Deftones, a Milano bellezza e ferocia per i paladini dell'alternative metal
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(Adnkronos) - Il pubblico si muove violentemente sotto le luci blu del Carroponte, mentre il riff di ‘My Own Summer (Shove It)’ taglia l’aria. Si suda, si canta a squarciagola e i corpi si ammassano e si scontrano l’uno con l’altro. Se pensate di stare fermi siete nel posto sbagliato. Benvenuti al concerto dei Deftones, tra adolescenti con il nome della band stampato sulla t-shirt e i veterani dell’alternative metal che quelle otto lettere se le sono tatuate sulla pelle. Un pubblico diviso tra chi segue la band di Sacramento dal 1997 e chi l’ha conosciuta solo di recente su TikTok, che ha fatto scoprire a una nuova generazione brani come ‘Change’ o ‘My Own Summer’, rigenerandone il fascino.
Ma sotto al palco del Carroponte di Sesto San Giovanni questa apparente dicotomia si ricompone: le chitarre di Stephen Carpenter, la voce malinconica di Chino Moreno e un suono che ancora oggi è riconoscibile tra tanti altri, ci ricordano perché questa band, che non si è mai piegata alle mode, dal vivo continua a tenere alta la tensione emotiva, restando uno dei nomi della musica alternativa. Lontani da ogni etichetta, nati a Sacramento nel 1988, i Deftones, con la loro estetica torbida e sensuale sono stati tra i pochi ad attraversare indenni la tempesta del nu metal, uscendo dall’epoca dei pantaloni larghi e del cappellino portato al contrario con una discografia sempre più raffinata e stratificata.
‘White Pony’ (2000) è ancora oggi un punto di riferimento e la loro coerenza artistica li ha resi una band ‘di culto’ che non ha mai smesso di evolversi. Dal dolore per la morte del bassista Chi Cheng al rinnovato vigore degli ultimi lavori come Ohms (2020), i Deftones continuano a usare il vocabolario dell’inquietudine come solo loro sanno fare. Prima di Chino e soci sono gli High Vis a scaldare i motori mentre i Knocked Loose non danno tregua con il loro metalcore brutale e un breakdown dietro l’altro. Una scelta azzeccata per aprire le danze alla band di Sacramento, che del binomio aggressività-eleganza ha fatto la sua cifra stilistica.
Il Carroponte è gremito: 12mila persone per l’unica data sold out in Italia del loro tour. Chino, col cavo del microfono arrotolato sull’avambraccio, canta a pochi centimetri dai fan, cerca il contatto diretto e non si risparmia neanche per un secondo. La scaletta parte in quarta con ‘Be Quiet and Drive (Far Away)’ dal loro album capolavoro ‘Around the Fur’ e subito esplode con ‘My Own Summer (Shove It)’, il classico anthem tratto dallo stesso album, che li ha portati in cima alle classifiche. Il muro sonoro di ‘Diamond Eyes’ e ‘Rocket Skates’ lascia spazio a brani più stranianti come ‘Tempest’ e ‘Swerve City’ (da Koi No Yokan) confermando la capacità del gruppo di coprire tutti i registri sonori.
Il cuore dello show è affidato a tre pezzi cult di ‘White Pony’: ‘Feiticeira’, ‘Digital Bath’, ‘Change (In the House of Flies)’ (con uno snippet degli Smiths), che dal vivo non perdono nulla la loro forza ipnotica. Se in ‘Rosemary’, il gruppo si muove tra post-metal e note malinconiche il finale è una scarica di adrenalina, per citare il titolo dell’album omonimo da cui sono tratti ‘Bored’ e ‘7 Words’ con i quali congedano il pubblico. I Deftones hanno visto passare mode, generazioni e band meteora ma sono ancora qui, senza aver perso un briciolo di qualità, senza mai rincorrere le tendenze e continuando a fare a modo loro.
A 51 anni, il frontman Chino Moreno è più trascinante e carismatico che mai, e passa con disinvoltura dallo screaming più aggressivo ai toni più melodici: corre e salta da un lato all’altro del palco, sale le scale alle sue spalle senza fare una piega. Sicuramente la performance al Carroponte dimostra perché, nonostante siano trascorsi 37 anni dalla formazione, la band, ancora oggi, non ha rivali. (di Federica Mochi)