Caso Garlasco, è ancora guerra di perizie: già 40 in otto anni
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(Adnkronos) - La verità giudiziaria sull'omicidio di Chiara Poggi, uccisa nella sua abitazione a Garlasco il 13 agosto 2007, ha avuto il passo lento ma è arrivata con la sentenza del dicembre 2015 con cui la Cassazione ha stabilito che Alberto Stasi, condannato a 16 anni di carcere, è il colpevole "al di là di ogni ragionevole dubbio" dell'omicidio della fidanzata. L'indagine nelle mani della Procura di Vigevano diventa fin dai primi passi una battaglia tra esperti. Un tema che dopo 18 anni la Procura di Pavia che indaga su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, sembra intenzionata a ripercorrere incrementando un numero già considerevole di consulenze e perizie, quasi 40 in otto anni, che hanno scandito le investigazioni e un iter giudiziario che conta cinque processi.
In fase di indagine sono dieci le consulenze che la pm Rosa Muscio, la difesa di Stasi e la famiglia della vittima depositano. I primi dissidi sono sull'orario della morte stabilito e modificato dal medico legale, su cui ora nuovamente gli inquirenti discutono. In primo grado il numero di consulenze e perizie - con esperti scesi in campo anche su indicazione del giudice per le indagini preliminari di Vigevano Stefano Vitelli - superano quota 15 e nell'appello bis a Milano sono una dozzina. Centrale è come si muove l'assassino. La perizia del gup si ferma al piano terra e disattende il racconto di Stasi che dice di aver sceso due gradini per vedere la fidanzata morta sulle scale. La perizia disposta dai giudici di Milano è perentoria: è infinitesimale la possibilità che possa non essersi sporcato le scarpe scendendo le scale, scrivono i professori Gabriele Bitelli e Luca Vittuari, insieme al dottor Roberto Testi. Per lo Stasi 'scopritore' è dello 0,00038% la possibilità di avere le suole pulite se si ferma al primo gradino, se scende anche il secondo è dello 0,00002%.
Per la 'Bloodstain pattern analysis', disciplina che studia le macchie di sangue e le loro traiettorie sulla scena del crimine, la macchia di sangue davanti all'ingresso dove la vittima viene colpita la prima volta si forma "in meno di tre minuti", il corpo viene trascinato e gettato giù dalla cima delle scale, quindi l'assassino va in bagno. La finestra di 23 minuti è "pienamente compatibile con l'omicidio e non smentito da seri elementi di segno contrario" scrive la Cassazione. Lunga è stata la battaglia per definire la prova sul dispenser portasapone e sulla suola insanguinata "numero 42" (taglia decisa da una consulenza) che l'assassino lascia sul tappetino del bagno, come per stabilire che la bici nera di Stasi (per anni non sequestrata sebbene vista da una testimone) non monta i pedali originali. Una prova per chi ritiene abbia raggiunto casa Poggi in bici, abbia ucciso Chiara, sia tornato a casa e solo dopo quattro ore abbia preso la macchina per raggiungere di nuovo la villetta fingendo di esserci entrato.
Se la Procura di Pavia dubita di Sempio, occorre valutare bene l'orario dell'omicidio del 13 agosto 2007. Chiara disattiva l'allarme alle 9.12, le finestre sono ancora chiuse, lei è in pigiama e ha fatto colazione da poco secondo l'autopsia. Una vicina di casa dice di aver visto una bici nera da donna davanti alla villetta dei Poggi alle ore 9.10. A quell'ora Andrea Sempio racconta ai carabinieri di essere in casa con il padre, di aver atteso il ritorno della madre e di essere andato a Vigevano come mostra lo scontrino del parcheggio dell'auto pagato alle 10.18. Alle 9.45 c'è la prima telefonata senza risposta fatta dal telefonino di Stasi sul cellulare di Chiara, probabilmente è già morta. Nessun giudice ipotizza un delitto che va oltre "una decina" di minuti.
