Lo spazio europeo dei dati sanitari non è in contrasto con la tutela della privacy: l'analisi di Guido Scorza
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(Adnkronos) - La tutela della privacy non è in contrasto con lo scambio e l'utilizzo dei dati sanitari, se la loro disponibilità genera benefici per tutti i cittadini. Ne è convinto l'avvocato Guido Scorza, componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, intervistato dal direttore di Culture Felicia Pelagalli, che lancia il Data summit del 6 giugno.
“Da oggi non possiamo più nasconderci dietro l’alibi della privacy: abbiamo il framework, dobbiamo riempirlo”, afferma, ricordandoci che i prossimi quattro anni saranno decisivi per preparare e far decollare lo spazio europeo dei dati sanitari. “Questa è la sfida, questa è la missione”, sottolinea, auspicando che l’Europa ci aiuti a non perdere il ritmo: del resto, “l’elemento di fragilità è sempre stato il tempo”.
Una sanità sempre più digitalizzata e interconnessa sia a livello nazionale sia a livello europeo grazie allo scambio di dati è l'obiettivo da raggiungere entro il 2029, come previsto dal Regolamento europeo sullo spazio europeo dei dati sanitari (EHDS) e già perseguito dal decreto italiano che istituisce l'ecosistema dei dati sanitari (EDS), tutti e due, peraltro, pubblicati lo scorso 5 marzo. Una vera e propria rivoluzione per i cittadini europei, i quali potranno accedere a cure specialistiche all'estero senza dover ripetere esami o portare una versione cartacea della propria storia clinica. Basterà un click e le strutture sanitarie europee avranno accesso ai dati sanitari del paziente.
Con l’European Health Data Space (EHDS) l’Europa mette nero su bianco che, per finalità quali ricerca, innovazione, pianificazione sanitaria e sanità pubblica, “la vera base giuridica” non sarà più il consenso individuale, ma l’interesse pubblico di tutti. Un’impostazione “di default” – spiega – che non impone una visione, ma lascia la possibilità al singolo di chiedere di fare un passo indietro” grazie a un semplice opt-out, diritto di opposizione.
Ma proprio qui si gioca la credibilità dell’intero sistema: “l'interesse pubblico funziona, in combinato con l’opt-out, solo se al cittadino racconti cosa accade in caso di sua inerzia. Se l'inerzia del cittadino è figlia dell’inconsapevolezza su quello che accade, allora il sistema salta". Facciamo tesoro dell’esperienza italiana sul Fascicolo Sanitario Elettronico, dove la mancata informazione avrebbe potuto trasformare un meccanismo di empowerment in un boomerang d’inerzia e sospetto. Per questo, ammonisce, “la trasparenza a monte e la consapevolezza a valle sono parte integrante del sistema dell’opt-out: è un patto di fiducia da stringere con cinquecento milioni di europei”.
Sorge allora il nodo delle ricadute concrete: “Comprimo il diritto individuale alla privacy per quale beneficio?”, chiede con forza. Se concediamo margini di condivisione più ampi, dobbiamo consegnare risultati tangibili - nuovi farmaci, cure personalizzate, sistemi predittivi - e “benefici condivisi in modo equo tra la popolazione europea”.
Nel frattempo, l’Italia si prepara con l’EDS e con il nuovo disegno di legge sull'intelligenza artificiale, attualmente in discussione alla Camera, che apre alla possibilità di utilizzare il dato anche per l'addestramento dell'AI: per finalità di ricerca medico-scientifica i dati sanitari potranno alimentare i modelli di machine learning, nel rispetto delle regole del GDPR, per “il training degli algoritmi”. Una prospettiva che non deve spaventarci, perché “con gli algoritmi si schiudono opportunità straordinarie nel campo della salute, purché camminiamo con ‘occhio vigile’ sui rischi di distorsione”.
In questo quadro, i dati sintetici (ovvero dati artificiali che mantengono però le proprietà statistiche del dato originario su cui si basano) emergono come un alleato prezioso. Non una formula magica, ma uno strumento di bilanciamento che, se ben progettato, anonimizza davvero e può perfino correggere squilibri, come quelli di genere, nei dataset: “introduco più dati sintetici al femminile che al maschile e ricostruisco una base più equilibrata”. Una scelta che costa di più - “raccogliere, trattare, sintetizzare e poi buttare i dati originali non è un’operazione a buon mercato” - ma che potrebbe valere ogni centesimo, se riduce i rischi di discriminazione algoritmica.
L’EHDS, insomma, porta con sé una rivoluzione silenziosa: sposta l’asse dal dato come ostacolo alla privacy al dato come “bene collettivo”, senza però tradire la fiducia dei cittadini. La sfida è tutta qui: trasformare normative, framework e algoritmi in un racconto credibile, perché ciascuno di noi sia messo in condizione di scegliere - sapendo davvero chi fa cosa, con quali dati e per quale scopo - e di prendere parte, consapevolmente, a questa nuova alleanza tra privacy e progresso.
Anche per questo il 6 giugno si svolgerà il DATA SUMMIT alla Camera dei Deputati in cui dialogheranno istituzioni, esperti, media, rappresentanti dei cittadini e dei pazienti e portatori d'interesse.