Samte: "Per i rifiuti la Regione non ha determinato alcuna soluzione"

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La fase emergenziale che ha interessato la Campania per quanto riguardo il ciclo integrato dei rifiuti sembrerebbe lontana. Ma qual è il quadro attuale? È quello che prova a chiarire la Samte, Società Provinciale dei Rifiuti, ponendo un'analisi profonda.

La fase di emergenza, in materia di ciclo integrato dei rifiuti urbani che ha interessato la Regione Campania dall’11 febbraio 1994 si è chiusa il 31 dicembre del 2009. “Oggi, ad un quinquennio dal termine dell’emergenza" – scrivono  le 5 Società Provinciali tutte a totale capitale pubblico e costituite ope legis, per acquisire le competenze derivanti dal trasferimento delle attività di cui alla gestione commissariale - "in questo tempo hanno saputo mantenere in piedi una conduzione, senza soluzioni di continuità, con particolare riguardo al segmento più importante che è quello finale degli smaltimenti del rifiuto urbano”.

Le parti differenziate del rifiuto da inviare a recupero (organico, carta e cartone, plastica, vetro e metalli) hanno raggiunto percentuali importanti, soprattutto in Provincia di Benevento, e questo grazie soprattutto alla virtuosità degli enti comunali. Gli ultimi dati certificati dalla Regione che risalgono all’anno 2013 sono i seguenti :



La provincia di Benevento, infatti, risulta prima in Campania per le altissime percentuali di raccolte differenziate raggiunte, ha però una incidenza estremamente insignificante sull’intera situazione regionale. “Siamo – scrive la Samte - molto lontani da una virtuosità complessiva del ciclo e ciò è ancora più vero se si sviluppa un censimento della impiantistica essenziale per l’autosufficienza regionale che manca”.

Ma i rifiuti da smaltire, dove vanno a finire?

“Il quantitativo su base regionale del rifiuto residuo da smaltire" – scrive sempre la Società Provinciale dei rifiuti – "pari a 1.427.489 tonnellate, viene conferito presso i 7 esistenti impianti STIR, dove si effettua il trattamento meccanico – biologico, a seguito del quale, in uscita si ottengono due distinte frazioni, quella tritovagliata secca da inviare a termovalorizzazione per il recupero di energia e quella tritovagliata umida da smaltire in discarica".

La Samte spiega che l’unico impianto esistente di termovalorizzazione presente in Campania è quello di Acerra, la cui capacità produttiva non soddisfa l’intero fabbisogno, come insufficienti risultano anche le discariche attualmente funzionanti, infatti 3 Società Provinciali (Benevento, Salerno e Napoli), trasferiscono fuori regione tale rifiuto, a cui, tra non molto si aggiungerà anche la Società di Caserta in quanto a breve si saturerà anche la discarica di San Tammaro in località Maruzzella.

L'azienda afferma che "gli impianti di digestione anaerobica, in attuazione della L.n.1 del 2011, che avrebbero dovuto essere ubicati in adiacenza agli S.T.I.R., essenziali per il trattamento del rifiuto organico proveniente dalla raccolte differenziate, non sono stati realizzati”, ma poi precisa che “furono avviati i procedimenti a nomina regionale di Commissari ad Acta che hanno prodotto il nulla di fatto. Il rifiuto organico è quindi, trasferito quasi totalmente fuori regione (verso impianti del Nord e Centro Italia) tranne per la città di Salerno che è dotata di un impianto dedicato in funzione da circa tre anni”.

Insomma, per la Società Provinciale dei rifiuti, “la mancanza dell’impiantistica più importante sul territorio servito causa la esigenza di dover ricorrere a trasporti e conferimenti fuori regione dei rifiuti, determinando così una forte lievitazione dei costi a vantaggio delle imprese private operanti nel Settore e fintanto che continua a perdurare tale situazione la spesa per il cittadino non potrà assolutamente diminuire”.

