Da CIVES riflessioni su un’utopia possibile con Enrico Giovannini

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Ieri 28 gennaio presso il Salone “Leone XIII” del Palazzo Arcivescovile si è tenuta la Lectio Magistralis di Enrico Giovannini, ordinario di Statistica Economica presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e già presidente dell’Istat e Ministro del Lavoro del precedente governo, nell’ambito dell’ottava lezione di CIVES - Laboratorio di Formazione al Bene Comune, che è intervenuto sul tema “I nuovi indicatori per misurare il benessere della società italiana”.
Ha portato i saluti Gallucci, Presidente del Centro di Cultura “R. Calabra”, il quale ha sottolineato quanto l’incontro si proponga di offrire l’occasione per un’apertura orizzontale ancor più decisiva in tutto il percorso del Laboratorio.
Ettore Rossi, direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della Diocesi di Benevento, ha introdotto la lezione. “Nell’ottica glocal, che noi di CIVES abbiamo adottato da sempre, gli indicatori del benessere sono importanti anche sul piano territoriale per l’individuazione delle politiche e la distribuzione delle risorse dei bilanci degli enti locali in maniera più mirata. Proponiamo al Comune di Benevento di sperimentare, come hanno già cominciato a fare alcune città italiane, la misurazione di quegli indicatori di benessere equo e sostenibile, disponibili e utilizzabili a livello comunale. Sulla base di essi determinare, così, le scelte programmatiche e amministrative e, quindi, anche il proprio bilancio”. Questa nuova impostazione ha come scopo il miglioramento del benessere locale e della qualità della vita dei propri cittadini, attraverso la determinazione di obiettivi misurabili e costantemente monitorati rispetto al loro livello di realizzazione.
Di seguito è intervenuto Giovannini, chiamato recentemente dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a guidare l’Advisory Board sulla Data Revolution per lo sviluppo sostenibile. “Non vi parlerò di numeri ma di un’utopia – ha esordito il docente – cioè quella di costruire un mondo migliore, una società più felice che realizzi un livello di benessere più alto, perché il nostro modello di sviluppo non regge più: se tutto il mondo adottasse i nostri stessi modelli di vita ci vorrebbero tre pianeti. Intorno a noi avvengono cambiamenti climatici che sommati all’assenza di lavoro e di crescita, producono un mix che non è sostenibile sul piano sociale”. Con uno sguardo fermo e lucido sulle difficoltà che viviamo, Giovannini è stato puntuale nell’indicare i possibili punti di ri-partenza per il nostro Paese, ma non solo. “Intanto si può fare meglio quello che in parte, più o meno coscientemente, stiamo già facendo, e cioè cambiare i nostri modelli di consumo. A questo riguardo è un dato di fatto che l’incertezza in cui viviamo ci spinge ad essere più sobri. Dovremmo inoltre riflettere maggiormente sui due termini intorno ai quali si gioca maggiormente il nostro futuro: la vulnerabilità e la resilienza. Il primo ci dice che siamo esposti ai rischi, e nella nostra cultura il concetto stesso di rischio a noi naturalmente non piace. Il secondo termine indica invece la capacità fisica di un materiale di tornare alla sua condizione di partenza dopo aver subìto una torsione o uno schiacciamento. Dobbiamo orientare le nostre politiche alla resilienza”.
Verso, dunque, una solidarietà equamente distributiva tra le generazioni, che abbia un orizzonte più vasto, Giovannini lancia il suo monito, “se non ci attrezziamo per cambiare il modello delle nostre società, se non cominciamo a capire i loro punti di forza e debolezza in una prospettiva più ampia, sarà difficile o pressoché impossibile rendersi conto dove investire e di conseguenza da dove ripartire per lo sviluppo”. Rispetto a tutto questo, la politica ha un compito fondamentale: dare speranza.
Le conclusioni sono state affidate a Andrea Mugione, Arcivescovo di Benevento, il quale ha rimarcato la ricchezza di contenuti emersa nell’ambito dell’incontro con Giovannini. Entrando nel merito della tematica affrontata si è soffermato sul fatto che la felicità sta a cuore a tutti, “la fede alimenta la promessa cristiana di una felicità totale”. In questo senso, egli ha richiamato quanto diceva Aristotele: “La felicità è qualcosa di divino”. Mugione ha ricordato, infine, che il nostro compito è di coniugare tale promessa con una felicità più quotidiana, facendo ricorso ad uno stile di sobrietà e solidarietà.



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