La mattina del delitto le celle collocano l'indagato solo a Garlasco, ma non si tratta tecnicamente di una bugia: nel 2007 il telefono 'cattura' la posizione solo se fa chiamate o invia messaggi e tra le 9.59 e le 11.10 il suo cellulare non genera traffico. La Procura di Pavia deve rispondere anche a un'altra domanda: come raggiunge Sempio via Pascoli? A voler credere che l'assassino scappi in bici bisogna 'correggere' ancora la sentenza passata in giudicato: Stasi ha una bicicletta nera da donna, Sempio una bici rossa da uomo. Nessun testimone parla di un'auto parcheggiata fuori casa.
Tra le prove contro Stasi - negli oltre trenta faldoni - c'è anche l'impronta di una scarpa numero 42. Una perizia e una consulenza indica non solo la taglia esatta, ma individua anche la marca, e Sempio calza il numero 44. Una nuova consulenza della Procura potrebbe mettere in dubbio questa analisi? L'impronta di quella scarpa lasciata sul tappettino del bagno dove l'assassino va sicuramente - per specchiarsi ritiene la Procura - porta però a un'altra prova contro Stasi. Sul dispenser c'è solo la traccia del fidanzato. "Come mai c'è solo un'unica impronta nitida ossia quella dell'anulare di Stasi pur essendo abitualmente il dispenser del sapone utilizzato da tutti gli occupanti di un'abitazione?" è una delle domande dei giudici che ritengono, invece, che il fidanzato si lavi le mani. L'assenza di due teli mare è indice della necessità di ripulirsi.
La sfida della Procura di Pavia è collocare Andrea Sempio in casa Poggi la mattina del 13 agosto 2007. La difficoltà consiste nell'assenza di tracce databili e legate alla scena del crimine conosciuta. L'impronta 33 (vicino al corpo della vittima, quindi in fondo alla scala) trovata sulla parte destra della parete - ricondotta da una consulenza tecnica dei pm a Sempio - era stata rilevata subito dal Ris e sottoposta ad analisi per stabilire la presenza di sangue: esito negativo è il responso - ottenuto nel 2007 - dal test ancora oggi ritenuto il più affidabile. Escluso il sangue, se venisse trovato l'intonaco grattato da parte di quell'impronta resterebbe la questione di come è stato conservato e la databilità in caso risultasse del Dna (sudore, saliva). A meno di cambiare la dinamica, sulle scale che portano in cantina l'assassino non metterà mai piede: la suola della scarpa 'a pallini' (calzata dall'assassino) si ferma prima che il pavimento in cotto lasci spazio ai gradini in marmo.
Al centro dell’incidente probatorio ci sono anche le sessanta impronte rilevate dal Ris di Parma con polveri e adesivi nella villetta di via Pascoli, tra cui la numero 10 - vicino alla maniglia interna della porta d'ingresso - che ha attirato l'attenzione dei carabinieri ma non è attribuibile a dire della stessa Procura a Sempio. Sui para-adesivi si annuncia già battaglia: "C'è un forte rischio contaminazione, l'ipotesi è che non avendo utilizzato pennelli singoli per evidenziare ciascuna traccia, non si può escludere che ci sia stato un 'trasferimento' di materiale pennellando da una all'altra" avverte il consulente della famiglia Poggi, il genetista Marzio Capra che ha partecipato fin dall’inizio all'indagine sull'omicidio.
La nuova inchiesta su Sempio si gioca sul Dna trovato sulle unghie della vittima. Per la perizia di Francesco De Stefano, incaricato dai giudici della Corte d'Assisse nel processo bis, i risultati non sono utilizzabili e comunque indicano due Dna maschili non identificativi. Ora la decisione sull'utilizzabilità spetta ai periti - Denise Albani e Domenico Marchigiani della Polizia di Stato - scelti dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlaschelli. Un'esame tutto sulle carte. Se una traccia genetica maschile (delle due trovate, ndr) fosse di Sempio - come ritengono difesa Stasi e Procura di Pavia - bisognerà superare la spiegazione contenuta nella doppia archiviazione sull'amico del fratello: il ragazzo frequentava casa Poggi e il Dna potrebbe essere stato lasciato su un oggetto e 'catturato' dalla vittima.