Di recente però la delibera di Giunta n.130 del 28.03.2015, dell’esecutivo uscente di Stefano Caldoro ha fatto proprio il documento denominato “Adeguamento del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani della Campania - Documento di orientamento strategico”. Nel testo, sono indicate, in linea di massima le strategie per procedere all’adeguamento del Piano Regionale del 2011. “Tale documento – sottolineano nella nota - descrive una situazione molto diversa dalla realtà. Infatti, alterano notevolmente lo stato dei fatti nel punto in cui si afferman che: la Campania già all’attualità detiene la capacità impiantistica (pubblica e privata) per trattare tutto il RUR prodotto in regione”.

“L’elaborato prodotto – continuano - offre una visione ideale sul ciclo dei rifiuti in Campania, da poter proporre alla Commissione Europea in relazione al pesantissimo procedimento di infrazione comunitaria aperto nei confronti dell’Italia relativamente alle complesse problematiche irrisolte della Campania in materia di rifiuti, quale ‘teorica’ dimostrazione dell’operato regionale svolto per porre rimedio alle insufficienze”.

Cosa prevede questo documento?
“Che per l’anno 2016 – rispondono – si raggiunga una percentuale di raccolta differenziata tra il 55% e il 60%, con la Provincia di Napoli stimata al 41%, per il 2014, che dovrebbe poter incrementare la propria percentuale di oltre 15 punti in due anni”. Ma proseguono, “la città di Napoli si ferma al 22%, e tendenzialmente amplia meno di 2 punti percentuali in un anno, e dovrebbe poter portare un aumento della raccolta differenziata di oltre 33 punti. Un’ autentica utopia”.

Per quanto riguarda invece la riconversione degli Impianti STIR, “per funzioni utili a supporto delle raccolte differenziate. Anche qui– scrive la Samte – la realtà vera è molto lontana dai programmi così come indicati nel documento adottato. Infatti si prevede di attuare la rifunzionalizzazione dell’impiantistica esistente”.

Secondo la Società Provinciale dei rifiuti, “gli STIR campani hanno diversi funzionamenti che dipendono, sia dalle differenti potenzialità degli impianti - la capacità produttiva degli impianti napoletani non può essere paragonata a quella dell’impianto sannita o irpino - sia dalle oggettive differenze che i rifiuti urbani prodotti nelle varie realtà provinciali presentano, in termini di quantità; produzione pro-capite abitante e di elementi merceologici. Per cui tale documento, per essere davvero aderente alle diverse realtà , avrebbe dovuto tenere conto delle distinte peculiarità territoriali”.

“Nel Documento – ripetono - tra l’altro, si rileva, finalmente, la chiara affermazione che la proprietà delle fatidiche ecoballe stoccate, dal 2000 al 2009, è riconducibile esclusivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e quindi allo Stato. Ma intanto, nel frattempo, tutte le spese di gestione di detti siti le hanno sostenute e le stanno sostenendo i cittadini campani”.

In conclusione, scrive la Samte, “un’altra delibera di Giunta, sempre dell’esecutivo Caldoro, la n.148 adottata nello stesso giorno, 23 marzo 2015, è stato approvato un progetto finalizzato alla realizzazione di interventi migliorativi relativi al ciclo integrato dei rifiuti per l’impiego dei lavoratori dei Consorzi di Bacino che da tempo non hanno più una stabile collocazione nel ciclo ed in attesa del delinearsi degli A.T.O.”

“Tale progetto – precisano - prevede la pubblicazione di bandi rivolti a tutti i comuni della Regione Campania e alla 5 Società Provinciali operanti nel settore, per la concessione di finanziamenti a fronte dell’impiego a tempo indeterminato di detti lavoratori. Quale Sindaco inoltrerà domanda per caricarsi di oneri per assunzioni a tempo indeterminato in cambio dell’attribuzione di limitate risorse una tantum?”.

“I grandi ed annosi problemi irrisolti dei rifiuti – concludono - piomberanno integralmente, come macigni, sui cittadini - lavoratori ex consorzi, gestione siti dismessi e siti di stoccaggio delle eco balle - attraverso la Legge Regionale varata nel 2014, ai comuni passerà integralmente la gestione di tali complesse problematiche, rispetto alle quali, in questi anni, la Regione non è stata assolutamente in grado di determinare alcuna soluzione”. 



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