Quote Rosa - Carmen Maffeo, impegno e dedizione in difesa dei più deboli

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Prosegue il viaggio di Quote Rosa nell’universo femminile sannita che, di volta in volta, sa mostrare aspetti sempre nuovi e fondamentali del percorso umano. In questo caso l’impegno non è solo professionale, artistico o imprenditoriale, ma è soprattutto sensibilità che agisce, determinazione ed attenzione ai risvolti meno vistosi, ma non meno importanti, della convivenza civile.
Aiutare gli altri vuol dire conoscerne i bisogni e fare fronte alle esigenze concrete della vita, ma vuol dire anche difenderne le ragioni e rivendicarne i diritti, in un mondo ormai troppo piccolo in cui non è più consentito a nessuno ignorare le ragioni dell’altro, “dimenticare” i limiti della propria libertà a danno degli altri, credere che i problemi siano solo altrui e che la loro risoluzione sia un affare che non ci appartiene.
In questo universo di diritti dimenticati e di lotte per la loro riaffermazione si muove Carmen Maffeo, Dirigente provinciale dell’UNICEF Italia dal 1994.

Chi è Carmen Maffeo?
E’ una signora di 64 anni che, dopo aver terminato la sua carriera di docente di Materie Letterarie, è diventata volontaria UNICEF operativa dal 1984.
La scelta del volontariato è stata la cosa più importante della mia vita. Da donna, inoltre, ho portato, in ogni ambito nel quale ho operato, lo spirito del volontariato, uno spirito che io credo sia fondamentale nella vita delle persone.

Perché proprio l’UNICEF?
Tutto è cominciato quando uno dei miei Dirigenti scolastici mi ha mandato ad un convegno UNICEF per capire di che si trattasse o comunque quale fosse la proposta educativa dell’organizzazione alle scuole. Sono tornata a riferire, ma con la consapevolezza dell’importanza della cosa e con un impegno personale assunto con il presidente e fondatore del comitato provinciale di Benevento, Angelo Riviezzo, ex Provveditore. Ho iniziato catturata dalla finalità dell’organizzazione e cioè l’attenzione ai bambini lontani; man mano mi sono poi appassionata. Avevo già seguito, precedentemente, corsi di approfondimento sull’Africa che già mi avevano messo in contatto con questi mondi lontani, studiando tutti i processi della decolonizzazione.

L’UNICEF è nata nel Dicembre del 1946 per tutelare i bambini vittime della seconda guerra mondiale, ma oggi che significato ha e quali sono le sue funzioni?
L’UNICEF ha oggi sicuramente una funzione ed obiettivi diversi, trasformandosi in rapporto ai tempi ma anche su diverso mandato dell’ONU. La grande trasformazione si è avuta nel 1989 quando la Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia è stata approvata e ratificata dall’assemblea generale dell’ONU ed è entrata nell’ordinamento giuridico italiano nel’91 con la legge 176. Non più solo assistenza dei bambini traumatizzati dagli eventi della seconda guerra mondiale, anche in Italia, ma promozione dei diritti di ogni essere umano nel mondo e nello spazio temporale da zero a 18 anni.

Quali sono i canali di intervento attraverso cui opera l’UNICEF?
L’organizzazione promuove i diritti dell’infanzia e, nell’ambito della Convenzione ONU, interviene nei paesi cosiddetti ricchi, con la pressione politica, con l’autorità del suo ruolo sui governi, affinché la qualità della vita, soprattutto dei bambini, sia la migliore possibile. Nei paesi in via di sviluppo ha due ambiti: quello prettamente assistenziale, soprattutto a fronte di emergenze, oggi sempre più frequenti e violente, e quello che la vede accanto ai governi ed alle ONG nelle attività operative. Lo scopo però non è quello di assistere, ma di portare ad evoluzione, facendo pressioni sui governi. Un esempio tipico di intervento è la richiesta di aprire scuole per le bambine.

L’UNICEF è mai stata condizionata da scelte politiche nazionali che volessero segnare la strada del suo intervento? Ci riferiamo ad esempio alla mancanza totale di intervento in Siria...
L'UNICEF non ha il pass per tutti i paesi, manca infatti per la Siria. Là dove possiamo operare ci viene assegnato, di volta in volta, sempre dall’Assemblea Generale dell’ONU. Ad esempio, in occasione dello tsunami ci ha dato la possibilità di intervenire in una determinata zona tra quelle interessate dal cataclisma, non certo in tutte; l’UNICEF non si muove autonomamente, è un’agenzia ONU e pertanto il suo mandato ed il suo operato dipendono dall’Assemblea Generale dell’ONU. I governi possono influenzare poco l’organizzazione e dunque l’ONU che però ha i suoi limiti.

Quali i finanziamenti?
I finanziamenti sono solo volontari, dei governi come dei privati; l’ONU non finanzia l’UNICEF, nonostante il credito internazionale di cui gode. Ovviamente ciò diventa molto limitante, contrariamente a quanto accade ad altre agenzie.

