Dia, nel 2024 sequestrati 93,4 milioni alle mafie
18:30:3 364

ROMA (ITALPRESS) – Nel corso del 2024, la Dia ha sequestrato beni per oltre 93,4 milioni di euro e ne ha confiscati quasi 160 milioni. Sono 53 le attività investigative concluse nel 2024 e 309 i provvedimenti restrittivi eseguiti: di questi, 174 sono ordinanze di custodia cautelare, 26 arresti in flagranza, 81 altri provvedimenti restrittivi, 24 sottoposte a fermo, due ordini di esecuzione pena e due arresti di latitanti. Lo evidenzia la Direzione investigativa antimafia nella Relazione al Parlamento sull’attività svolta nel 2024.
“Le organizzazioni criminali straniere continuano a essere presenti nel territorio nazionale, al punto da poter essere considerate una componente consolidata nel complessivo scenario criminale nazionale”. In particolare, la criminalità organizzata cinese, a causa della sua struttura “gerarchica e chiusa”, si configura come un fenomeno “estremamente complesso e radicato, con caratteristiche peculiari che ne rendono difficile il contrasto da parte delle autorità ”, si legge nella relazione al Parlamento, che sottolinea “il coinvolgimento della criminalità cinese in attività di riciclaggio perpetrate attraverso sistemi finanziari sommersi paralleli, alimentati da vendite simulate con lo scopo di creare fondi neri e ripulire considerevoli quantità di denaro da reimmettere nei circuiti legali per poi dirottarle in Cina”. La criminalità albanese “rappresenta una delle espressioni più complesse e strutturate della criminalità straniera in Italia” e opera “con approcci organizzativi e operativi diversificati”, mentre quella romena si manifesta “da un lato, in gruppi poco strutturati che si occupano dei reati predatori in genere dando vita a sacche di microcriminalità che ampliano il senso di insicurezza nella popolazione, dall’altro, in sodalizi più simili alle organizzazioni mafiose”.
La criminalità organizzata sudamericana, presente soprattutto nel nord Italia, è dedita “alla commissione di reati contro il patrimonio e allo sfruttamento della prostituzione”, come pure i gruppi criminali balcanici e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica, attivi anche nel “traffico di stupefacenti e di armi, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nel contrabbando e nei furti di rame”.
In Cosa Nostra “la prolungata assenza di una leadership solida e riconosciuta ha determinato ciclici avvicendamenti e tentativi di stabilizzazione tra le nuove e le vecchie generazioni, configurando un modello di coordinamento fondato sulla condivisione delle linee d’indirizzo e su una gestione operativa ‘intermandamentalè”, si evidenzia ancora nel report. Gli arresti di esponenti di vertice e l’aggressione ai patrimoni illeciti hanno permesso alla magistratura e alle forze di polizia di “incidere in maniera significativa sugli aspetti strutturali delle mafie ma anche sul loro potere economico”. Inoltre “l’attività di prevenzione ha permesso di identificare segnali di infiltrazioni mafiose anche al di fuori della Sicilia, soprattutto nelle regioni del nord Italia”.
Le organizzazioni criminali di stampo camorristico, “nel tempo, si sono evolute in strutture organizzative più complesse per il conseguimento di una molteplicità di interessi illeciti” e “protendono verso alleanze che spesso si consolidano in ‘cartellì, agendo come vere e proprie ‘imprese mafiosè”. Inoltre, “il livello di esperienza tecnologica raggiunto da alcune organizzazioni criminali che, sempre più spesso, utilizzano apparecchi criptati per le comunicazioni interne eludendo i tradizionali metodi di captazione investigativa”. Inoltre risultano “sempre più frequenti risultano i casi di introduzione illegale di telefoni cellulari all’interno delle strutture detentive mediante droni”, con cui “i detenuti mantengono i contatti con i gruppi criminali di riferimento impartendo direttive, pianificando attività illecite o organizzando lo spaccio di stupefacenti all’interno delle carceri”.
Nella criminalità organizzata pugliese, “il traffico di stupefacenti si conferma il ‘core business’, grazie alla sua elevata redditività ”. “Questo settore è ulteriormente rafforzato dalla creazione di solidi legami con altre organizzazioni criminali che garantiscono privilegiati canali di approvvigionamento dello stupefacente sia esteri (Albania e Spagna), sia nazionali (trafficanti calabresi)”.
Le inchieste dimostrano “un’infiltrazione sempre più concreta e articolata della ‘ndrangheta nel settore degli appalti pubblici e nel rilascio di autorizzazioni, licenze e concessioni”. Si sottolinea inoltre “la marcata propensione delle cosche a infiltrarsi e a condizionare, in maniera preponderante, i settori agroalimentare, la produzione e il commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, l’edilizia, il turismo e la ristorazione, nonchè il settore estrattivo e dei trasporti”. La Relazione sottolinea anche la capacità della ‘ndrangheta di “piegare la gestione della cosa pubblica a proprio vantaggio, incidendo sulle competizioni elettorali comunali: recenti inchieste hanno evidenziato come lo scambio elettorale politico-mafioso per la ‘ndrangheta sia uno strumento in grado di garantire utilità a prescindere dai soggetti eletti poichè, mediante il sostegno a candidati di schieramenti diversi, in maniera diffusiva riescono a godere dell’appoggio trasversale all’interno dell’assemblea eletta”.
La Dia ha svolto approfondimenti specifici sull’esecuzione diretta dei lavori pubblici e sulle diverse attività collegate, concludendo 1.980 monitoraggi antimafia nei confronti di altrettante imprese e 22.949 approfondimenti sulle persone fisiche. Gli accessi eseguiti hanno interessato 200 cantieri con il controllo di 4.364 persone fisiche,1.157 imprese e 2.345 mezzi d’opera. Il numero dei provvedimenti interdittivi emanati nel 2024 (764) ha segnato un incremento del 13,19% rispetto al valore registrato nell’anno precedente (675).
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).