Il rosa nell’editoria: intervista a Danila De Lucia, Editore e Direttore di 'Messaggio d’oggi'

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Da oggi il Quaderno propone uno spazio dedicato all’universo femminile. Una serie di incontri con donne che si sono affermate nel loro lavoro e sono parte attiva di questa comunità. Ironicamente, abbiamo deciso di chiamare questo spazio “Quote rosa”, perché crediamo che le donne lavoratrici, capaci, affermate e con una vita familiare non abbiano affatto bisogno di tutele da animale in via d’estinzione. Sono tante. Sono ovunque. E sono straordinarie…
La nostra riflessione parte dall’analisi di un universo – quello femminile – al quale la storia e la società guarda ancora con preconcetto o, segretamente, con timore.
Sembrerebbe superfluo parlare di “quote rosa” e forse dovrebbe essere superfluo in una società di diritto e di reale eguaglianza. Ma al contrario, a fronte di vicende di cronaca e testimonianze femminili intorno ai loro rapporti non sempre positivi con l’altro sesso, appare indispensabile soffermarsi su un tema che ha invece una sua incredibile attualità. Ancora più importante , a nostro avviso, un’analisi della presenza femminile nel nostro territorio, in una provincia del Sud in cui è forte la presenza delle donne che hanno saputo, con la loro abilità, competenza e determinazione, costruirsi un ruolo di primo piano. Da loro, dai loro racconti, dalle loro testimonianze procederemo alla scoperta del “rosa” beneventano.

Chi è Danila De Lucia e quali le ragioni della sua scelta professionale?
Ho quasi 50 anni ed il mio primo articolo è apparso su “Messaggio d’oggi” a 16 anni e mezzo.

Dunque un’antica passione?
Più che una passione la mia è stata “fretta di lavorare” e poiché il giornale apparteneva a mio padre ho iniziato presto a collaborare al suo interno. Ho interrotto i miei studi universitari per dedicarmi tutta a questo mestiere essendo io vissuta da sempre nell’ambiente dell’editoria, ritenendo inoltre che la cosa principale fosse quella di costruirmi un curriculum ricco. Ho fatto tante cose, ma ho iniziato attraverso la gestione di uffici stampa che riguardavano la musica, la cultura e lo spettacolo. Ho avuto la fortuna di collaborare con Paolo Ciardi, un professore che veniva da Roma per il Conservatorio di Benevento e che istituì in città l’ISBES, l’istituzione sinfonica beneventana. Ho collaborato alle attività della ‘città spettacolo’ di Gregoretti, Cappuccio e Moscato. Dunque ho avuto l’opportunità di spaziare molto dal punto di vista lavorativo. Tanto ho imparato, per la gestione del mio lavoro, da Francesca Portonero che mi ha dato le giuste indicazioni sul cosa significasse fare un ufficio stampa.

Come è riuscita a coniugare lavoro e famiglia?
E’ stato abbastanza difficile. Viviamo in una città in cui il sostegno pubblico alle esigenze familiari di una donna che lavora è praticamente inesistente. Per ragioni familiari inoltre, non ho potuto usufruire dell’appoggio dei classici nonni destinati alla gestione dei nipoti, avendo mia madre problemi di salute. Ero io piuttosto ad aiutare lei. Per questo motivo ho spesso portato con me le mie bambine, anche al giornale, appoggiandomi a volte ai vicini. Ricordo che per i successivi due anni dopo la nascita della mia seconda bambina ho lavorato da casa, restando però prigioniera di un’organizzazione che non consiglio a nessuno perché è una situazione che ti abbrutisce, fisicamente e intellettualmente. Quando oggi sento parlare di “telelavoro” sto male al solo pensiero.

Dunque non è stato facile, ma tutto sommato è stato anche gratificante visti i risultati a cui è giunta…
Partendo dal presupposto che il mio è un mondo prevalentemente maschile, io mi sento il più maschio dei maschi. Abbiamo qui a Benevento un’associazione di editori sanniti, di cui il mio giornale è membro. Quando l’associazione si trova ad organizzare incontri o manifestazioni ha l’abitudine di spingere me a parlare nelle diverse situazioni. In fondo il nostro essere donne in qualche caso è un vantaggio perché non si reagisce mai in maniera aggressiva o violenta alle provocazioni che a volte determiniamo. Ricordo di una discussione animata con un politico beneventano per un articolo a lui poco gradito. Se fossi stata uomo, probabilmente lui avrebbe alzato le mani.

Dunque è abbastanza sanguigna nei rapporti con gli altri…
Si, assolutamente, ma in tutte le occasioni e in modi diversi. Nella mia redazione, ad esempio, sono molto chioccia. Ho un’attenzione particolare per tutto ciò che accade ai miei collaboratori. Se stanno male voglio sapere subito come va, se intraprendono qualche altra attività mi preoccupo di sapere come è andata.

Il momento più bello o quello più triste?
Aspetto ancora il momento più bello. Credo che i momenti belli debbano sempre ancora arrivare, mentre quello più triste è forse stato quando io e i miei fratelli costituimmo una SRL per rilevare il giornale che originariamente era proprietà di mia madre, dunque una ditta individuale. E’ stato brutto e difficile perché ho vissuto l’esperienza come l’usurpazione di un ruolo che era stato per anni di mio padre.

Visti i risultati, però, forse non è stata una scelta sbagliata…
No, è vero, perché in fondo ho continuato in qualche modo il suo lavoro e di questo sono felice. Ricordo poi che dopo la riorganizzazione del giornale si sparse la voce che la testata era stata venduta. Molti, amici ed abbonati, mi chiesero di chiarire che si trattava solo di un cambio di gestione verso il quale, tra l’altro, si dichiararono fiduciosi.

