Elezione nuovo Papa, via al Conclave: chi è il cardinale Kurt Koch
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(Adnkronos) - Tra i cardinali considerati 'papabili' al Conclave 2025 c'è Kurt Koch. Se scelto come nuovo Papa potrebbe rappresentare una figura di equilibrio e riconciliazione dopo un periodo segnato da divisioni.
Il cardinale Kurt Koch è nato il 15 marzo 1950 a Emmenbrücke, nella diocesi di Basilea, situata nel cantone svizzero di Lucerna, all'interno di una famiglia di commercianti. Fin dalla giovinezza ha manifestato un interesse profondo per l’ecumenismo. Ha intrapreso gli studi teologici a Monaco di Baviera e successivamente a Lucerna, iniziando la propria carriera come teologo laico. Tra il 1976 e il 1978 ha preso parte a un progetto di ricerca promosso dalla Commissione episcopale Iustitia et Pax, sotto la supervisione del professor Franz Furger, dedicandosi all’approfondimento di tematiche etiche e sociali in prospettiva cristiana. Dal 1979 al 1982 ha svolto il ruolo di assistente universitario in teologia sistematica presso la Facoltà di Teologia di Lucerna.
Fu ordinato sacerdote a 32 anni, a Berna, continuando a coltivare i suoi studi nelle aree della dogmatica, della teologia morale, dell’ecumenismo e del pensiero riformato. Nel 1987 conseguì il dottorato con una tesi sull’opera del teologo evangelico tedesco Wolfhart Pannenberg. Rimase presso l’Università di Lucerna, dove ottenne l’abilitazione nel 1989 e fu nominato docente di dogmatica, liturgia e teologia ecumenica presso l’Istituto di Formazione.
Nel dicembre 1995 fu designato vescovo di Basilea e ricevette la consacrazione episcopale per mano di Papa Giovanni Paolo II. Durante il suo ministero episcopale, continuò a mantenere un’intensa attività accademica, pubblicando costantemente. Dal 1998 al 2006 fu vicepresidente della Conferenza Episcopale Svizzera e successivamente ne divenne presidente dal 2007 al 2009.
Nel luglio 2010, Benedetto XVI lo chiamò a Roma, affidandogli la guida del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, succedendo al cardinale Walter Kasper. In quello stesso anno fu creato cardinale. Dal 2010 ricopre questo incarico, che è stato trasformato in dicastero con la riforma della Curia sancita dalla costituzione Praedicate Evangelium nel 2022, di cui è divenuto prefetto. Nel 2021 Papa Francesco lo ha elevato al titolo di cardinale-presbitero.
All’interno della Curia romana, Koch è membro di numerosi dicasteri, tra cui quello per la Dottrina della Fede. Se prima del 2010 si occupava di un ampio ventaglio di tematiche teologiche, da allora ha orientato quasi esclusivamente il proprio lavoro alla promozione dell’unità tra i cristiani. Tra gli episodi di rilievo del suo impegno romano si ricordano l’incontro ecumenico di Lund del 2016, in occasione del 500° anniversario della Riforma, e la pubblicazione, nel 2024, di un documento sul primato del Papa in prospettiva sinodale.
Figura mite e riservata, con lunga esperienza nella macchina curiale, il cardinale Koch possiede una conoscenza approfondita della Chiesa germanofona e delle questioni teologiche che in essa emergono. È noto per la sua posizione critica nei confronti del Cammino Sinodale tedesco, pur mostrando apertura verso riforme ponderate, come dimostrato da uno studio recente sul ministero del Vescovo di Roma. Questo lavoro testimonia la sua solida preparazione teologica e la capacità di riflettere con rigore sul ruolo del papato nella Chiesa e sulla sua possibile evoluzione.
Dotato di equilibrio, Koch è in grado di distinguere chiaramente tra convinzioni personali e responsabilità magisteriali legate al suo incarico: una qualità interpretata da alcuni come punto di forza, da altri come possibile segno di ambiguità. In passato ha abbandonato posizioni più progressiste, come il sostegno al celibato opzionale o all’ordinazione femminile, per aderire maggiormente all’indirizzo dei pontificati successivi. Ciò ha sollevato interrogativi sulla solidità delle sue convinzioni più profonde.
La sua competenza, seppur notevole, è incentrata quasi esclusivamente sull’ambito ecumenico, una specializzazione che talvolta viene percepita come limitante rispetto alle sfide più ampie della Chiesa attuale. Koch ha pienamente fatto proprio l’approccio al dialogo con l’ebraismo secondo cui la Chiesa non è chiamata a una “missione” evangelizzatrice verso gli ebrei, ma a privilegiare l’incontro e la comprensione reciproca. Tuttavia, ha anche difeso il magistero tradizionale, opponendosi a proposte radicali in tema di intercomunione. Sottolinea con forza la centralità dell’Eucaristia, pur non sostenendo la liturgia preconciliare, che a suo avviso ostacola il cammino verso l’unità.
Il suo retroterra culturale, profondamente radicato nella teologia tedesca, lo rende incline alla mediazione e al compromesso, configurandolo come un profilo conservatore ma aperto al dialogo. Se venisse eletto al soglio pontificio, potrebbe rappresentare una figura di equilibrio e riconciliazione dopo un periodo segnato da divisioni. Il cardinale Koch parla fluentemente tedesco, italiano, francese e inglese.