Israele attacca il carcere di Evin, anche Sala e Piperno vi furono detenute
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(Adnkronos) - Detenzioni arbitrarie, torture fisiche e psicologiche e abusi che si ripetono da decenni accompagnano la storia del famigerato carcere di Evin, a Teheran, tra gli obiettivi colpiti oggi dall'aeronautica militare israeliana. Dalla Rivoluzione islamica del 1979 è considerato il principale centro di detenzione per prigionieri politici, oppositori del regime, giornalisti e difensori per i diritti umani. Anche due italiane, la giornalista Cecilia Sala e la blogger Alessia Piperno, sono state detenute a Evin. Piperno è stata arrestata a Teheran il 28 settembre 2022 e rilasciata il 10 novembre dello stesso anno, dopo aver trascorso 45 giorni a Evin. Sala è stata arrestata il 19 dicembre del 2024 con l'accusa di "violazione delle leggi della Repubblica islamica" e liberata dopo 20 giorni.
Il penitenziario di Evin, che si estende su 43 ettari ai piedi delle montagne a nord di Teheran, è stato aperto nel 1972 e già da allora, quando era gestito dalla Savak, la polizia segreta che rispondeva al regime dell'ultimo Shah, Mohammad Reza Pahlavi, era il luogo dove venivano incarcerati oppositori e detenuti politici.
Con la Rivoluzione islamica guidata da Ruhollah Khomeini, a Evin vennero rinchiusi filo-monarchici e dissidenti. Secondo Human Rights Watch, il periodo più buio nella storia del carcere è stato quello dell'estate del 1988, alla fine della guerra con l'Iraq, quando migliaia di detenuti furono giustiziati dopo processi sommari. Con le rivolte antigovernative del 2009, successive alla rielezione alla presidenza di Mahmoud Ahmadinejad, il carcere aprì le sue porte a molti giovani contestatori della cosiddetta Onda Verde.
La sezione 209, sospettata di essere gestita dal ministero dell'Interno, è l'ala del carcere dove è più dura la mano del regime. I detenuti che hanno vissuto quest'esperienza hanno raccontato di essere stati bendati e portati in un seminterrato dove si trovano una novantina di celle su più file. La luce rimane accesa 24 su 24 e in ogni cella c'è solo una piccola finestra. Qui, come spesso denunciato dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani, tra cui Amnesty International, gli abusi e le violenze sono all'ordine del giorno.
A Evin sono stati rinchiusi in questi anni tutti i più noti dissidenti nonché i cittadini con doppia nazionalità arrestati nella Repubblica islamica. Tra questi il noto regista Jafar Panahi, che con uno sciopero della fame aveva denunciato le disumane condizioni di detenzione, l'attivista e premio Nobel per la Pace, Narges Mohammadi, l'avvocata per i diritti umani, Nasrin Sotoudeh.
Ben 804 sono i giorni passati dietro le sbarre da Kylie Moore-Gilbert, ricercatrice con cittadinanza australiana e britannica, arrestata nel settembre del 2018, accusata di spionaggio e liberata nel novembre del 2020 in cambio della scarcerazione di tre iraniani detenuti in Thailandia. Sei anni è il periodo trascorso in carcere dalla cittadina britannico-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe, arrestata nel 2016 con accuse di spionaggio, che ha sempre respinto con forza. Zaghari-Ratcliffe è stata rilasciata solo nel marzo del 2022 insieme ad Anoosheh Ashoori, anche lui con doppia cittadinanza, detenuto dal 2017.