Quote rosa: Mbarka ben Taleb, femminile plurale

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La poliedricità dell’universo femminile è l’oggetto di questa nostra rubrica che ha l’ambizione di esplorarne ed inseguirne tutte le possibili declinazioni. Oggi incontriamo una donna che è anche un’artista, di origini tunisine, ma sannita d’adozione, testimone di una cultura diversa, ma sorprendentemente simile alla nostra. Una persona che ha fatto della sua arte, la musica, e della sua origine araba, un percorso di crescita e maturazione verso la piena consapevolezza di sé come persona e come donna, senza sconti per gli altri, ma soprattutto verso se stessa. Si tratta della cantante M’Barka ben Taleb.

Chi è M’Barka ben Taleb?
Sono nata in Tunisia e poi sono venuta in Italia, come tanti emigranti che hanno lasciato la loro terra, e qui vivo da circa 24 anni; mi sono trasferita a Benevento, cittadina un po’ stretta per un’artista, per seguire però il mio grande amore e qui ho vissuto per molti anni e vivo con mio figlio. Sono separata da tre anni.

I suoi genitori vivono in Tunisia?
Mio padre è morto già da diversi anni, mia madre vive a Napoli - dove anch’io ho vissuto per molti anni – insieme a mia sorella e mio fratello.

Torna mai in Tunisia?
Ogni anno, anche per far scoprire a mio figlio la terra della mamma. Inoltre credo che si debba andare in Tunisia perché è una terra molto bella.

Qual è il clima politico-sociale della Tunisia oggi?
Si sta benissimo, è tranquillissima dopo la tempesta nel mondo arabo.

Da quanto tempo lavora nel mondo della musica?
Praticamente da sempre. Ero bambina e già cantavo nel coro della scuola. Una sera di circa venti anni fa ero a cena con amici in un locale a Pozzuoli. Ci siamo messi a ballare e cantare. Si trovava nel locale Tony Esposito che mi ha sentita e mi ha chiesto di entrare nel coro che lo accompagnava nelle sue serate. Così è cominciata la mia carriera. Sono stata fortunata.

Dopo quell’esperienza?
Ho incontrato grandi musicisti napoletani e, dopo l’esperienza con Tony Esposito, ho lavorato per oltre dieci anni con Eugenio Bennato nel progetto “Taranta Power“. Pochi sanno che io sono nelle case degli italiani ogni giorno, la mia voce passa, con “Mediterraneo sia” un pezzo di Eugenio Bennato, in una trasmissione televisiva che si chiama ‘Linea blu’. D’altra parte in quasi tutti i pezzi di Bennato c’è la mia voce. Per me è stato un maestro, a lui devo tanto.

Dopo quel periodo?
Dopo quel periodo sono passata alla carriera di solista ed ho fatto il mio primo disco, nel 2005, “Alto Calore”. Il titolo deriva dal nome del fiume Calore e nel pezzo ho cercato di parlare dell’acqua, nel tentativo di proteggere questo bene prezioso. Dopo ho lavorato con tanti altri artisti come Enzo Gragnaniello. Ho lavorato con Eduardo in una tournee teatrale ed infine la mia voce è presente in un cartone animato dove parlano di pizza e si sente la mia voce in arabo. Ho lavorato poi con Gipo Farassino in una tournee e con Gianni Coscia, uno tra i più grandi fisarmonicisti italiani, poco conosciuto come tanti altri artisti.

E la sua esperienza nel cinema?
L’esperienza cinematografica di “Passione” (il film sulla canzone napoletana diretto da John Turturro, ndr) è stata per me importante. Sono stata fortunatissima perché per partecipare al progetto sono arrivate a John Turturro più di duemila canzoni. Sono stati convocati per i provini tutti gli artisti che si erano proposti, ma già Turturro ed il suo staff avevano selezionato le voci per loro più interessanti. Quando mi è arrivata la telefonata, pensavo fosse uno scherzo, ma ovviamente ero contenta di essere stata preferita anche ad artisti italiani di grande fama, come Lucio Dalla, che avevano inviato pezzi di ogni tipo.