Chi sono i maggiori donatari di risorse?
Sono privati, gente semplice, umile, a volte anche con problemi di natura economica che sanno mostrare però una generosità di sostanza. Abbiamo infatti finanziatori costanti. Sul conto corrente della sezione di Benevento trovo puntualmente contributi che provengono anche da semplici pensionati. In occasione dello tsunami abbiamo dovuto dire basta ai contributi, piccoli e grandi, che giungevano a noi anche da persone non ricche ed a volte anche a reddito molto modesto. Abbiamo poi i grandi donatari come alcune aziende.

La Dichiarazione Internazionale sui Diritti è sufficiente per salvaguardare bambini e donne?
La Dichiarazione è di altissimo valore etico ma non vincolante. Essa precede di trenta anni la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia che è invece una legge sovranazionale. L’Italia l’ha recepita con la legge 176 del ’91. Tutti paesi del mondo hanno ratificato questa Convenzione tranne la Somalia e gli Stati Uniti.

Parliamo delle donne e del loro ruolo nell’UNICEF?
Il logo dell’UNICEF è una donna con un bambino. L’agenzia che rappresento segue la donna da quando è bambina a quando è madre. Per molte donne, in alcune parti del mondo, essere nate è già una grande vittoria. C’è una discriminazione prenatale e per questo l’UNICEF ha chiesto che fosse abolita l’amniocentesi che, pur essendo un importante strumento diagnostico, in zone di grande incremento demografico diventa strumento di discriminazione. Mancano all’appello, in quelle zone, 1.200.000 esseri umani di genere femminile. Alcune vengono eliminate dopo la loro nascita nelle maniere più varie e terribili.

Ritiene che nel nostro "civile” occidente le discriminazioni siano scomparse?
No, l’evoluzione civile è sbandierata, ma non c’è, anche nel nostro ambiente. Sono subdole le limitazioni ai diritti della donna, non sono spesso clamorose, ma esistono. La conquista del lavoro fuori casa, nella nostra società, non agevola la donna. Molto spesso infatti, per bisogni familiari, la donna è costretta a rinunciare al lavoro per badare alla famiglia. L’UNICEF ha sottoscritto la Convenzione contro ogni forma di discriminazione nei confronti dei diritti della donna: la maternità non è una malattia e va tutelata. Inoltre ci sono episodi di violenza, anche familiare, che non vengono considerati gravi. Ma si tratta sempre di violenza, psicologica e fisica, nei confronti delle donne. Infine c’è la violenza più odiosa di tutte: quella sulle bambine, con la pedofilia, la prostituzione o la pornografia. In molte parti del mondo occidentale la cosa è assai più diffusa di quanto si possa credere.

Ma le donne vittime di violenza o del non riconoscimento dei propri diritti, perché, secondo lei, non si ribellano?
Ci sono donne, ed io conosco professioniste, che tacciono. Quando una donna tace lo fa spesso per scelta culturale, sbagliata, ma legittima. Magari si preoccupa dei figli, dell’ambiente in cui vive, della sua immagine. Ma se una donna tace davanti ad una violenza subita da un figlio o altro componente della famiglia, allora credo che quella non sia una donna degna di rispetto. Così diventa complice.

L’ultima finanziaria del governo Monti ha introdotto il criterio dell’allungamento degli anni di lavoro necessari per la pensione delle donne. Cosa ne pensa?
Non si tiene conto dello sfruttamento delle donne, in modo intensivo, in ogni ambito. Il “doppio lavoro” delle donne, in casa e fuori casa, è considerato un punto di partenza, una cosa normale, come la condizione della maternità, sempre penalizzante per la donna.

Questo nella nostra realtà, ma nelle zone sottosviluppate?
In quelle terre la donna non esiste proprio: è convinta di dover subire qualunque cosa. L’infibulazione è una pratica consolidata in tutta la fascia mediterranea dell’Africa.

In che modo interviene l’UNICEF in queste realtà?
Interviene cercando di sostituire queste pratiche con altre non cruente. E’ comunque difficile perché in queste zone comandano le nonne paterne per le quali, per tradizione e cultura, l’infibulazione è necessaria altrimenti la fanciulla non viene preservata per il futuro sposo. Secondo alcune culture la bambina non infibulata non si sposa né può essere venduta. Questa tradizione non è figlia di un tabù religioso, ma culturale e, pur essendo vietata dalla legge in questi stati, è comunque praticata. Molte di queste comunità, quando vengono in Italia, per sentirsi più vicini al loro paese, continuano, anche da noi, ad esercitare tali pratiche.

C’è differenza, secondo lei, fra la sensibilità femminile e quella maschile?
L’istinto c’è in ambedue, ma lo studio delle figure professionali delegate alle problematiche dell’emergenza umanitaria, trovano nella sensibilità femminile terreno fertile. La donna manifesta risorse di sensibilità che l’uomo ancora non ha deciso di valorizzare. Basti pensare alle vicende di Sarajevo che hanno visto donne veder morire i propri figli fra le braccia e sono poi state costrette ad essere ‘inseminate’ dai vincitori e, nonostante ciò, hanno tenuto i figli nati dal nemico. Sono state quelle donne che, nonostante tutto, non hanno negato la vita e questa è una cosa che solo una donna può fare, un uomo non l’avrebbe fatto.

