Istat, in Italia oltre 4 milioni di persone vivono in poverta' assoluta

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Pubblicato il rapporto Istat che rivela i dati sulla povertà in Italia. Nel 2015,  7,6 per cento della popolazione vive sotto della soglia prestabilita. 

L’Italia stretta nella morsa crisi, anni di austerità e recessione economica spingono verso la povertà assoluta milioni di famiglie. Sono 4milioni e 598mila – dato più alto dal 2005 – gli italiani che vivono in condizioni di indigenza, il 7.6% della popolazione. È il triste dramma rappresentato dall’Istat nel report “La povertà in Italia”, uno studio che fa riferimento all’anno 2015.Il paese risulta diviso, nel Mezzogiorno c’è una povertà più diffusa soprattutto in alcune regioni e nei comuni più piccoli, ma il fenomeno è in aumento anche anche nel Nord.

Due, le misure della povertà: assoluta e relativa, elaborate dall’Istat utilizzando, “due diverse definizioni e metodologie basate sui dati dell'indagine sulle spese per consumi delle famiglie. A livello territoriale è il Mezzogiorno a registrare i valori più elevati di povertà assoluta (9,1% di famiglie, 10,0% di persone) e il Centro quelli più bassi (4,2% di famiglie, 5,6% di persone)”.

“Nel 2015 – dice l’Istat – si stima che le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005 a oggi). L'incidenza della povertà assoluta si mantiene sostanzialmente stabile sui livelli stimati negli ultimi tre anni per le famiglie, con variazioni annuali statisticamente non significative (6,1% delle famiglie residenti nel 2015, 5,7% nel 2014, 6,3% nel 2013); cresce invece se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013)”.

A peggiorare maggiormente, sono le condizioni delle famiglie con 4 componenti, che hanno 2 figli e ed una età media che va dai 45 ai 54 anni, scende invece l’incidenza della povertà assoluta in quelle famiglie composte da anziani. “L’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento (il valore minimo, intorno al 4%, si registra tra le famiglie con persona di riferimento over64) e del suo titolo di studio (se la persona di riferimento è almeno diplomata l’incidenza è poco più un terzo di quella rilevata per chi ha al massimo la licenza elementare). La povertà assoluta colpisce in misura marginale le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro o impiegato (l’incidenza è inferiore al 2,0%), sale all’11,7% tra le famiglie di operai (9,7% nel 2014), raggiunge il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (19,8%), mentre si mantiene decisamente al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (3,8%)”.

Sempre secondo l’Istat questo aumento, si deve principalmente all’accrescimento della “condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose. L'incidenza della povertà assoluta aumenta al Nord sia in termini di famiglie (da 4,2 del 2014 a 5,0%) sia di persone (da 5,7 a 6,7%) soprattutto per l'ampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri (da 24,0 a 32,1%). Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono nei comuni centro di area metropolitana (l'incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%)”.

Per quanto riguarda invece la condizione di povertà relativa – la stima dell’incidenza della povertà relativa viene quantificata tenendo conto anche della variazione dei prezzi al consumo e della spesa – viene calcolata sulla base di un limite minimo prestabilito (nel 2015 era pari a 1.050,95 euro) la cosiddetta linea di povertà. Se dunque il valore della spesa è inferiore questa famiglia viene definita povera in termini relativi.

“Nel 2015 – si legge ancora nel report – sono stimate pari a 2 milioni 678 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (10,4% di quelle residenti), per un totale di 8 milioni 307 mila individui (13,7% dell’intera popolazione): 4 milioni 134 mila sono donne (13,3%), 2 milioni e 110 mila sono minori (20,2%) e 1 milione 146 mila anziani (8,6%) (Prospetti 9 e 10). L’incidenza della povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2014 in termini di famiglie (da 10,3 a 10,4%) mentre cresce in misura lieve in termini di persone (da 12,9 a 13,7%). Nel Mezzogiorno, alla più ampia diffusione della povertà si associa la maggiore gravità del fenomeno; la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è pari a 785,75 euro, contro 804,23 euro rilevati nel 2014, l’intensità è salita da 22,8 a 25,2%”.

Per l’Istituto Nazionale di Statistica ad incidere sulle condizioni è anche livello d’istruzione. Ad esempio, “se il livello d’istruzione della persona di riferimento è basso (nessun titolo o licenza elementare) l’incidenza di povertà è più elevata (15,9%) ed è quasi tre volte superiore a quella osservata tra le famiglie con persona di riferimento almeno diplomata (5,8%). Inoltre, la diffusione della povertà tra le famiglie con persona di riferimento in posizione di operaio e assimilato (18,1%) è decisamente superiore a quella osservata tra le famiglie di lavoratori autonomi (7,6%), in particolare di imprenditori e liberi professionisti (3,3%). I valori più elevati si osservano tuttavia tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione”.

Ma non è tutto perché l’Istat effettua anche una classificazione delle famiglie in povere e non povere. “Questa è ottenuta – spiegano – attraverso la linea convenzionale di povertà, può essere maggiormente articolata utilizzando soglie aggiuntive, come quelle che corrispondono all’80%, al 90%, al 110% e al 120% di quella standard. Tali soglie permettono di individuare diversi gruppi di famiglie, distinti in base alla distanza della loro spesa mensile dalla linea di povertà. Nel 2015 le famiglie ‘sicuramente’ povere (che hanno livelli di spesa mensile equivalente inferiori alla linea standard di oltre il 20%) sono il 5,2%, quota che sale all’11,3% nel Mezzogiorno. È ‘appena’ povero (ovvero ha una spesa inferiore alla linea di non oltre il 20%) il 5,2% delle famiglie residenti (9,1% nel Mezzogiorno); tra queste, più della metà (2,9%, 4,8% nel Mezzogiorno) presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%). È invece ‘quasi povero’ il 7,2% delle famiglie (spesa superiore alla linea di non oltre il 20%) mentre il 3,2% ha valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre il 10%, quote che salgono rispettivamente a 12% e 5,3% nel Mezzogiorno. Le famiglie ‘sicuramente’ non povere, infine, sono l’82,4% del totale, con valori pari al 90,3% nel Nord, all’87,3% nel Centro e al 67,6% nel Mezzogiorno”.
 



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