Scontri a Palazzo Mosti. I manifestanti respingono le accuse: 'Ora denunciateci tutti'

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"Cinque cittadini, o cittadine, non lo sappiamo perché il bon ton istituzionale evidentemente prevede di avvertire prima la stampa e poi i diretti interessati, deferiti all'autorità giudiziaria per 'oltraggio, resistenza e lesioni aggravate ai danni di appartenenti alle Forze dell'Ordine che nell'occasione riuscirono ad impedire loro di entrare in massa e con la forza all'interno del plesso dove si doveva tenere un consiglio comunale'. Un'azione eroica, a leggerla così. Peccato che questi novelli trecento in scudo e manganello non avessero davanti l'esercito di Serse, ma una moltitudine di cittadini inermi ed inoffensivi, che 'pretendevano' di esercitare un proprio legittimo e sacrosanto diritto, assistere alla seduta del Consiglio Comunale della propria città". Così, in una nota girata alla stampa, il gruppo dell'Assemblea Permanente contro la dismissione del patrimonio comunale, commenta i provvedimenti della Questura di Benevento che ha annunciato alla stampa la denuncia di cinque manifestanti dopo i momenti di tensione dello scorso 3 dicembre davanti Palazzo Mosti, con la Celere di Napoli. Gli attivisti puntano il dito sulla decisione dell'amministrazione comunale " palesemente convinta che il Municipio sia cosa propria, e non casa comune, sulla base di una presunta limitata legittimità della sala consiliare, limitazione peraltro valida solo in determinate circostanze. Non così fu, esempio non casuale, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria all'allora capo della polizia Manganelli, quando la stessa sala straboccava di pubblico, di una massa che pare chiaro in quell'occasione sia riuscita a sconfiggere le forze del bene ed a violare in maniera tanto smaccata le sacre regole sull'agibilità a corrente alternata. Questo sì che è un oltraggio, un volgare insulto a tutta la cittadinanza ed alle regole più elementari di un regime che si vuole di democrazia rappresentativa". Poi l'affondo sull'atteggiamento della Celere: "Oltre all'oltraggio, anche la violenza. Non sapremmo come altro definire un pugno in faccia che ha spaccato naso e denti ad una donna che esprimeva la propria indignazione per la svendita del patrimonio comunale, o i calci sferrati al corpo di un compagno già in terra. Del resto, una precisa misura dell'attendibilità delle accuse formulate dalla questura si può ricavare da un comunicato stampa emesso dallo stesso ufficio in occasione dei fatti del tre dicembre, laddove si faceva carico ai manifestanti, citazione letterale, di aver "esploso numerosi lacrimogeni". Davanti ad un simile travisamento della realtà ogni commento è superfluo". Respinte al mittente, da parte dei manifestanti, le accuse di violenza: "Resistenza, infine. Anche quella c'è stata, c'è, ci sarà, e, se permettete, questa ce la rivendichiamo, anche con un pizzico di orgoglio. Resistenza 'passiva', senza armi, se non idee ed argomenti che come unica risposta trovano pugni, calci e manganelli. Resistenza doverosa, animata dallo spirito civico delle centinaia di giovani cittadine e cittadini fortunatamente dotati di molta più coscienza civile di chi ci governa. Avete già scritto che queste cinque denunce sono solo la prima infornata: bene, ora denunciateci tutti".



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