E la canzone fuori dal cinema?
Ho fatto e sto facendo una tournee con pilastri come Peppe Barra e James Senese. E’ per me una collaborazione importante. Dal 4 all’11 Dicembre siamo al ‘Trianon’ a Napoli per rappresentare i pezzi musicali di ‘Passione’.
Sto comunque elaborando un mio nuovo progetto insieme a James Senese, un artista capace di realizzare delle vere pietre preziose musicali e con il quale si è stabilito un rapporto di stima ed amicizia.

Ha sempre cercato, nella sua musica, di coniugare le sonorità dei Sud del mondo. Quali sono le differenze e le affinità fra il suo sud e quello nel quale ora vive?
Ogni città, piccola o grande, è un sud per un’altra città. Il mio paese è al Nord dell’Africa, ma è a sud dell’Italia.

C’è qualcosa che accomuna questi due luoghi?
C’è un forte legame fra cultura tunisina e napoletana, primo fra tutti il carattere aperto delle persone. Ci sono ovviamente i difetti, ma sono meno evidenti. Se, per esempio, per strada chiedi a qualcuno indicazioni stradali, sia a Napoli che nel mio paese, è facile che addirittura ti accompagnino fino al luogo che cerchi: questo indica che entrambi i popoli sono molto ospitali, disponibili e sorridenti.

E nella musica?
Nella musica è comune la scala araba dei suoni e poi di arabo a Napoli c’è tanto. Penso alla canzone “Tammurriata nera”.
In arabo, però, esiste il ‘quarto tono’ mentre nella musica occidentale no, per non parlare poi degli strumenti che sono diversi.
Sono certamente culture diverse, ma vivendo, come è successo a me, per tanto tempo in un’altra terra, si finisce col coniugarle.

Sonorità napoletana e araba: come convivono?
Quando canto, io non sono solo napoletana. Nelle mie sonorità c’è sempre qualcosa di arabo perché io sento le affinità di due sud così affascinanti e simili, al punto che tradurre in arabo un pezzo napoletano è per me naturale.

Lei suona la ‘darbuka’, che è una specie di tamburo…
Sì è vero, ma nei miei pezzi ho inserito anche il ‘canun, poco conosciuto, una specie di arpa araba che si tiene sulle gambe. Mi piace molto mescolare suoni e strumenti di culture diverse, sempre alla ricerca di sonorità particolari in cui possa riconoscermi.

Assistiamo sempre più frequentemente all’arrivo di persone che dall’Africa vengono nel nostro paese, cosa ne pensa di questo fenomeno?
E’ vero, ed è per questo che sto lavorando ad un nuovo progetto che si chiamerà “Inverso l’Africa”, proprio per evidenziare questo fenomeno contrario a quanto avvenuto nei secoli passati, in cui era l’occidente a ‘dirigersi’ verso l’Africa. Oggi accade il contrario.

Cosa significa per lei essere donna?
Ho spesso pensato che nel mondo del lavoro, almeno in ambito artistico, c’è una prevalenza del sesso maschile. Gli uomini hanno maggiore potere, più contatti, più tutto. Per la donna è molto più difficile. Spesso non si guarda l’artista, la professionista o le capacità, ma si guarda solo l’aspetto esteriore e la disponibilità sessuale. Secondo me invece la donna è la prediletta di Dio, la più amata, la più forte, la più buona e generosa, l’unica capace di mettere al mondo dei figli e dunque più potente e fortunata. Confesso di essere molto femminista.

Lei è figlia di un’altra cultura, ma italiana da molto tempo, ci vuole descrivere le differenze nell’idea di donna tra la sua cultura d’origine e quella nella quale vive? Come è considerata la donna nella cultura tunisina?
Secondo me le diversità sono figlie di un’educazione diversa, educazione che viene da secoli di tradizioni, abitudini culturali e religioni diverse.