Sappiamo che è stata ed è ancora vittima di uno stalker. Se le va di parlarne, può dirci come vive questa situazione e se ritiene che sia un fenomeno prettamente femminile?
Non ho problemi a parlarne anche se ho scoperto, a mie spese, che è un fenomeno molto diffuso. E’ un fatto di cui sono vittima da molto tempo; la prima mia denuncia risale al Novembre del 2009. Sono più di 600 giorni, come dice una persona a me vicina. Nel tempo non è cambiato assolutamente nulla, con la differenza che il molestatore prima mi tempestava di telefonate sul cellulare e adesso chiama in redazione. Ho ricevuto lettere terribili, alcune sono in possesso della polizia. Altre, sullo stesso tono, mi continuano ad arrivare. So che sono state fatte indagini e la cosa è ancora sotto osservazione, ma ancora non si è risaliti al responsabile. Ho dovuto prendere delle precauzioni, come munirmi di telefoni che mostrino il numero di chi chiama. Il molestatore infatti chiama con un numero “nascosto” o dalle cabine telefoniche e poiché il condizionamento è fortissimo, ho escogitato questo modo per difendermi. Nell’ultimo periodo sono diminuite le chiamate, ma si sono intensificate le lettere. D’altra parte mi sono chiesta spesso se pure fosse individuata la persona, in quanto tempo questa sarebbe nuovamente libera di tornare alla sua attività di molestatore.

Questa brutta esperienza ha creato problemi all’interno della famiglia?
Sì, ormai la famiglia e gli amici fanno di tutto per non lasciarmi mai sola; anche in redazione i miei collaboratori vanno via solo quando anch’io vado via. C’è stata poi quella volta in cui ero in vacanza con una delle mie figlie e lo squillare continuo del telefono l’ha messa in forte agitazione. La cosa più brutta per me è pensare, quando sono per strada fra tanta gente, che lui potrebbe essere chiunque.

L’essere donna è stato un fatto positivo nel lavoro, o no?
L’aver preso nelle mie mani la gestione del giornale è stata vista a volte con curiosità o perplessità, come a dire “ma sarà mai capace di guidare un giornale”? L’esserci riuscita mi regala molta soddisfazione.

E’ perfezionista come la maggior parte delle donne?
Sì, assolutamente e la cosa che mi gratifica molto è il sentirmi dire : “sul giornale non c’è neanche un errore”.

Donne e politica, come vede questo rapporto…
Tanto per cominciare sono contraria alle quote rosa. Ritengo che i principi di selezione nel lavoro debbano essere il merito e le capacità. Nulla deve essere determinato dalla sola appartenenza di genere.
Ritengo poi che la politica sia basata sulla mediazione e che questa non appartenga sempre e integralmente al mondo femminile. La donna è più concreta, pratica, vuole risolvere i problemi più che mediare, guarda alle cose serie, quelle che valgono, che servono, perché noi donne siamo persone semplici e la semplicità ci porta a realizzare le cose che servono. E’ pur vero che conosco donne che hanno fatto della politica una loro scelta e che perseguono le loro idee con convinzione, senza farsi travolgere dal sistema , ma non credo che sia cosa semplice e sempre realizzabile.

E cosa pensa dell’8 marzo?
Sono assolutamente contraria all’8 Marzo e non ho mai consentito a mio marito di portarmi una mimosa. Non capisco e non capirò mai perché tante donne sentano la necessità di riunirsi ed incontrarsi solo in quella circostanza, dimenticando magari se stesse per il resto dell’anno. Non posso accettare il fatto che tante donne non sappiano cosa sia una pizza o una cena con le amiche al di fuori di quell’occasione. Per non parlare poi del fatto che ormai questa circostanza è divenuta una cosa diversa da ciò che l’ha determinata.
Ho condiviso invece la manifestazione delle donne “Se non ora quando”. Vedere l’entusiasmo e la consapevolezza di tante donne è stata una cosa che mi è piaciuta molto. Mi è capitato di provare ad avviare un movimento rosa a Benevento, ma sono rimasta delusa dal fatto che ancora prima di partire, gli individualismi di chi pretendeva incarichi o mansioni particolari in nome della personale appartenenza ad una categoria di lavoro, ha fatto fallire ogni iniziativa. La donna a Benevento?
Ci sono delle donne in gamba a Benevento. Non sono molte, però quelle che si sono affermate, rivestendo ruoli strategici. Non c’è nessuna di queste donne che ricopra un ruolo che non sia a lei veramente dovuto. Questo vale anche per qualche donna che ha fatto della politica la sua scelta di vita.

Concludendo, ritiene che sia giusto parlare di donne in questo momento storico della società nazionale o pensa che possa essere superfluo?
E’ una vera necessità parlare delle donne, di un mondo che spesso ha destabilizzato dei centri di potere. Anche nell’universo multimediale, come in facebook, le donne propongono una prospettiva spesso nuova e per certi versi sorprendente per il mondo maschile; capita spesso, è successo anche a me, che se proponi argomenti che non siano le solite “sciocchezze femminili” rischi di essere ignorata o di passare per ‘strana’.

Dunque anche questo è un mondo che meriterebbe attenzione...
Si, perché inserirsi in un argomento di discussione che non sia la banalità è visto con sospetto, proprio perché sei donna, al punto che ho deciso di utilizzare il mezzo solo per stupidaggini e lasciare ad altre occasioni i momenti di riflessione.

Per concludere?
Fa male sentirsi apostrofare in modo negativo perché donna, ma io posso affermare che la mia grande gioia è avere due figlie femmine, due donne in cui rivedermi ed in cui investire e promuovere la mia sensibilità femminile.

Pia Tarricone



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