In the Hand of Dante, Schnabel tra eterno presente e arte immortale

VENEZIA (ITALPRESS) – Fuori concorso alla 82esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, In the Hand of Dante di Julian Schnabel unisce letteratura, arte e cinema in un viaggio che attraversa sette secoli. Il film racconta la storia di Nick Tosches, scrittore richiamato da un esilio autoimposto da un boss mafioso, coinvolto in una ricerca per autenticare un manoscritto ritenuto essere la Divina Commedia di Dante. Con l’aiuto di un assassino enigmatico, Louie, Nick attraversa un percorso oscuro che lo collega, senza saperlo, al poeta italiano, esplorando ossessioni, amore e il divino tra XIV e XXI secolo.

Schnabel ha parlato del rapporto tra arte e tempo, e del ruolo della memoria: “Sto parlando da artista. Non sarò qui per sempre. Sono qui adesso, nell’eterno presente. Se creo qualcosa, posso tornarci. E quella cosa resterà, anche quando tutto finirà”. Il regista ha sottolineato il potere immortale dell’arte: “Il produttore Jeremy Thomas non a caso ha chiamato la sua società The Recorded Picture Company – La compagnia delle immagini immortali. Le persone sopravvivono alla morte perché diventano parte dell’arte”.

Per Schnabel, pittura e cinema si parlano tra loro: «Nella mia stanza ho un quadro: Procession for Jean Vigo. Vigo fece L’Atalante, Zero for Conduct. Ho dipinto il quadro nel 1979. Ed è ancora lì. Tutto ciò che è fuori dal quadro è… temporaneo. La casa cambia, le cose cambiano. Ma dentro quel quadro c’è tutto ciò che avevo da dire”.

Il cinema, spiega, crea lo stesso effetto di immortalità con gli attori: “A Sag Harbor ho rivisto Apocalypse Now, la versione del 1979. Giulia D’Agnolo Vallan ha un cinema lì. Ho visto Marlon Brando vivo. Quando dice: “È il giudizio che ci sconfigge”… Noi sentiamo davvero Marlon. Perché è un’immagine registrata”.

Schnabel lega il concetto al cuore del film: “Se esiste solo l’eterno presente, tutto il tempo scorre simultaneamente, e non c’è motivo per cui un ragazzo della malavita non possa essere la reincarnazione di Dante Alighieri. A sua insaputa, Nick è Dante, e gli è stata data l’opportunità di correggere gli errori commessi settecento anni fa, e di rendersi conto che la donna che aveva ignorato nella sua vita passata è la stessa che incontra nel XXI secolo, mentre cerca il manoscritto originale insieme a Louie, che nel 1302 era stato papa Bonifacio”.

Il regista conclude sul rapporto tra arte e vita: “Nella lotta per la perfezione nell’arte, le nostre vite possono essere meno che perfette – persino afflitte dal fallimento – ma tutto ciò che esiste al di fuori dell’opera d’arte non esiste. L’obiettivo è diventare la poesia. Dante e Nick ci sono riusciti. Io ci sto ancora lavorando. Tutto ciò che ho davvero da dire è nella mia arte”.

xr7/mgg/gsl (video di Federica Polidoro)


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