La religione conta molto?
Si certo conta, ma io, quando vado nel mio paese vesto come in Italia. Io credo che l’educazione conta quando, ad esempio, nel mio paese si vedono donne che mettono il velo, alcune però lo fanno per tradizione, spesso per loro è un gesto di praticità nella vita di tutti i giorni, altre perché sono praticanti; ci sono poi donne, come me, che non sono né credenti né praticanti. Tutte queste situazioni convivono tranquillamente ed anzi direi che le donne che portano il velo sono una minoranza.

Il velo: perché ?
Come ho già detto è una tradizione. Quando sento qualcuno chiedermi se il velo non genera calore a chi lo porta, io rispondo che è una stupidaggine. Forse che in Italia non esistono le suore cattoliche che usano il velo? Il velo lo porta chi vuole nel rispetto delle proprie tradizioni.

Nel suo paese vige la Shari’a?
In Tunisia non c’è la shari’a, c’è la religione, ma non condizionante. Ci sono le tradizioni: se si va in altri luoghi del mio paese, io sono di Tunisi, si possono trovare altre abitudini e tradizioni, abiti diversi, ma non par ragioni religiose, ma perché la tradizione impone le differenze.

Come è vista nel suo paese la condizione di donna-artista?
E’ assolutamente accettata, anzi è una condizione fortunatissima.

Noi in occidente, abbiamo una visione molto particolare della condizione della donna nella cultura araba, priva di diritti, poco considerata…. È corretta?
E’ molto sbagliata, questa immagine scorretta è secondo me figlia della televisione, questa bestia presente in tutte le case, molto meglio la radio! La TV parla dell’Islam come di una fede “pericolosa”, ma il Corano è paragonabile alla Bibbia.
Nel Corano è scritto che nessuno è obbligato a credere, dunque è una religione aperta a tutti, inoltre noi crediamo sia a Gesù che alla Madonna. Gesù come profeta e Maria come madre del profeta. Molte persone portano, nel mio paese, il nome di Maria e Aisa (Gesù in arabo). Tutto questo non si sente in televisione.

E Maometto, che ruolo ha nella sua fede?
Maometto è l’ultimo arrivato nella mia fede, dopo Gesù. La televisione parla dell’Islam solo come covo del terrorismo. Ovviamente c’è anche un Bin Laden o un Gheddafi, ma l’Islam non è solo questo, come se parlando di Hitler noi dicessimo che tutti i tedeschi sono come Hitler.

La “Primavera araba”: cosa pensa che significhi?
Per me è un sollievo, una vittoria, un’emozione fortissima. Io amo i giovani e queste vicende rappresentano il loro futuro, noi siamo il passato. Non è sempre vero che una persona anziana sia più capace: ha solo più esperienza. Giovani come mio figlio mostrano capacità e competenze che noi “vecchi” non abbiamo. Io bacerei ad uno ad uno questi giovani arabi che hanno animato questo movimento, loro stanno portando la vera democrazia. Nel mondo arabo la democrazia diventa sempre monarchia: presidenti che governano per quaranta anni e non vogliono più andare via ed anzi combattono, come in una guerra, l’opposizione popolare.
Anche la Tunisia ha avuto uno stesso Presidente per venti anni. Ho provato grande tristezza alla vista del corpo di Gheddafi, ma è stato lui a cercarsela, questa è gente che se non gli spari non se ne va. Assurdo.

Lei ha ricevuto il premio “Il gladiatore d’oro”: quali le emozioni?
Questa occasione mi permette di ringraziare il Presidente della Provincia di Benevento Aniello Cimitile, che è stato, insieme alla commissione, particolarmente gentile a scegliermi per questa onorificenza. Io non conosco personalmente il Presidente, ma a lui andrà sempre tutta la mia riconoscenza per la stima avuta nei miei confronti. So che per loro non è stata facile la scelta delle persone da premiare, e questo mi fa sentire molto onorata del riconoscimento anche perché nell’area sannita, in cui vivo da tredici anni, ho fatto solo tre concerti e dunque non sono molto conosciuta.

