Conclave, Follini: "Nuovo Papa dovrà ripensare politica estera Vaticano"
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(Adnkronos) - "C’è molta “politica” nella distanza che la Chiesa sembra voler mettere tra sé e la politica. Una strategia, forse una visione, certamente una finezza. Un modo per esercitare un’influenza che non suoni troppo controversa, né troppo di parte. Lasciamo da parte la questione italiana, se così si può dire. Sono anni e anni che il Vaticano si tiene a prudente distanza da tutte le suggestioni che mirano a ricostruire dalle nostri parti un partito di ispirazione cristiana. Come è stata per quasi mezzo secolo la Dc, e come poi hanno cercato di fare le nuove generazioni orfane di quella lunga storia. Da questo punto di vista si può dire che Papa Francesco non abbia fatto niente, proprio niente, per incoraggiare questi tentativi, lasciando al laicato cattolico di sbrigarsela per conto suo ma stando bene attento a evitare che la Santa Sede ne venisse coinvolta.
E fanno sorridere, in questi giorni, quelle anticipazioni e previsioni sul Conclave che tendono a leggere le cose come se stesse per svolgersi una sorta di congresso democristiano. Ma la storia italiana è, appunto, assai peculiare e come tale unica ed irripetibile. Essa si lega da un lato a una lunga serie di pontefici nati e vissuti dalle nostre parti. E dall’altro a una vicenda politica, quella appunto della Dc, che aveva cominciato a declinare già al tempo di Papa Wojtila, il primo non italiano dopo anni e anni. Di lì in poi è comprensibile, e perfino ovvio, che la Chiesa abbia voluto tenersi a prudente distanza dalle controversie di casa nostra. E tanto più quando quelle controversie facevano appello a questa o a quella tendenza presente nel nostro episcopato.
Ma è al di fuori dei nostri confini che forse sta maturando, passo dopo passo, una svolta ecclesiale che va nel senso di una nuova geopolitica. Laddove un tempo era quasi scontato il legame peculiare tra la Chiesa e l’Occidente, in nome della lotta al comunismo. E dove poi, una volta caduto il muro di Berlino, era ben visibile una correzione di rotta che fin dai tempi di Giovanni Paolo II prendeva sempre più di mira quei tratti più marcati del capitalismo finanziario a cui non si voleva concedere troppo spazio. Per arrivare infine a Papa Francesco, che sulla globalizzazione ha speso una gran quantità di parole assai severe e perfino trancianti.
In tutti questi passaggi si poteva leggere anche una sorta di “geopolitica” ecclesiastica. Argomento che si immagina verrà silenziosamente sviscerato ora che si tratta di scegliere un nuovo pontefice affidandogli tra molte altre cose anche il compito di ripensare la politica estera del Vaticano. Tanto più ora che ci si trova sul ciglio di due guerre che si svolgono a pochi chilometri da San Pietro -sui campi di battaglia dell’Ucraina e di Gaza. E di un’altra guerra, per ora solo virtuale, che si svolge al crocevia delle grandi potenze e dei loro commerci.
Già, ma proprio questo drammatico rialzo di tutte le tensioni planetarie reclama dalla Chiesa un nuovo approccio. Infatti il Vaticano si trova ora alle prese con un evento piuttosto drammatico e controverso. E cioè l’archiviazione dell’idea e dell’identità occidentale. Quel mondo che i grandi Papi di questi anni per metà hanno coltivato e per metà hanno criticato. Ma che infondeva anche alle gerarchie dell’epoca la confortevole certezza di avere a che fare con un sistema di forze e di valori di qualche solidità, nel bene e nel male. Il fatto è che la configurazione politica della Chiesa si era sagomata in tutti questi anni intorno a un equilibrio di potenze, ideali e materiali, che ora sta venendo meno.
Un po’ perché appunto l’Occidente non dispone più del primato di prima. E un po’, soprattutto, perché in questa parte del mondo cominciano a delinearsi conflitti identitari assai più profondi e laceranti di quelli che in passato regolavano le sottili dispute in chiave liberal-democratica tra americani ed europei. Insomma, quel vincolo di complicità che teneva insieme i paesi “occidentali” ora non offre più al resto del mondo un riferimento né amichevole né polemico. Cosa che molto probabilmente spingerà la Chiesa alla vigilia di un nuovo pontificato a tenersi ancor più a distanza dalla fenditura che si sta aprendo dalle nostre parti. Così, per far sentire la sua voce viene da immaginare che il Vaticano dovrà far ricorso a tutto l’astuto candore che diventa tanto prezioso nelle fasi di passaggio. E di tumulto.
(di Marco Follini)