Fra le priorità dell’UNICEF c’è il tema dell’istruzione delle bambine...
L’istruzione è lo strumento indispensabile per la piena liberazione della donna. C’è grande differenza fra donna istruita e non. Il problema dell’incremento demografico è risolvibile solo attraverso la piena consapevolezza della donna. I figli già nati devono essere curati e dunque è necessario valutare l’eventualità di nuove gravidanze. In moltissime parti del mondo la donna non gestisce affatto la propria vita riproduttiva. In molti paesi donne che sanno di avere contratto l’AIDS, continuano a mettere al mondo figli perché in quelle comunità la donna vale solo se procrea.

L’accesso allo studio, dunque, è già una vittoria...
In molti casi la donna è discriminata anche per il cibo che viene dato prima al figlio maschio, poi alla femmina.Ffiguriamoci conquistare il diritto alla scuola. Ci sono cose per le quali non esiste il principio del diritto, solo quello della discriminazione che viene spesso anche accettata.

Tornando alla sua scelta del volontariato, che peso ha avuto il suo ruolo di docente a stretto contatto con i ragazzi?
Un peso enorme. Il segreto di una vita si può leggere da come si trascorre l’infanzia e la mia è stata straordinariamente bella. Ero una bambina amata, insieme alle mie sorelle, cugini, ecc. Gli adulti con me ragionavano, parlavano alla pari e venivo coinvolta anche nelle decisioni; ovviamente c’erano delle regole da seguire, come quella che il tuo spazio finisce dove arrivano le tue braccia aperte, perché anche l’altro deve poter fare la stessa cosa. Questo modello di vita si è rafforzato nel mio rapporto con i ragazzi, soprattutto con quelli più piccoli della scuola media con i quali, per mia scelta, ho costruito relazioni miranti alla formazione della personalità. Ho scoperto, durante questa esperienza che ci sono bambini che non hanno un’infanzia serena da cui attingere modelli di riferimento adulto. Anche in famiglia ho cercato di seguire gli stessi modelli relazionali.

L’essere donna l’ha dunque aiutata in questa sua attività nell’UNICEF?
Assolutamente sì .

Come è riuscita e riesce a coniugare il suo impegno con quello della famiglia?
E’ difficile, ma possibile. Problemi e soluzioni vengono discussi insieme. I miei figli sono cresciuti nell’UNICEF, anche mio marito è un volontario dell’associazione. la sua collaborazione è spesso stata utile per trascorre giornate insieme.

In che modo l’amministrazione comunale appoggia la sua attività?
Siamo ospiti del Comune, i locali in cui ci troviamo appartengono all’amministrazione comunale e non è sempre così in altre città in cui è presente l’UNICEF. Ciò consente un risparmio economico che viene dirottato verso altre iniziative umanitarie. Tutte le amministrazioni che si sono succedute su questo territorio dal ’90 in poi hanno sostenuto il nostro comitato. D’altronde abbiamo un sindaco difensore dell’infanzia.

Le quote rosa: che significato hanno oggi?
In un mondo in cui le donne “devono avere diritti riconosciuti”, credo non abbiano valore.

Cosa si sentirebbe di raccomandare alle giovani donne di oggi ed a quelle del nostro territorio?
Il mio contatto con i ragazzi mi fa rendere conto che è passata una generazione e forse più di una, da quella a cui mi sono dedicata agli inizi della mia attività e ciò è sbalorditivo. Io credo che in questi mutamenti è la ragazza quella che sta perdendo piede, anche se sembra più libera, padrona di sé e disinibita, perché sta perdendo dignità. Questo è per me il peggiore danno da fare a se stessi. Dico perciò alle ragazze di capire cosa sia la propria dignità di donna che esula, quasi sempre, i canoni particolari che passano attraverso i media. La realtà è un’altra cosa, è il rispetto di se stessi in ogni circostanza della vita.

Spesso però, dietro i comportamenti e le scelte delle ragazze “da copertina”, vi sono genitori compiacenti. Come legge questo fenomeno?
E’ una cosa terribile. Quando parlo di donne che stanno perdendo terreno, parlo anche di mamme giovani. Raccomando dignità sopra ogni cosa, l’affermazione di sé attraverso l’esternazione delle competenze, delle risorse, della sensibilità, del rispetto. Ovviamente parlo anche della mia realtà cittadina che troppo spesso mostra superficialità, interessata solo all’apparire, senza dimenticare ovviamente quella fetta di giovani capaci di altruismo, generosità e dignità. I giovani impegnati nella costruzione di un futuro solido e solidale sono spesso meno in evidenza di altri.
Eusapia Tarricone



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