Quali gli effetti pratici del premio? Concerti o altro ?
Non ho avuto alcun beneficio da questo riconoscimento, assolutamente nulla. D’altra parte io non ho avuto nulla da Benevento. In dodici anno ho fatto solo tre concerti.

Neanche in occasione della “Città spettacolo”?

Qui divento cattivissima. Io non ho mai bussato alle finestre, sempre alle porte. Un assessore alla cultura mi ha accusato di non aver presentato un progetto per la manifestazione. Non è vero perché ne ho presentati per anni, ma inutilmente. Sono stati preferiti a me altri artisti dal budget più alto del mio. L’anno scorso mi hanno chiamato e la cosa è stata ufficializzata in televisione e sui giornali; avevo in mente di portare tre strumentisti arabi suonatori di canun, di contrabasso ed di violino arabo, diverso da quello europeo. Alla fine mi hanno detto che non si poteva più fare. La cosa mi ha molto amareggiato. Per un periodo, per fare la mamma e per vivere, ho preferito fare la parrucchiera piuttosto che fare concerti in questa zona.

Suo figlio la segue quando è fuori per lavoro?
No, io sono contraria a portarlo con me, credo che i bambini debbano fare la vita di bambini. La prima volta che mi ha visto su un palco è stato in occasione della premiazione del Gladiatore d’oro e faceva fatica a riconoscermi come la sua mamma.

Essere donna nel mondo del lavoro e nella società, è un valore aggiunto o un limite?
Nel mio lavoro è un limite, assolutamente. Nel mondo artistico devi avere fortuna e disponibilità nei confronti degli uomini, diversamente è difficilissimo.

Ma non crede che la donna abbia fatto passi avanti nell’affermazione del proprio ruolo?
Credo che non sia così, anzi per certi versi la sua condizione è peggiorata perché, a fronte di certe conquiste, ha perso la considerazione familiare e le premure del partner. Oggi la donna si ritrova sola in ogni circostanza e deve fronteggiare, sempre da sola, le difficoltà quotidiane.

Ci sono, secondo lei lavori prettamente femminili o la donna può fare qualunque attività lavorativa?
Un lavoro prettamente femminile è quello di casalinga. Io credo infatti che il lavoro fuori casa sia un di più che fa comodo alla famiglia per pagare le bollette e di ciò gli uomini sono contenti. Ma il lavoro in casa si “deve” comunque fare; forse si stava meglio quando si stava peggio, quando la donna doveva pensare solo a fare la casalinga. La parità conquistata spesso è stata una condanna ai lavori forzati a cui non sempre corrisponde il rispetto per ciò che si fa. Nonostante un doppio lavoro sembra che tu non abbia fatto nulla; in passato la donna era molto più rispettata. Per me parità significa anche dividersi gli impegni casalinghi. Oggi si parla di prolungare gli anni di lavoro delle donne ai fini della pensione, io credo sia una follia considerato il doppio lavoro delle donne. Gli uomini fanno un solo lavoro. Comunque una donna può fare qualsiasi cosa, basta che lo voglia.

Non è sufficiente essere bravi nel proprio lavoro?
Assolutamente no. Nel mio lavoro, ad esempio, io sono una che vuole che si apprezzi solo la mia arte, per questo lavoro poco. Mi è capitato spesso di rifiutare un lavoro a causa di produttori che chiedevano in cambio “favori sessuali”.

Sempre più spesso oggi si parla di “Quote rosa”in diversi ambiti, da cui il titolo della nostra rubrica, crede sia necessario o lo ritiene superfluo?
Io credo sia inutile, anzi superfluo. La donna deve essere presente e basta in ogni ambito. Se c’è davvero la parità allora è inutile stabilire quote rosa. Ma poi, chi stabilisce e governa questo principio? Sempre gli uomini che finiscono anche per decidere dove e perché ci debbano essere donne. Sembra quasi che ti facciano un piacere, mentre invece dovrebbe essere un diritto da non discutere, per questo credo che sia una presa in giro. Troppo spesso i diritti raggiunti si sono trasformati in oneri per la donna.

