Salutequità: "Attivare interventi regionali per garantire i Lea"
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(Adnkronos) - Per il terzo anno consecutivo Salutequità ha promosso un momento di studio e confronto per tenere alta l’attenzione e fare il punto sul Nuovo sistema di garanzia (Nsg) dei Lea, Livelli essenziali di assistenza, con i principali stakeholder per richiamare l’attenzione sul fatto che la valutazione delle performance non basta, ma servono interventi tempestivi e decisivi sulle Regioni per ristabilire l’effettiva applicazione dei Lea laddove non sono garantiti. Nel corso dell’evento, che ha il contributo non condizionato del Gruppo Servier in Italia, si è ricordato che, fino al 2023 gli indicatori ‘core’ di base, ai quali è collegato anche il meccanismo di premialità delle Ragioni (cioè una quota integrativa di risorse che viene loro erogata solo dopo la verifica del raggiungimento degli obiettivi) erano solo 22. Dal 2023 sono diventati 24 e nel 2024 sono passati a 27. Le novità più rilevanti sono l’indicatore nell’area equità, che verifica la rinuncia a prestazioni sanitarie per inappropriatezza organizzativa, ad esempio liste di attesa o motivi economici, e quello sull’aderenza al trattamento farmacologico per scompenso cardiaco. Quest’ultimo è il primo indicatore riferito ai Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta), strumenti utilizzati per definire il migliore percorso di cura per i pazienti a garanzia di continuità e qualità delle cure.
A fare sì che la verifica sulla rinuncia alle cure diventasse ‘core’ e si aprisse la strada ai Pdta - informa una nota - è stata proprio Salutequità, insieme ai tanti rappresentanti di associazioni pazienti, professionisti sanitari, società scientifiche e manager di strutture sanitarie, grazie alle evidenze e proposte prodotte attraverso le sue molteplici analisi. Infatti, anche nel 2024 è continuata ad aumentare la difficoltà di accesso alle cure. Secondo l’ultimo dato Istat, quasi un italiano su 10 (9,9%) ha dichiarato di aver rinunciato a visite o esami specialistici negli ultimi 12 mesi ( +2,3% rispetto al 2023). Le cause principali sono le liste di attesa (6,8%) e le difficoltà economiche (5,3%). Anche iI ricorso al privato è cresciuto, proprio per l’impossibilità di essere assistiti nell’ambito del Ssn, passando dal 19,9% nel 2023 al 23,9% nel 2024.
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nel nostro Paese e sono responsabili del 44% di tutti i decessi. Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico. Lo scompenso cardiaco rappresenta la principale causa di ricovero tra gli ultrasessantacinquenni e la prima causa di morte tra le patologie cardiovascolari nel Paese. La prevalenza dello scompenso cardiaco aumenta con l'età, raggiungendo il 10% tra gli over 65. I più colpiti appartengono alle fasce economicamente più deboli, meno istruite, donne e anziani.
Se da un lato si registra una generale crescita della rinuncia alle cure, dall’altro la forbice del divario territoriale rispetto al 2019 tende a ridursi, come certifica Istat. Ma non è una buona notizia: dimostra che anche le regioni settentrionali, dove tradizionalmente l’accesso alle cure era più garantito, peggiorano. Al Nord l’abbandono delle cure è del 9,2%, va peggio al Centro (10,7%) e nel Mezzogiorno (10,3%). Incidono di più le lunghe attese soprattutto al Centro e al Nord (rispettivamente 7,3% e 6,9%), mentre al Sud motivazioni economiche e organizzative hanno lo stesso peso (6,3%).
A pagare di più lo scotto di attese lunghe e difficoltà economiche sono le persone tra 45 e 54 anni (13,4%) e quelle over 75 che rinunciano di più della media nazionale. Le donne rinunciano più degli uomini, soprattutto in età adulta (15,6% vs 11,2% tra i 45 e i 54 anni), mentre dopo i 75 anni il gap si riduce. Anche il titolo di studio influenza la possibilità di curarsi: chi ha un livello di istruzione più elevato rinuncia meno per problemi economici rispetto a chi lo ha più basso (5,7% vs 7,7%). Rinunciare alle cure significa spesso aggravare il proprio stato di salute, con conseguenze anche sul sistema sanitario, che si trova poi a dover gestire patologie più gravi e costose.
