riflettere sulla qualità proteica degli alimenti consumati, prendendo in considerazione la composizione in aminoacidi essenziali. Le evidenze scientifiche riportate nell'ultima versione dei Larn hanno mostrato che l'assunzione eccessiva di proteine animali, ad esempio quelle contenute nelle carni rosse e lavorate, è associata a un aumento della mortalità per tutte le cause. Al contrario, un maggiore apporto di proteine vegetali sembra essere legato a una diminuzione della mortalità".
"Dato che all'aumentare del consumo di un alimento o di una fonte di proteine corrisponde una diminuzione di altre fonti - illustra la Sinu - in epidemiologia nutrizionale sono stati sviluppati diversi modelli statistici per analizzare gli effetti della sostituzione di proteine animali con quelle vegetali. Recenti studi che hanno utilizzato questi modelli hanno mostrato che tale sostituzione è associata a una riduzione significativa della mortalità per tutte le cause e per malattie cardiovascolari. Tuttavia, è fondamentale ricordare che si tratta di modelli di sostituzione teorici che approssimano la realtà, non sufficienti per definire una relazione causale. I benefici osservati potrebbero infatti derivare da altri componenti presenti nei cibi vegetali, come fibre, antiossidanti e composti bioattivi", precisano gli esperti. "Allo stesso modo, il rischio legato al consumo di proteine animali potrebbe essere attribuito ad altri elementi, come i grassi saturi o l'elevato contenuto di sale tipico delle carni trasformate, o ancora ai diversi additivi per migliorarne la conservazione, il sapore, l'aspetto e la consistenza".
"L'interesse per le proteine vegetali è in crescita, ma è importante che i consumatori ricevano informazioni corrette e complete per compiere scelte consapevoli - dichiara Sabina Sieri, direttore ad interim della Struttura complessa di Epidemiologia e Prevenzione della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano e socio Sinu - Ad esempio, un indicatore della qualità proteica potrebbe essere utile; anche il livello di processamento è un importante dato, visto che in alcuni alimenti può ridurre la biodisponibilità delle proteine, mentre in altri, come i legumi, può aumentarla". Conclude la specialista: "Il vecchio consiglio di abbinare cereali e legumi è sempre valido per poter ottenere un profilo aminoacidico più completo, in particolare per garantire un adeguato apporto di lisina e metionina, aumentando così il valore biologico e nutrizionale del pasto".