Convivenza e matrimonio, due modelli sociali di coppia : quali crede siano i vantaggi e gli svantaggi per una donna?
Io credo che se una donna decide di vivere con un uomo, può tanto convivere che sposarsi, credo non ci sia alcuna differenza. C’è solo una firmetta in più. Io sono separata e reduce da un matrimonio, ma la mia condizione oggi non è diversa da quella di una donna sposata.

Dal momento che non nutre molta considerazione per l’universo maschile, ci vuole dire come sono gli uomini nel suo paese?
L’uomo arabo è molto, ma molto più coccolone.

Ma vuole le coccole o le dà?
Te le dà. Ti fa sentire donna, gelosi al pari degli occidentali.

Esiste la bigamia in Tunisia?
No, non esiste. Esiste in alcuni paesi arabi, ma non in Tunisia, almeno nel paese di oggi. Molti paesi del nord africa hanno al loro interno etnie e religioni diverse, anzi la particolarità, come racconta un mio amico siriano, è che contraggono matrimonio solo fra individui della stessa religione. A me dispiace, io musulmana ho sposato un cristiano e ritengo che ciò sia normale. Quando ho chiesto al mio amico il perché della loro regola, mi ha risposto che da loro anche le donne non possono sposare un musulmano perché i musulmani possono avere anche quattro mogli. Se è vero che in qualche paese arabo uomini molto ricchi possono avere più mogli, in Tunisia questo non avviene ed anche se la possibilità di farlo è stata cancellata più di cinquanta anni fa, la bigamia non è mai stata praticata in Tunisia.

Se lei dovesse proporre qualcosa alle giovani donne di oggi, occidentali o arabe che siano, cosa consiglierebbe?
A tutte direi studiate, studiate, studiate, questa è la vera ricchezza. Molte donne pensano che lo scopo della loro vita si concluda con un matrimonio, senza rendersi conto che si stanno impelagando in un impegno gravoso che prevede tanto lavoro domestico. Gli uomini dicono che vogliono dare la parità alle donne. Io dico invece di studiare in modo da poter superare gli uomini senza aspettarsi da loro graziose concessioni. Io sono arrivata alla convinzione che la donna debba agire, nei confronti dell’uomo, senza pietà, perché il migliore di loro ti fa oggetto di scortesie. La donna, che per antonomasia è più forte dell’uomo in tutto, è molto debole e fragile a livello di cuore e di testa nei confronti soprattutto di chi ama. Una donna è pronta a rinunciare a tutto per amore, ma non deve essere così.

Ma cosa dà lo studio ad una donna?
Tanto, la ricchezza della mente, della conoscenza, l’autonomia economica che ti consente di essere libera dal controllo maschile. Nonostante io abbia un figlio maschio, sono molto severa con lui perché voglio che si impegni nello studio, ma se fossa stata femmina mi sarei comportata con maggiore severità, perché una donna deve tutelarsi fin dalla sua nascita, deve saper affrontare gli impegni familiari, ma deve essere in grado di fare tutto ciò di cui ha bisogno.

Spesso però oggi, le donne sono molto aggressive e determinate nei confronti degli uomini…
Le donne, fino all’età di 16, 18 anni, pensano di avere il mondo in mano, vedono il loro corpo crescere e sanno di esercitare un grosso potere di attrazione nei confronti degli uomini e si sentono più forti. Col passare del tempo gli uomini scoprono la loro forza e determinazione, diventano sempre meno “dipendenti” dal femminile che li circonda e cambiano nei loro confronti. Alla donna, a questo punto, non resta che la necessità di rivendicare attenzioni, ruoli e diritti.

Eusapia Tarricone



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