"Continuare a rafforzare ed innovare l’Nsg dei Lea deve essere la priorità del nostro Ssn e anche grazie al nostro impegno, alcuni passi in avanti sono stati fatti – afferma Tonino Aceti Presidente di Salutequità - Infatti, nel 2024 sono diventati ‘core’ 2 importanti indicatori di performance delle Regioni: la rinuncia alle cure che misura il livello di equità sociale dell’assistenza sanitaria e l’aderenza alle terapie nel percorso diagnostico terapeutico assistenziale dello scompenso cardiaco. E ancora la Legge di Bilancio 2025 ha previsto entro giugno 2025 l’emanazione di un decreto del Ministero della salute, che ancora manca all’appello, al fine di integrare il nuovo sistema di garanzia dei Lea con una dimensione di monitoraggio e valutazione delle performance regionali che riguarda aspetti gestionali, organizzativi, economici, contabili, finanziari e patrimoniali. Anche l’Atto di indirizzo del ministro della Salute per il 2025 ha previsto la necessità di introdurre nuovi indicatori all’interno del Nsg, come pure il ‘Ddl prestazioni sanitarie’ approvato dal Senato prevede l’inserimento nel Nsg dei Lea di un indicatore sull’aderenza terapeutica".
"Sono diverse le tematiche che devono ancora essere messe sotto controllo all’interno del Nsg – sottolinea Aceti - come ad esempio: liste di attesa, umanizzazione delle cure, aderenza alle terapie, Prems ( acronimo di Patient-Reported Experience Measures, sono strumenti di indagine che misurano la percezione e l'esperienza dei pazienti riguardo all'assistenza sanitaria ricevuta) e Proms (dall'inglese Patient-Reported Outcome Measures, sono strumenti utilizzati in ambito sanitario per raccogliere informazioni direttamente dai pazienti riguardo alla loro salute e al loro benessere), il tempo di attesa in Pronto Soccorso, la qualità dell’Adi, la presa in carico di tutte le cronicità, la telemedicina, le infezioni correlate all’assistenza (Ica), il personale sanitario, l’accesso equo e tempestivo alle innovazioni tecnologiche, il corretto esercizio dell’intramoenia".
L’Nsg "dovrebbe fotografare e comunicare non solo i dati regionali, ma anche sub-regionali e diventare uno strumento più dinamico e flessibile da revisionare costantemente senza dover passare ogni volta per Decreti e Intese - aggiunge Aceti - Il Comitato Lea preposto al suo aggiornamento dovrebbe essere meno autoreferenziale e aprirsi agli stakeholder, e l’attività di misurazione, valutazione e verifica dei Lea deve essere sempre più sottratta a logiche politiche e consegnata completamente alla dimensione tecnica – evidenzia - garantendo il massimo livello di trasparenza e accountability dei dati: i risultati Nsg 2023 infatti sono stati pubblicati ad oggi solo in forma sintetica. Ma misurare e verificare sempre meglio l’assistenza sanitaria da sola non basta per ridurre le disuguaglianze e migliorare l’accesso alle cure. Servono interventi incisivi, puntuali e tempestivi di potenziamento dei Lea critici nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, così come previsto dal Patto per la Salute 2019-2021, e prevedendo anche l’esercizio di poteri sostitutivi – rimarca Aceti - La prova provata di tutto questo è l’incremento vertiginoso della rinuncia alle cure nel 2024, lo stesso anno in cui sulla stessa questione le Regioni sono state per la prima volta anche misurate e controllate con uno specifico indicatore core".
Aiutare a conoscere come il Ssn - conclude la nota - viene misurato e verificato può contribuire a usarlo meglio, migliorarlo e renderlo più trasparente, aumentando così anche il livello di fiducia nelle istituzioni. Per questo Salutequità ha realizzato proprio nell’ambito dei Lea e del Nsg, una mini-guida ragionata per spiegare di cosa si tratta, i diritti, le necessità e i meccanismi di funzionamento.