Ricifari: "Rendere noi stessi e i ragazzi consapevoli"
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(Adnkronos) - “Sono qui, oltre che come Presidente dell’associazione nazionale funzionari di polizia, come polizia intera, perché noi siamo piena parte di questa battaglia. Ho avuto l’avventura, o si potrebbe dire disavventura, di occuparmene molto direttamente, a cominciare dalla metà degli anni 90 e da lì in avanti. Su questo tema venni chiamato nel 2016 appena promosso questore a fondare un ufficio presso la direzione centrale anticrimine del dipartimento della pubblica sicurezza che si occupava di questi temi, sotto l’aspetto della prevenzione e delle misure. Da questo momento è stato intrapreso un percorso importante, ancora più significativo negli ultimi anni, la cui parte operativa è seguita dalla polizia delle telecomunicazioni, oggi polizia cibernetica che scandagli ail web e fa una mansione di prevenzione che di intervento e di polizia giudiziaria”. Così Emanuele Ricifari, questore di Agrigento e membro del comitato scientifico dell’Osservatorio Nazionale Bullismo, intervenendo alla Maratona Bullismo, in corso al Palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos a Roma, durante cui è stato presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile.
“Venendo ai temi, - ha continuato Ricifari - la terza parte del nostro sondaggio parla di episodi di insulti online, atti di bullismo o cyberbullismo, di cui l’impatto è molto reale sulla vita personale e familiare dei ragazzi. I dati dicono che per il 65% del campione, quasi mai o mai è capitato di avere avuto a che fare con atti di bullismo, ma la mia esperienza dice l’opposto, perché questi atti non sono stati molto spesso riconosciuti. Invece, il 35% che li ha riconosciuti, dal quasi mai a ogni giorno, dice che è falso il primo dato. Dobbiamo ripartire da questo 35%, da chi questi atti li riconosce. Il cyberbullismo è un fenomeno degli ultimi vent’anni ed è in crescita. Nel mio passato individuo almeno due episodi di cui sono stato vittima e tanti altri in cui in qualche modo, per stupidità, mi sono lasciato andare a definire in modo un amico, un compagni di squadra. La differenza tra allora e adesso va marcata, i ragazzi non la comprendono oggi. La differenza è che quando io ho subito questi atti è finita lì, oggi gli insulti hanno un effetto permanente e viene sentito come permanente. Il quarto sondaggio ha come domanda ‘ti capita di prendere in giro o insultare qualcuno online?’ Anche qui abbiamo un dato drammatico, il 26.5% infatti dice quasi mai, anche questo un dato che denuncia la verità del secondo dato ma la fallacia del primo, per chi ha dato le risposte. L’emergenza educativa è il tema. In questo dato viene posto il focus sull’autore, non sulla vittima. Tutti dobbiamo rivedere i nostri comportamenti e riconoscerci almeno qualche volta come autori. Bisogna agire sul rispetto. Ai miei tempi avevamo agenzie educative come la scuola, la famiglia e la tv, quest’ultima oggi credo che sia diseducante. Ma anche noi spesso siamo diseducanti nei comportamenti, abbiamo la tendenza a polarizzare la discussione, non ad aprire un dibattito. Il ruolo dell’argomentare è il reale, non il virtuale”.
“La quinta domanda posta, ‘hai mai pubblicato video di risse o scherzi pesanti?’, evidenzia che 10.858 persone hanno detto di no e 84 hanno detto di si, e anche qui la consapevolezza gioca un ruolo importante. Infatti, - ha sottolineato il questore - quelli che hanno risposto di no hanno magari partecipato mettendo un like, condividendo il video, il post. Prima dei nostri ragazzi abbiamo bisogno noi, perché oggi viviamo e lavoriamo sugli smartphone. C’è necessità dell’ascolto attivo, perché i nostri ragazzi molto spesso non sono consapevoli. Dobbiamo riuscire a rendere noi stessi consapevoli e soprattutto loro”.