Anca dolorosa, cos’è e sintomi: quando serve la protesi
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(Adnkronos) - Dolore persistente all'anca, difficoltà nei movimenti quotidiani, qualità della vita in costante peggioramento: sono questi i segnali da non sottovalutare. Ma quando è davvero il momento giusto per sottoporsi a un intervento di protesi? E a cosa si fa riferimento quando si parla di 'anca dolorosa'? A fare chiarezza sono gli esperti della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot). Negli ultimi decenni in Italia "abbiamo registrato un costante incremento di interventi di protesizzazione dell'anca, che ha superato abbondantemente i 100mila casi ogni anno", ricorda la Siot.
Con l'espressione 'anca dolorosa' "si intende un sintomo che può essere espressione sia di patologie che effettivamente coinvolgono l'articolazione dell'anca, ma - spiegano gli ortopedici - anche di condizioni patologiche che invece riguardano i tessuti in prossimità dell'articolazione come muscoli, tendini, borse: queste ultime hanno solitamente un'evoluzione benigna e prevedono dei percorsi medici e riabilitativi che devono essere personalizzati ed effettuati sotto la guida di persone esperte".
"Le patologie articolari 'vere', invece, tendono a progredire - precisa Alessandro Massè, direttore Uoc Ortopedia e Traumatologia 1U, Aou Città della Salute e della Scienza-Cto di Torino, ed esperto Siot per la chirurgia protesica - Esistono diverse gradazioni di danno della cartilagine e delle altre strutture articolari che, in un tempo variabile, possono portare all'artrosi. Molte di queste forme possono essere legate a fattori predisponenti congeniti, come malformazioni di diversa entità. Al contrario le variabili legate al sovrappeso, all'attività lavorativa o a quella sportiva possono accelerare la progressione del danno: sovraccarichi eccessivi o movimenti estremi possono concorrere al peggioramento del danno articolare. Altre forme di danno articolare sono riconducibili a traumi importanti, a malattie infiammatorie (poco noto, ma frequente è ad esempio il coinvolgimento articolare nella psoriasi) o a problemi vascolari localizzati".
In generale l'artrosi 'classica' nelle sue manifestazioni conclamate si evidenzia per lo più nell'età adulta, con uguale frequenza nei due sessi: "I quadri di danno articolare iniziale, invece - chiarisce Massè - possono dare i primi sintomi in età giovanile, o addirittura pediatrica, se sono presenti patologie o malformazioni che producono un precoce danno delle strutture articolari: la cosiddetta pubalgia dei giovani sportivi, spesso è espressione di un iniziale danno articolare".
"Quando si evidenzia un difetto strutturale dell'anca - evidenziano gli ortopedici - è possibile effettuare interventi chirurgici per eliminare il difetto prima che questo produca un danno della cartilagine. Si tratta di interventi complessi e di invasività variabile, finalizzati a ritardare anche di molto l'insorgenza dell'artrosi e, quindi, la necessità di ricorrere ad una protesi d'anca. Molti passi avanti sono stati fatti nelle tecniche artroscopiche, realmente mini-invasive, ma a volte si rendono necessari complessi interventi di invasività anche elevata, soprattutto in età pediatrica e nei giovani adulti, finalizzati a correggere le anomalie più severe attraverso delle 'fratture' controllate di femore e bacino, le osteotomie".
Il gran numero di protesi all'anca impiantate ogni anno in Italia "in parte è dovuto all'invecchiamento della popolazione – interviene Pietro Simone Randelli, presidente Sito e direttore della Clinica Ortopedica dell'Istituto Gaetano Pini di Milano - e in parte all'incremento di richieste da parte dei pazienti che mal tollerano le limitazioni derivanti dall'artrosi e vogliono rapidamente recuperare una buona qualità di vita: è sempre fondamentale che il paziente sia informato sulla reale entità dell'intervento e sulle possibili, anche se rare, complicanze. A volte, purtroppo, le aspettative del paziente non sono realistiche per una incongrua informazione da parte di 'dottor Google'".
"La protesizzazione dell'anca è un intervento di grande diffusione e straordinario successo, tanto che già nel 2007 l'autorevole rivista scientifica Lancet lo ha definito 'l'intervento del secolo' per il rapporto estremamente favorevole tra rischi e benefici - ricorda la Siot - Grazie allo sviluppo delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche, il tasso di complicanze è molto basso e il recupero estremamente veloce". Tuttavia, "si deve ricordare che si tratta comunque di un intervento di chirurgia ortopedica maggiore per il quale il termine mini-invasivo si riferisce al risparmio dei tessuti e al più rapido recupero funzionale, ma non a un intervento di piccola complessità", puntualizzano gli ortopedici.
"L'intervento - rimarca Massè - deve essere effettuato quando il paziente ritiene che la sua qualità di vita non sia più accettabile per la sintomatologia dolorosa e la limitazione funzionale; non si tratta di un intervento preventivo e quindi, se il paziente con poche accettabili limitazioni mantiene una buona qualità di vita, può essere procrastinato senza che questo comporti un risultato peggiore. L'intervento oggi viene effettuato a qualsiasi età, anche in considerazione dell'aspettativa di durata degli impianti molto migliorata".
Negli ultimi decenni - riferisce la Siot - si sono realizzati costanti e significativi progressi nelle tecniche chirurgiche e nell'affidabilità dei materiali: questo ha portato a una più rapida ripresa funzionale dopo l'intervento e a un incremento nella durata delle protesi. Le recenti innovazioni tecnologiche fornite dalle industrie (navigazione, robotica, realtà aumentata) si stanno affacciando anche in questa chirurgia: "Siamo in una fase di transizione - conclude Massè - e i vantaggi di queste innovazioni non sono ancora evidenti, soprattutto l'attuale altissimo tasso di successo di questa procedura; è però verosimile che alcune tra queste nuove tecnologie in futuro dimostrino una reale efficacia nell'incrementare il tasso di soddisfazione dei pazienti definendo nuovi standard".