Misteri d'Italia, a Napoli seminario sulla strage di Portella della Ginestra

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Negli spazi dell’Istituto campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età contemporanea “Vera Lombardi” di Napoli, si è tenuto, nella serata di mercoledì 7 novembre, il primo di una serie di incontri sul tema: "Viaggio nella democrazia sospesa”.
Gli incontri, in collaborazione con l’Associazione “La città possibile”, approfondiranno alcuni passaggi cruciali della storia dello Stato italiano, attraverso la proiezione di film. Promotore dell’iniziativa, Guido D’Agostino, Presidente dell’Istituto, Ordinario di Storia moderna presso l’Università degli studi Federico II di Napoli, nonché animatore di numerosi seminari di natura storica nella nostra provincia.
Il primo film in proiezione è stato: “Segreti di Stato”, ricostruzione della strage di Portella della Ginestra.
Un uditorio numeroso, attento ed interessato ha seguito la ricostruzione della vicenda fatta dal regista Paolo Benvenuti, durante la quale si sono succedute immagini e ricostruzioni di fatti, persone e luoghi che sono, ancora oggi, oggetto di riflessione politica e sociale.
Portella della Ginestra è stato il luogo nel quale si è consumata la prima strage dell’Italia repubblicana, località in cui contadini, donne e bambini si sono riuniti il 1° maggio del 1947, intorno al  "Sasso di Barbato", dal nome di Nicola Barbato socialista e fra i fondatori dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, per festeggiare la vittoria della coalizione PC-PSI nelle elezioni amministrative svoltesi in Sicilia nell’aprile dello stesso anno. Sulla gente in festa partirono, dalle colline circostanti, numerose raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate. La responsabilità dell’eccidio fu immediatamente attribuita al bandito Salvatore Giuliano, mafioso locale che per misteriose ragioni aveva sparato su i suoi concittadini. Il film ricostruisce, ben presto, le ragioni vere della strage, dalla dichiarazione dello stesso Giuliano di non aver sparato sulla folla, ma solo in aria e per intimidire i presenti, alla presenza sul luogo di numerosi altri protagonisti del massacro: gruppi di mafiosi interessati a far comparire sulla scena un’auto misteriosa che avrebbe dovuto trasportare Girolamo Li Causi, segretario del PC siciliano, destinato ad essere ucciso per le sue idee, persone armate e guidate da tale Salvatore Ferrero, incaricato dalla politica locale e nazionale di mettere fine alla manifestazione, per finire con altri misteriosi individui, armati di granate, probabilmente riconducibili alla X^ Mas sotto il comando del principe Junio Valerio Borghese, gruppo di ispirazione fascista.
Personaggi che si intrecciano con la vita e la morte per avvelenamento, nel carcere dell’Ucciardone, di  Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano. La storia si sviluppa seguendo l’indagine condotta dall’avvocato del Pisciotta che riuscirà, con enorme fatica, a ricostruire i fatti ed individuare i mandanti del massacro, che rivelerà essere molto più di un semplice eccidio di mafia, come era stato volutamente descritto, ma piuttosto l’atto conclusivo di una contrapposizione fra molti e diversi poteri. Da un lato vengono messe in luce le responsabilità politiche della Dc del tempo, il politico democristiano Mario Scelba è indicato nella ricostruzione fra i mandanti dell’eccidio, esponente di un partito in feroce contrapposizione con il partito comunista, erede dell’esperienza partigiana e animatore di manifestazioni e rivendicazioni popolari negli anni immediatamente seguenti il secondo conflitto mondiale. Per finire poi con il ruolo dei servizi segreti americani opportunamente indirizzati dalla politica del presidente Truman. Stato, mafia, intelligence straniera e gruppi filofascisti, mescolati nella organizzazione di un massacro senza giustificazioni, responsabili di una ricostruzione fatta a loro uso e consumo per indirizzare la struttura politica della Repubblica italiana nascente.
Francesco Soverina, fra gli animatori dell’iniziativa, insieme a Mario Rovinello, amplia il quadro della vicenda ricordando il ruolo che in quegli anni ebbe in Sicilia il movimento separatista guidato da Andrea Finocchiaro Aprile, movimento che, dopo un primo periodo di consenso popolare, finì per abdicare ai suoi sogni quando nel 1948 il governo centrale riconobbe alla Sicilia il ruolo di regione a statuto speciale. Storia dunque di verità nascoste o distorte per favorire interessi politici ed economici privati, per nascondere i quali tutto è ammesso, anche il sacrificio di persone innocenti. Torbidi meandri dell’arte del governo che alimenta se stesso di senso di onnipotenza, di certezza della impunità, di scelte che cercano di far avvizzire le radici della verità e della giustizia in nome della ragion di stato. Vicende e uomini che, protetti dalla stessa ragion di stato, hanno operato ed ancora operano, come testimoniano oggi le vicende dell’inchiesta sui rapporti fra stato e mafia portate avanti da magistrati come Antonio Ingroia, per gestire e condizionare le scelte della politica e della società civile nel suo insieme.
Il dibattito finale è stato caratterizzato dal commento di alcuni studenti presenti. Essi hanno manifestato i loro timori nei confronti di un mondo che tradisce i valori nei quali essi sono educati e credono, vittime inermi di una macchina mostruosa che uccide la verità e la giustizia e rispetto alla quale essi si sentono indifesi.
L’incontro termina con il proposito di recuperare insieme il senso più vero della storia e maturare, con determinazione, una più significativa consapevolezza della necessità di divenire noi stessi protagonisti del nostro tempo e delle scelte che determineranno il nostro futuro.
Eusapia Tarricone



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